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Discussione: I principi dell'allenamento sportivo nella "Teoria" di Harre.

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  1. #1
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    Predefinito I principi dell'allenamento sportivo nella "Teoria" di Harre.

    Molti anni fa - diciamo nella prima metà degli anni ’80 - durante il periodo universitario, mi trastullavo tra le librerie nella ricerca dei testi più rinomati che trattassero la scienza dell’allenamento, al fine di un arricchimento personale e per l’accrescimento di tutti quei mezzi d’informazione utili al mio hobby di atleta agonista, senza peraltro ancora immaginare un loro lontano riutilizzo per una futura attività di tecnico.
    Mi imbattei, tra i tanti, nella “Teoria dell’allenamento” (fortunata traduzione ad opera della Società Stampa Sportiva dell’originale tedesco “Trainingslehre”), caposaldo della letteratura scientifica e filosofica del settore realizzata da un equipe di coaches della ex Germania Est, coordinati e diretti da uno dei massimi santoni dell’epoca, il Dr. Hans Dietrich Harre.


    Harre è stato uno dei grandi tecnici della scuola sportiva dell’Europa orientale all’epoca dell’URSS e della proverbiale cortina di ferro. Professore e Ricercatore presso l’Università Tedesca di Cultura Fisica (DHfK) a Leipzig (Lipsia), Capo della Commissione Statale per la “Teoria Generale e Metodologia degli Sport di competizione” e dell’Istituto di Teoria dell’Allenamento e Kinesiologia”, ha allenato generazioni di atleti e campioni e formato decine di coaches.
    In quel sistema organizzato infatti si era soliti lavorare in gruppo, sia sul piano della ricerca teorica che nelle esperienze sul campo, all'interno del quale ogni tecnico svolgeva un compito precipuo e si occupava di alcuni atleti a lui affidati o di un argomento da svolgere qualora trattavasi di studio, sotto le direttive e la supervisione di un PHD - ossia un Maestro dello Sport - cui competeva l’elaborazione finale o la stesura definitiva di un testo ed in pratica, quindi, la responsabilità generale del progetto.
    Seguendo appunto tale prassi, nel 1969, uscì la “Teoria dell’Allenamento – indicazione di una metodica generale di allenamento”, da noi giunto diversi anni dopo con l’autorizzazione dello Sportverlag di Berlino, elaborato da un collettivo di autori (come si definivano) quindi raccolto, controllato, approvato e redatto dal prof. Harre.


    Il testo rappresenta una vera e propria summa delle conoscenze scientifiche del tempo sull’allenamento sportivo ed è permeato a livello sociologico ed intriso sul piano ideologico di una mentalità riferita alla realtà storica e politica della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, allora fulcro e paese satellite principale del sistema del socialismo sovietico.
    In tutte le nazioni d’oltre cortina ma in particolare proprio nella DDR lo sport era considerato attività di base e prioritaria per la crescita della persona e nella formazione dell’individuo.
    La formazione del sistema socialmente sviluppato esigeva la tendenza al perfezionamento fisico di tutti i cittadini, specialmente dei più giovani: delle prestazioni sportive di rilievo, un’efficienza fisica generale di notevole livello, uno stato di salute in tutta evidenza sano nella popolazione adulta e atleticamente esuberante nella gioventù erano tra gli obiettivi primari della cultura fisica dello Stato.
    L’allenamento sportivo agonistico, poi specialistico e le competizioni, quale punto d’arrivo periodico, contribuivano a realizzare tali obiettivi nel modo più consono e concreto.
    Non c’è dunque da stupirsi dei risultati stratosferici che furono colà ottenuti nei decenni ’70 ed ’80, figli senz’altro di esasperazioni, obblighi ed aiuti chimici di Stato ma pure di una mentalità, di studi, ricerche e principi di vita sportiva difficilmente trasferibili altrove.


    Scopo del testo di Harre era quello di esporre e diffondere i fondamenti di teoria e metodologia dell’allenamento sportivo frutto di tutte le conoscenze apprese in quegli anni e determinanti per un approccio qualitativamente elevato, sia sul piano della giusta mentalità di partenza sia per quanto riguarda la programmazione di un’intera carriera atletica.
    Il libro non era, come spesso accade oggi, un mero elenco di esercitazioni o sistemi d’allenamento, di tecniche esecutive o di percentuali di carico; né avrebbe potuto esserlo, dal momento che gli autori non si rivolgevano a praticanti di una singola disciplina ma a tutti gli insegnanti di educazione fisica, agli allenatori, ai cultori della scienza sportiva per sensibilizzarli ad aprirsi ad una mentalità atletica rivolta all’agonismo come pratica diffusa, fondando il loro lavoro sulle conoscenze finora appurate e sulle esperienze certe acquisite sul campo.
    Può essere considerato un autentico testo di filosofia e sociologia sportiva ai massimi livelli, dove ovviamente non mancano le cognizioni base per la stesura delle pianificazioni e la scelta dei mezzi allenanti ma in cui la portata innovativa era data dal focalizzare i principi fondanti dello sport e della metodologia dell’allenamento - partendo persino dal significato etimologico e fisiologico del termine - per costruire su di essi uno stile di vita sportiva, porsi obiettivi e concentrarvisi come tappe di crescita individuale e collettiva; dare inoltre risalto a tutte le componenti della vita di una persona per l’ottimizzazione della preparazione atletica, ivi compresi la collocazione nella società ed il rapporto atleta-tecnico, non soltanto nei risvolti specifici della disciplina atletica ma sul piano umano.


    Personalmente posso dire di aver appreso tantissimo da quella lettura e di aver condiviso molti concetti che mi hanno indubbiamente influenzato nel costruire il mio prosieguo di atleta e di coach, pur con tutti gli ovvi distinguo su di una realtà sociale e politica da cui ero estraneo e che non mi apparteneva come storia anagrafica, per cultura e per ideali personali.
    Leggere quel libro ora, nella sua edizione originaria come allora tradotta, significa affrontare un linguaggio parzialmente superato e ridondante e per certi versi farraginoso; allo stesso modo il progredire della ricerca e delle scoperte scientifiche consente adesso di andare molto oltre rispetto a certi postulati del tempo.
    Tuttavia alcune proposizioni e taluni brani chiave restano a mio avviso portanti di una lineare ed attuale capacità di didattica organizzativa e racchiudono persino una sorprendente freschezza di analisi introspettiva.
    Glisserò chiaramente in questo riassunto critico su tutto ciò che concerne l’enfasi ormai datata sulla politica sportiva del paese nonché su molta parte dei capitoli tecnici che trattano argomenti ampiamente discussi in opere successive con miglior cognizione e conoscenza di dati a supporto.
    Mi concentrerò invece, sperando di non tediarvi, su concetti basilari ma spesso considerati scontati dalla letteratura sportiva di livello e che invece, sempre a mio modesto parere, sono ineludibili se si tiene a mente che il processo di allenamento è la storia di un’azione umana e di collaborazione tra uomini; dunque non esclusivamente tecnica ma che deve piuttosto basarsi su principi teorici, sia pur non generici ma specifici dello sport e disciplina prescelti, senza i quali non sarebbe possibile costruire alcun solido e duraturo progetto di pianificazione sportiva e pertanto neppure avviare un processo di allenamento nel suo insieme.
    Sono i famosi Principi fondamentali dell’allenamento sportivo così come individuati e descritti nella Teoria di Harre.
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  2. #2
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    TEORIA dell' ALLENAMENTO

    - Spunti di riflessione tratti dalla sintesi rivisitata dell'opera "Trainingslehre" redatta da D.Harre





    Funzione sociale dello sport di prestazione


    La tendenza verso i maggiori risultati in una disciplina sportiva, l’anelito al record, il confronto tra le prestazioni degli atleti, la competizione svolta secondo regole unitarie unitamente ai principi dell’allenamento, al tenore di vita condotto in maniera adeguata rappresentano il fulcro ed i punti più salienti ed evidenti dello sport agonistico.
    Il moderno sport agonistico si concretizza nelle discipline sportive che, storicamente, comprendono quei gruppi di esercitazioni fisiche manifestatesi nel tempo come particolarmente adatte ad un confronto in termini di prestazione e di gara.
    L’evoluzione dinamica dello sport ha peraltro prodotto e tuttora produce la nascita di nuove discipline sportive organizzate.
    La messa in opera dello sport secondo la distribuzione in discipline sportive e, al loro interno, in specialità è infatti il fondamento portante per la creazione di strutture stabili quali i comitati sportivi nazionali e di forme organizzative unitarie e federate (federazioni), che sostengono e promuovono lo sport sotto forma di associazionismo.


    Le caratteristiche essenziali tipiche dell’atleta agonista di non essere contento della mediocrità, di aspirare alle migliori prestazioni nonché verso più elevate forme di affermazione personale e sociale corrispondono pienamente al principio ” ognuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue prestazioni ”.
    Lo sport di competizione contrassegna anche la strada per l’educazione ad una elevata capacità di prestazione da parte del comune lavoratore.
    L’atleta non deve impegnare soltanto tutte le sue capacità fisiche, le abilità e capacità intellettuali ma anche tutte le proprietà volitive e caratteriali, le convinzioni morali e le abitudini. La lotta per le più elevate prestazioni sportive, per le vittorie ed i record impegna e forgia tutta la personalità dell’atleta.
    Lo sport di competizione, se non inquinato dalle degenerazioni purtroppo ben note sia interne che esterne ad esso, dovrebbe inoltre spronare le giovani generazioni a effettuare attività sportiva con costanza e metodicità. L’effetto che esso emana sulle masse può produrre come conseguenza che un nutrito numero di cittadini sia attirato verso la cultura dello sport e del fisico e venga stimolato verso un autentico comportamento sportivo.
    Non a caso, nei suoi “Ricordi olimpici”, De Coubertin sosteneva: “ affinché cento individui formino il loro corpo è necessario che cinquanta pratichino lo sport ed affinché cinquanta pratichino lo sport è necessario che venti si specializzino; affinché venti si specializzino è necessario che cinque siano capaci di eccezionali primati”.


    Lo sport di competizione è anche un importante fattore nell’organizzazione del tempo libero e dell’attività di tale tempo libero.
    Esso, da un lato, offre a molti giovani la possibilità di perfezionarsi attivamente ed autonomamente e inoltre di confrontarsi pubblicamente mediante allenamenti e gare. D’altro canto, lo sport di prestazione e particolarmente la gara sono manifestazioni che attirano in modo intenso la popolazione interessata allo sport e perciò seguite e valutate con attenzione.
    Le competizioni provocano negli spettatori delle reazioni sia istintive che razionali che li conducono ad una partecipazione consapevole a queste forme di trattenimento. Rafforzano il senso di consanguineità, la gioia per il successo di altri componenti della comunità e promuovono la disposizione ottimistica verso lo sviluppo sociale.


    Record e performance richiedono un’elevata capacità di prestazione e nel contempo una completa disponibilità alla prestazione stessa. Per mezzo dell’allenamento e delle gare vengono ulteriormente allontanati i confini già stabiliti e acclarati della prestazione fisica e psichica.
    Come avvenuto in passato per gli astronauti, l’atleta di prestazione agisce sui limiti noti di ciò che è oggi possibile all’individuo e questo permette alla scienza di svelare le leggi della elevazione della prestazione fisica.
    Le esperienze acquisite in campo sperimentale sul moderno allenamento sportivo arricchiscono in tal modo la conoscenza e la consapevolezza dell’individuo e indicano quale possa essere la strada più accessibile per il suo perfezionamento fisico.




    Definizione del concetto di allenamento


    La parola allenamento, nell’uso comune, viene usata con differenti significati.
    I fisiologi del lavoro intendono per allenamento tutti quei carichi che provocano un adattamento nell’organismo e quindi un’elevazione della prestazione. In questo senso, per esempio, pure il lavoro fisico può assumere carattere di allenamento e provocare i relativi adattamenti.
    Il miglioramento della coordinazione neuro muscolare, cioè l’apprendimento o il perfezionamento di determinati movimenti, viene contrassegnato dai fisiologi del lavoro come esercizio e l’effetto che provoca l’elevazione della prestazione come il “profitto di esecuzione”.
    In un senso più vasto il termine di allenamento viene oggi inteso per ogni forma di istruzione organizzata ed orientata di proposito sulla rapida elevazione della capacità di prestazione fisica, psichica, morale e tecnico motoria dell’individuo.


    Nell’ambito dello sport definiamo, in generale, con i termini allenamento sportivo o allenamento atletico la preparazione degli atleti per il raggiungimento delle massime prestazioni sportive.
    Attualmente questo concetto viene usato sia in senso ristretto che vasto: Matwejev per allenamento sportivo intende - appunto in senso ristretto - la preparazione fisica, tecnico tattica, intellettuale, psichica e morale dell’atleta con l’ausilio di esercizi corporei, cioè mediante un carico fisico.
    Tale interpretazione trova il suo sedimento nei concetti di allenamento di resistenza, allenamento di forza, metodi di allenamento, allenamento intervallato, stato di allenamento, ecc.
    Harre invece definisce l’allenamento sportivo, in senso più lato, come il processo generale programmato della preparazione degli atleti ad elevate prestazioni, ovvero: L’allenamento sportivo è il processo del perfezionamento sportivo orientato verso principi scientifici e particolarmente pedagogici il quale, mediante influenza metodica e sistematica sulla possibilità e capacità di prestazione, tende a condurre l’atleta verso le più elevate prestazioni in una specialità o disciplina sportiva.

    Da qui discende che il perfezionamento dell’atleta nell’allenamento sportivo, considerato e modellato sotto l’aspetto dell’omogeneità tra formazione ed educazione, si compie con differenti mezzi e modalità.
    Il mezzo principale è il carico mediante esercitazioni corporee (l’allenamento in senso stretto e le competizioni); mentre forme e mezzi ulteriori, peraltro indispensabili in una completa formazione sportiva di effettivo valore, sono soprattutto le istruzioni teoriche per la trasmissione di nozioni tecnico sportive, tattiche, di metodica di allenamento nonché per lo sviluppo delle capacità intellettuali rivolte alla partecipazione ed osservazioni di gare e sessioni allenanti, discussioni e consulti utili soprattutto alla capacità di analisi del significato e degli obiettivi dell’allenamento stesso e delle strategie di gara.
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  3. #3
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    Caratteristiche fondamentali dell’allenamento sportivo



    La formazione fisica e caratteriale della persona e l'educazione dello stessa nella sua crescita come uomo e come atleta sono indissolubilmente congiunti nel processo di allenamento.
    Le correlazioni che esistono tra esse debbono essere razionalmente utilizzate.
    In modo particolare, si manifestano nel processo di allenamento i seguenti compiti fondamentali, da trattare e risolvere in forma complessa:

    - la preparazione fisica,
    - la preparazione tecnica e tattica,
    - la preparazione intellettuale,
    - l’attività educativa.



    Le caratteristiche essenziali dell’allenamento possono essere così sintetizzate:



    1) l’allenamento è sempre orientato verso il raggiungimento della più elevata prestazione individuale possibile in una data specialità o disciplina sportiva.
    Il livello internazionale di prestazione continuamente crescente non consente più, al giorno d’oggi, nemmeno ad un grande talento di prepararsi ad elevate prestazioni in svariate specialità. Ciò ovviamente non esclude che nel corpo dell’allenamento possano essere previste ed incluse anche esercitazioni di altre discipline svolte a fini ausiliari e complementari o di preparazione fisica generale.
    In tal senso, il concetto della multilateralità nell’ambito dell’educazione fisica, soprattutto giovanile, non viene negato ma contemplato in un ambito più ampio.



    2) L’allenamento è in elevata misura un processo individuale di formazione.
    Poiché la prestazione è la risultante di numerose componenti, che negli atleti singolarmente presi possono spiccare in misura differente, diviene determinante saper rilevare le qualità o le lacune di ciascuno per poter far risaltare le prime e colmare quanto possibile le seconde.
    Ne consegue che allenarsi in gruppi non si rivela solo più economico ma costituisce un’importante condizione per il confronto tra fisici e personalità diverse, che permette apprendimento cognitivo e visivo, stimola lo spirito di emulazione pur lasciando spazio alle individualità ed al loro inserimento nel lavoro di insieme.
    Tutto questo si traduce nella somministrazione soggettiva degli stimoli allenanti e nella scelta di partecipazione alle gare.



    3) La condotta generale di vita dell’atleta deve adattarsi alle esigenze dell’attività sportiva di prestazione, così da contribuire all’elevazione della prestazione stessa.
    L’allenamento dunque si inserisce ed entra in relazione con tutti i campi della vita quotidiana e in determinati periodi potrebbe rivelarsi determinante, sempre nel rispetto della storia individuale, della personalità e delle peculiarità temperamentali e morali di ogni atleta in quanto soggetto umano unico e irripetibile.



    4) L’allenamento sportivo è contraddistinto dalla programmazione e dalla sistematicità, per cui si differenza in maniera sostanziale da altri elementi che possono comunque, benché estemporanei e ludici, esercitare un’influenza sulle capacità complessive di prestazione fisica ed altrettanto dall’attività fisica motoria generale o da quella formativa preadolescenziale.
    La metodicità dell’allenamento trova la propria espressione nei programmi di allenamento i quali, costruiti sulla base di conoscenze scientifiche ed esperienze sul campo a seguito di pratiche efficaci, assicurano appunto la costruzione sistematica e continua della capacità di prestazione.



    5) Un contrassegno ormai imprescindibile è proprio la scientificità dell’allenamento sportivo.
    Mentre in passato con atleti di particolare genetica era ancora possibile raggiungere prestazioni di rilievo sulla base di esperienze pratiche di singoli allenatori, all’attualità per l’assimilazione teorica e la costruzione metodica rivestono un ruolo di fondamentale importanza la medicina sportiva, la psicologia, la biomeccanica, la biochimica ed altre scienze quali cibernetica, matematica, neurofisiologia, sociologia, scienza della conduzione.
    Alla scientificità dell’allenamento appartiene nondimeno il sapersi orientare, da parte del coach, sulla scorta dei risultati dei predecessori e di grandi atleti, generalizzando tali esperienze ed inserendole in modo creativo ed autonomo in relazione alle condizioni specifiche della disciplina con cui si ha a che fare e con il materiale umano a disposizione.



    6) Come in un qualunque processo pedagogico, l’allenamento sportivo è vincolato dalla menzionata unità dei concetti di formazione ed educazione.
    Da parte degli allenatori si tratta di notare e considerare le correlazioni esistenti tra capacità potenziali e disposizione individuale alla prestazione, utilizzando poi tale disamina ai fini dell’elevazione ottimale della prestazione stessa. L’azione di guida del tecnico, pure nel rispetto della sfera d’autonomia dell’atleta, deve essere intesa in forma globale ed estendersi con giusta misura dagli aspetti dell’allenamento a vari altri elementi della vita personale, relazionale e sociale dell’atleta, allo scopo di conoscerli, comprenderli e ricondurli in un’azione sinergica rivolta al raggiungimento della performance atletica.
    Il ruolo di guida tuttavia non deve trascendere in forme assillanti e neppure degenerare nella eccessiva tutela o nel “mammismo” sul giovane atleta. Elevate prestazioni sportive sono infatti inconcepibili, in particolare nelle discipline singole, senza il contributo creativo e il comportamento maturo ed autonomo dell’atleta protagonista; pertanto dette connotazioni costituiscono un presupposto inderogabile per un efficace risultato in gara e par la lunga durata di un proficuo rapporto tra allenatore atleta, nel quale ciascuno riversi la propria ricchezza umana.
    Il lavoro del coach deve essere infatti orientato ad una fattiva collaborazione maestro-allievo già a partire dall’allenamento adolescenziale, per poi trasformarsi e fondersi in una stretta amicizia allenatore-atleta nell’allenamento di alta prestazione.
    L’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di ottenere la piena consapevolezza da parte dell’atleta del lavoro svolto, in modo di consentirgli il perseguimento di un sufficiente grado di autonomia per poterlo poi proseguire autonomamente, trasmettendo a sua volta ad altri, in futuro, le conoscenze, le esperienze ed i valori assimilati.
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  4. #4
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    Lo stato di allenamento



    Sotto l’influenza dei carichi di allenamento e di gara, oltre che in virtù di vari accorgimenti orientati allo sviluppo della possibilità di prestazione e disponibilità alla stessa, viene elevata la capacità di prestazione dell’atleta: questo stato di più elevata capacità prestativa lo possiamo chiamare “stato di allenamento”.
    Lo stato di allenamento comprende differenti componenti. Si tratta di capacità fisiche ed intellettuali, di abilità tecnico-sportive, tattiche, di particolarità psichiche.
    Uno stato di allenamento ottimale, corrispondente al rispettivo stato di perfezionamento di ogni atleta, è caratterizzato dall’unità armonica delle anzidette componenti principali.
    Un ruolo determinante lo gioca inoltre la capacità dell’atleta di mobilizzare completamente le proprie riserve fisiche di prestazione mediante tensioni massimali nel corso della gara.
    Per programmare il processo di allenamento è importante che l’allenatore si procuri man mano delle informazioni sullo stato di allenamento, ricavabili in massima parte dalle gare e dalle prove di prestazione. Ulteriori informazioni sulle condizioni di sviluppo dei singoli fattori che determinano lo stato di allenamento si ottengono mediante test pedagogico sportivi, esercitazioni di controllo, esami funzionali di natura medica, test psicologici, ecc.
    Questi controlli dovrebbero essere effettuati periodicamente a brevi intervalli di tempo, possibilmente in forma comparata, poi valutati accuratamente e celermente, interpretati in collegamento con l’osservazione quotidiana o comunque regolare delle singole unità di allenamento, al fine di accertare i punti forti e le lacune dell’atleta, il suo stato generale del momento e prendere decisioni sul progredire del decorso di allenamento.
    Il confronto tra i risultati delle ricerche e le prestazioni di gara consente di formulare deduzioni quanto più possibili attendibili sul grado di collegamento tra le componenti fondamentali dell’allenamento in condizioni di competizione.
    Lo stato di allenamento si sviluppa in modo relativamente continuativo se nel processo non intervengono interruzioni, infortuni, imprevisti e se le richieste di risultato sono conformi alla capacità prestativa individuale.
    Lo sviluppo non sarà tuttavia sempre collegato ad un miglioramento ininterrotto dei risultati di gara, in quanto per la costruzione di un livello di prestazione altamente specializzato si renderà necessario orientare saltuariamente il processo di allenamento su singole componenti, al fine di migliorarle e rinunciare pertanto, in tali periodi, ai carichi specifici da competizione.
    Quanto affermato spiega perché in talune fasi - ad es. nei periodi preparatori - la prestazione subisca un leggero deterioramento. Solo successivamente dovrà essere approntata un’apposita fase di trasposizione (transfert) delle risultanze di tutte le componenti allo scopo di pervenire alla massima performance nel prestabilito periodo competitivo.
    Qualora ciò non si dovesse verificare, vorrebbe dire che sono stati commessi degli errori di metodica in una delle fasi del processo di allenamento, a partire dal periodo preparatorio sino a quello competitivo, che hanno inficiato il risultato finale.



    Per raggiungere elevate prestazioni sportive si usano più mezzi di allenamento e, tra essi, in prima linea vanno elencati gli esercizi fisici.
    Questi devono corrispondere agli obiettivi ed ai compiti del processo di allenamento e non possono quindi essere scelti ed attuati in maniera casuale e indiscriminata.
    La razionalità di un esercizio nell’allenamento rivolto alla prestazione sportiva proviene esclusivamente dalla propria utilità in funzione dello sviluppo della stessa nella disciplina di gara prescelta.
    Si tratta quindi di mettere in opera quelle esercitazioni e somministrare quelle dosi di stimolo allenante che assicurino un ritmo elevato nel miglioramento della prestazione e contribuiscano a creare i presupposti per lo sviluppo continuo della prestazione medesima nel tempo.


    La classificazione degli esercizi nello sport di prestazione risulterà pertanto adeguata se effettuata in base alla loro forma e struttura in rapporto al gesto di gara. Per cui distinguiamo tra:

    - esercizio di gara, cioè il movimento completo eseguito secondo le autentiche situazioni richieste dalla competizione nella data disciplina, ancorché non allo stesso grado di intensità e qualità del risultato;

    - esercitazione specifica, cioè quella contenente elementi del movimento motorio, sia pure parziale o modificato, nella quale il coinvolgimento muscolare e tecnico sia simile ed orientato nei rapporti forza/spazio/tempo a quanto avviene nella competizione;

    - esercitazione di sviluppo e potenziamento generale, cioè tutte quelle perlopiù prelevate da altri sport e comunque generiche rispetto all’esercizio di gara e collegabili ad esso solo indirettamente o sul piano di una preparazione e condizionamento globali.
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  5. #5
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    Data l'età è un testo di riferimento ancora valido?
    We are blind to the world within us waiting to be born

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da weareblind Visualizza Messaggio
    Data l'età è un testo di riferimento ancora valido?

    Hai letto l'ultima parte del primo post del thread?
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  7. #7
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    Secondo me questo non è proprio uno stereotipo. Infatti io non divento grosso perché sono troppo intelligente [emoji14]
    Sal

    Onore al braccio che muove il telaio
    Onore alla forza che muove l'acciaio

  8. #8
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    Tornando sul tema del sovraffaticamento, per concludere l'argomento, copio ed inserisco (senza scannerizzarla) pure la tabella di Israel, con le misure terapeutiche suggerite allo scopo di superare proprio lo stato di superallenamento.




    Indicazioni per superare i processi di eccitazione



    Trattamento alimentare:

    - stimolare l'appetito e preferire sostanze basiche (latte, verdura, frutta),
    - ridurre il consumo di albumina,
    - niente sostanze eccitanti e voluttuarie (caffeina),
    - alcool solo eventuale e in misura realmente modica,
    - incremento vitaminico (soprattutto gruppo B,C e A) anche in forma di preparati integrativi sintetici.


    Terapia fisica:

    - nuoto in libertà,
    - bagni completi alla sera (15'/20' minimo a temperatura di 33°-37°),
    - è possibile utilizzare supplementi;
    - al mattino abluzioni e docce fredde con frizioni finali;
    - nel corso della giornata massaggi e ginnastica defatigante,
    - niente sauna.


    Terapia climatica:

    - soggiorno a fasi alternate in regione tranquilla di campagna boscosa o media montagna,
    - evitare intenso irraggiamento solare, possibile quello di lampada a quarzo.




    Indicazioni per superare i processi di inibizione:



    Trattamento alimentare:

    - preferire sostanze acide (carne, uova, dolci),
    - incremento vitaminico.


    Terapia fisica:

    - bagni e docce alternate,
    - sauna di medio grado di calore con docce fredde ripetute,
    - massaggi energici,
    - ginnastica intensiva con esercizi di forza veloce.


    Terapia climatica:

    - ricercare un clima solare, caloroso e coinvolgente;
    - particolarmente adatto il soggiorno presso una località di mare frequentata.
    Ultima modifica di Tonymusante; 16-12-2014 alle 10:44 AM
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  9. #9
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    I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ALLENAMENTO



    Nel processo di allenamento intervengono differenti leggi: biologiche e fisiologiche, biomeccaniche, pedagogiche, psichiche e logiche.
    Esse vanno tenute tutte in debito conto affinché possano esse adeguatamente sfruttate ed è quindi importante che il tecnico possieda un ottimo livello culturale e scientifico e sia supportato da una valida equipe di collaboratori.
    Nella scienza dell’allenamento la conoscenza e la raccolta di queste leggi ed i compiti di intervento per assolvere ad esse sono disciplinati dalla formulazione di altre leggi di natura generale che la scuola di Harre, di stampo socialista, definiva principi didattici.

    Tali principi, che costituiscono una selezione delle leggi basilari per l’intervento nel campo specifico dell’allenamento sportivo, dovrebbero esser noti a tutti gli educatori, gli insegnanti, i tecnici ed i preparatori atletici.
    Essi sono validi per qualsivoglia processo pedagogico organizzato e dunque pure per l’allenamento sportivo in cui sono stati trasferiti; di conseguenza, possono essere applicati agli obiettivi specifici dell’allenamento.

    Oltre a ciò, tuttavia, sempre seguendo le leggi che caratterizzano l’allenamento, il collettivo di Harre formula altri fondamentali principi, denominati precisamente principi del carico, che di proposito non sono inseriti tra i principi didattici teorici, in quanto esulano dalle leggi generali della natura del corpo umano come anche dai principi base della struttura dell’allenamento e dell’insegnamento sportivo ma vanno a costituire delle specificità nel processo di pianificazione di un programma d’allenamento, nella sua struttura in base alla disciplina praticata nonché della periodizzazione in fasi in ragione degli obiettivi prefissati e sul contenuto in termini di carico calcolato in relazione al livello dell’atleta.
    Questi principi sono appunto tutti inerenti al concetto del carico di allenamento (già trattato nei post precedenti, n.d.r.) e non possono essere presi in esame isolatamente, a causa dell’indissolubile collegamento che li unisce e per il quale sono riconducibili a sistema, ovvero ad un insieme logico e preordinato che obbliga ad assimilarli e studiarli nella loro globalità e nella conseguente relazionalità.

    I principi si riferiscono ad ogni aspetto e compito del processo di allenamento, ne determinano il contenuto, i mezzi o le esercitazioni impiegate, la metodologia scelta, l’organizzazione di tutte le fasi della preparazione: costituiscono una guida imprescindibile ed impegnativa per l’attività dell’allenatore, sia perché facenti riferimento all’applicazione complessa e consapevole delle leggi generali del processo unitario formativo – educativo, sia in quanto in essi si rispecchiano le esperienze generalizzate della pratica concreta.



    Harre ed i suoi collaboratori individuano 8 principi fondamentali del carico di allenamento e, precisamente:

    - principio della progressività del carico,
    - principio della continuità o del carico per l’intero anno,
    - principio della periodizzazione e costruzione ciclica del carico,
    - principio della consapevolezza,
    - principio della sistematica,
    - principio dell’evidenza,
    - principio della razionalità,
    - principio della stabilità.



    A mio avviso questa parte rappresenta la più interessante, compendiosa con riguardo all’argomento ed innovativa per la scienza sportiva del tempo di tutta la pur voluminosa trattazione della Teoria dell’allenamento di Harre, al punto che l’ho addirittura scelta per dare il titolo al presente thread (“I principi dell’allenamento nella Teoria di Harre”)
    .

    Proverò pertanto, a partire dalla prossima volta, ad illustrarvi detti principi portanti uno per uno, con le molteplici reciproche relazioni e connessioni intrecciate tra loro, dedicando un post per ogni principio formulato e sempre nel doveroso rispetto che merita la filosofia di concetto e di stesura originaria.
    ...i pesi pesano, non c'è niente che pesi quanto un peso...

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    1) Principio della progressività del carico.




    L’importanza di una somministrazione progressiva del carico di allenamento è un concetto remoto noto pure agli atleti dell’antichità, come dimostra la leggendaria storia del celebre Milone di Crotone, conosciuto per aver trasportato per anni sulle proprie spalle un vitellino, divenuto nel tempo un manzo adulto e pesante.
    Prescindendo dai racconti mitologici, l’importanza del concetto in questione ha indotto il collettivo di Harre a considerare e trattare la progressività come il primo dei principi del carico.


    Come già in precedenza ricordato, per carico nella scienza dell’allenamento non si intende esclusivamente quel “quantum”, espresso in cifre convenzionali, che l’atleta di una certa disciplina si trovi a dover affrontare nelle sessioni di allenamento (chilometri, chilogrammi, ripetizioni, serie, ecc.) ma tutto il complesso degli stimoli applicabili ad un’attività sportiva dosati in maniera da avere effetti allenanti e contribuire così allo sviluppo, consolidamento e mantenimento di uno stato di allenamento.

    Questi stimoli allenanti (stressor) somministrati dall’esterno (carico esterno) sono determinati e misurabili per entità ed intensità.
    Inoltre – e si evince da quanto già detto in precedenza sull’argomento – affinché il carico sia efficace deve trovarsi in una relazione precisa con la capacità individuale di prestazione tale da sortire gli effetti desiderati; per cui carichi standardizzati perdono gradualmente ma fatalmente la loro efficacia allenante dal momento che concorrono in maniera insufficiente al miglioramento della prestazione.
    Non deve pertanto essere accettato il concetto, invero piuttosto diffuso, che raggiunto un elevato livello prestativo il carico possa stagnare o persino ridursi: di regola, le prestazioni migliori ed i record sono stati ottenuti da atleti i quali - aldilà dello sviluppo tecnologico, delle migliorate condizioni di vita e dei passi avanti nelle scienze biologiche – avevano guarda caso incrementato il proprio carico di allenamento rispetto ai campioni e detentori del passato, allenandosi cioè con maggior intensità o quantità o frequenza.


    Esistono varie possibilità di incrementare gradualmente il carico.
    Nell’addestramento tecnico tattico il carico è aumentato mediante richieste più esigenti riguardo alla coordinazione del movimento (ritmi, partenze, apprendimenti e risposte motorie, combinazioni varie ecc.); invece, nello sviluppo delle qualità di forza, resistenza e velocità l’influenza sul carico è principalmente ascrivibile ai parametri di quantità ed intensità.
    Poiché è tuttavia controverso tra le varie scuole di pensiero e difforme tra le differenti discipline sportive stabilire con precisione in che misura sia opportuno agire sull’uno o sull’altro elemento, possiamo comunque stabilire con una certa dose di convinzione che:
    con l’aumentare della prestazione necessita che il carico divenga tanto più esteso quanto più intensivo.
    E’ importante che tale postulato, che implica il progredire dello stressor su entrambi i parametri, rispetti giocoforza i requisiti di gradualità e progressività, affinchè gli aumentati stimoli siano ben tollerati, metabolizzati e reindirizzati a finalità specifiche di progresso.


    Nell’allenamento riservato alle categorie giovanili è stato riscontrato come si pervenga ad un adattamento più stabile e ad un maggior effetto finale sulla prestazione se si assume un comportamento prudente nell’elevare l’intensità ed al contrario si privilegi:
    a - elevazione della frequenza (spingendosi addirittura a quella giornaliera per talune attività),
    b - elevazione della quantità del carico per seduta nel rispetto della densità (rapporto di tempo tra fasi di lavoro e di recupero),
    c - elevazione della densità.


    Ciononostante, le analisi dei risultati tecnici hanno consentito di rilevare che un’elevazione lineare e perfettamente progressiva (quale quella dell’esempio del vitello di Milone, di cui si è fatto cenno all’inizio) non sia così efficace per lo sviluppo dell’allenamento, fermo restando i progressi iniziali di neofiti e giovanissimi, quanto dimostra invece esserlo l’aumento a sbalzi in intervalli di tempo determinati.
    Infatti, il carico aggiunto deve riuscire a disturbare l’equilibrio psicofisico, paradossalmente opporsi momentaneamente alla capacità di prestazione ed obbligare altresì l’organismo ad un nuovo conseguente adattamento.
    Questo processo è favorito dall’ elevazione quantitativa a sbalzi che prevede appunto intervalli di tempo durante i quali si crea l’adattamento; l’intervallo di tempo degli “sbalzi di carico” sufficiente ad innalzare il carico stesso e necessario per l’adattamento relativo ad esso è stabilito a priori, in base alle esigenze individuali e di calendario agonistico.

    Ciononostante, come dimostrato da Hettinger, il processo di adattamento e quello successivo di consolidamento non sempre camminano in parallelo: qualora ad un rapido aumento di prestazione - che sia dunque testimonianza di un veloce adattamento - dovessero seguire instabilità di risultati, predisposizione agli infortuni ed altri indici sintomatici di sovraffaticamento, vorrebbe presumibilmente significare che il carico è stato elevato con eccessiva rapidità e dunque ad un pur discreto adattamento iniziale (forse dovuto alle caratteristiche dell’atleta ed al suo livello prestativo) non è comunque seguito un’altrettanto stabile ed imprescindibile fase di consolidamento.

    In ogni caso, è difficile produrre indicazioni esatte sulle quote e percentuali ottimali di elevazione del carico.
    Matvejew ad esempio ha accertato, peraltro in specialità parecchio differenti, un’elevazione della quantità di carico oscillante tra il 20% ed il 50% da un anno all’altro.
    I valori consuetudinari sono però condizionati più dalle situazioni e contingenze di allenamento nonché dal tempo a disposizione che non dall’effettiva capacità di sopportazione e sfruttamento di carico dell’atleta.
    Ne consegue che in coloro che sono in grado di allenarsi in condizioni favorevoli si registreranno verosimilmente livelli temporanei di carico annuale maggiori di quanto riportato nelle statistiche sui valori medi.
    D’altronde l’esperienza insegna che esiste una stretta correlazione fra il ritmo di elevazione della prestazione e l’aumento annuale del carico, per cui si rivela senza dubbio proficuo sfruttare in tal senso, ovvero con l’ottimizzazione dei carichi in ascesa, le riserve di tempo a disposizione di tecnico ed atleta.
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  11. #11
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    2) Principio della continuità o durata del carico per l’intero anno




    Il secondo fondamentale principio del carico preso in esame da Harre rivolge all’atleta la richiesta di allenarsi senza interruzione per tutta la durata della stagione agonistica e dell’anno solare, inserendo all’interno di quest’ultimo, quasi si trattasse di un micro ciclo di scarico, un breve periodo di transizione da un anno all’altro o da un macrociclo all’altro (qualora siano previsti due macrocicli all’interno dell’anno), senza che si verifichi alcuna netta frattura ma semmai in modo tale che lo stato di allenamento possa continuamente svilupparsi e tendere verso un carico complessivo più elevato.

    Alla base di detta esigenza vi sono i rapporti codificati fra il carico e l’adattamento ovvero il concetto di unitarietà tra l’organismo umano ed il mondo circostante, per cui dalla continuità di allenamento deriva un elevato carico generale e quindi un aumento della prestazione.
    Al contrario, eventuali interruzioni del processo di allenamento condurrebbero ad un’involuzione degli adattamenti ed ostacolerebbero lo sviluppo di prestazione; inoltre ripetute ed estemporanee interruzioni facilitano l’insorgere di disturbi nello stato di salute e maggiori difficoltà nella ripresa degli allenamenti.

    Quanto appena affermato spiega perché - a giudizio degli autori - non sia consigliabile l’abitudine spesso invalsa in molti sport, specialmente tra atleti non di elite, di effettuare lunghi periodi di vacanza o sosta totale nel tentativo di cercare un ristoro soddisfacente.
    In realtà il recupero passivo totale non dovrebbe superare la settimana, fatti ovviamente salvi i casi di infortuni, mentre i micro cicli o le fasi di transizione dovrebbero essere posti al termine di ogni macrociclo o anche al suo interno ma consistere in forme più blande o magari variate di allenamento, evitando un prolungato abbandono del gesto motorio principale o cadute verticali di carico.


    Il punto di partenza per la costruzione dell’allenamento secondo il principio di continuità sono le leggi di sviluppo dello stato di allenamento.
    A tal proposito giocano un ruolo di primo piano due fattori:

    a) I più elevati risultati sportivi nella disciplina di gara sono raggiungibili solo a patto di elevare il livello del complesso generale delle componenti determinanti lo stato di allenamento; ciò riguarda le qualità fisiche ed intellettuali, lo sviluppo di nuove capacità sportive tecnico tattiche e la loro assimilazione, l’acquisizione di determinazioni volitive e caratteriali.
    Si tratta di presupposti da creare e far crescere mediante esercitazioni specifiche e generali, per le quali necessita un considerevole periodo di tempo nel macrociclo e dunque continuità di preparazione.

    b) L’elevato livello delle singole componenti dello stato di allenamento è comunque sufficiente per condurre a notevoli risultati atleti giovani e principianti o intermedi; tuttavia, per ulteriori sviluppi, è necessario collegare tutte le componenti in modo complesso, prendendo in considerazione le esigenze di gara. A questo scopo ottemperano i carichi specifici, suscettibili però di provocare un logorio a lungo andare, tanto più rapido quanto maggiore è la densità delle gare e la parte dedicata ai carichi specifici nella preparazione.
    L’atleta può ovviare ad un inevitabile decremento riducendo temporaneamente la parte riservata ai carichi specifici ed elevandoli di nuovo, in assenza di gare, dopo un periodo di parziale recupero attivo.


    Entrambe le direttive sopra esplicate richiedono, pertanto, un periodo di allenamento prolungato e continuo, al cui interno poter inserire e svolgere tutte le esercitazioni reputate necessarie per le fasi di tempo previste nonché gli opportuni periodi transitori e di scarico atti a creare il fenomeno di compensazione per l’ottimale ed efficace distribuzione dei livelli prestativi nei momenti salienti della stagione e per tutto l’arco della stessa.

    L’organizzazione generale dell’annata di allenamento, che preveda tutte le componenti illustrate ricomprese nell’articolarsi delle relative fasi, in una successioni di periodi preparatori, specifici, competitivi e transitori rivolti al raggiungimento del massimo livello prestativo e coincidenti con le principali competizioni ed attraverso la continuità dello stato di allenamento, è contrassegnata dal termine di “periodizzazione” dell’allenamento.
    La costruzione dell’allenamento annuale in periodi tramite la ciclizzazione degli stessi, che prenderemo in esame nel punto seguente, si fonda appunto sul requisito essenziale della continuità di carico per l’intero anno.
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