Molti anni fa - diciamo nella prima metà degli anni ’80 - durante il periodo universitario, mi trastullavo tra le librerie nella ricerca dei testi più rinomati che trattassero la scienza dell’allenamento, al fine di un arricchimento personale e per l’accrescimento di tutti quei mezzi d’informazione utili al mio hobby di atleta agonista, senza peraltro ancora immaginare un loro lontano riutilizzo per una futura attività di tecnico.
Mi imbattei, tra i tanti, nella “Teoria dell’allenamento” (fortunata traduzione ad opera della Società Stampa Sportiva dell’originale tedesco “Trainingslehre”), caposaldo della letteratura scientifica e filosofica del settore realizzata da un equipe di coaches della ex Germania Est, coordinati e diretti da uno dei massimi santoni dell’epoca, il Dr. Hans Dietrich Harre.
Harre è stato uno dei grandi tecnici della scuola sportiva dell’Europa orientale all’epoca dell’URSS e della proverbiale cortina di ferro. Professore e Ricercatore presso l’Università Tedesca di Cultura Fisica (DHfK) a Leipzig (Lipsia), Capo della Commissione Statale per la “Teoria Generale e Metodologia degli Sport di competizione” e dell’Istituto di Teoria dell’Allenamento e Kinesiologia”, ha allenato generazioni di atleti e campioni e formato decine di coaches.
In quel sistema organizzato infatti si era soliti lavorare in gruppo, sia sul piano della ricerca teorica che nelle esperienze sul campo, all'interno del quale ogni tecnico svolgeva un compito precipuo e si occupava di alcuni atleti a lui affidati o di un argomento da svolgere qualora trattavasi di studio, sotto le direttive e la supervisione di un PHD - ossia un Maestro dello Sport - cui competeva l’elaborazione finale o la stesura definitiva di un testo ed in pratica, quindi, la responsabilità generale del progetto.
Seguendo appunto tale prassi, nel 1969, uscì la “Teoria dell’Allenamento – indicazione di una metodica generale di allenamento”, da noi giunto diversi anni dopo con l’autorizzazione dello Sportverlag di Berlino, elaborato da un collettivo di autori (come si definivano) quindi raccolto, controllato, approvato e redatto dal prof. Harre.
Il testo rappresenta una vera e propria summa delle conoscenze scientifiche del tempo sull’allenamento sportivo ed è permeato a livello sociologico ed intriso sul piano ideologico di una mentalità riferita alla realtà storica e politica della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, allora fulcro e paese satellite principale del sistema del socialismo sovietico.
In tutte le nazioni d’oltre cortina ma in particolare proprio nella DDR lo sport era considerato attività di base e prioritaria per la crescita della persona e nella formazione dell’individuo.
La formazione del sistema socialmente sviluppato esigeva la tendenza al perfezionamento fisico di tutti i cittadini, specialmente dei più giovani: delle prestazioni sportive di rilievo, un’efficienza fisica generale di notevole livello, uno stato di salute in tutta evidenza sano nella popolazione adulta e atleticamente esuberante nella gioventù erano tra gli obiettivi primari della cultura fisica dello Stato.
L’allenamento sportivo agonistico, poi specialistico e le competizioni, quale punto d’arrivo periodico, contribuivano a realizzare tali obiettivi nel modo più consono e concreto.
Non c’è dunque da stupirsi dei risultati stratosferici che furono colà ottenuti nei decenni ’70 ed ’80, figli senz’altro di esasperazioni, obblighi ed aiuti chimici di Stato ma pure di una mentalità, di studi, ricerche e principi di vita sportiva difficilmente trasferibili altrove.
Scopo del testo di Harre era quello di esporre e diffondere i fondamenti di teoria e metodologia dell’allenamento sportivo frutto di tutte le conoscenze apprese in quegli anni e determinanti per un approccio qualitativamente elevato, sia sul piano della giusta mentalità di partenza sia per quanto riguarda la programmazione di un’intera carriera atletica.
Il libro non era, come spesso accade oggi, un mero elenco di esercitazioni o sistemi d’allenamento, di tecniche esecutive o di percentuali di carico; né avrebbe potuto esserlo, dal momento che gli autori non si rivolgevano a praticanti di una singola disciplina ma a tutti gli insegnanti di educazione fisica, agli allenatori, ai cultori della scienza sportiva per sensibilizzarli ad aprirsi ad una mentalità atletica rivolta all’agonismo come pratica diffusa, fondando il loro lavoro sulle conoscenze finora appurate e sulle esperienze certe acquisite sul campo.
Può essere considerato un autentico testo di filosofia e sociologia sportiva ai massimi livelli, dove ovviamente non mancano le cognizioni base per la stesura delle pianificazioni e la scelta dei mezzi allenanti ma in cui la portata innovativa era data dal focalizzare i principi fondanti dello sport e della metodologia dell’allenamento - partendo persino dal significato etimologico e fisiologico del termine - per costruire su di essi uno stile di vita sportiva, porsi obiettivi e concentrarvisi come tappe di crescita individuale e collettiva; dare inoltre risalto a tutte le componenti della vita di una persona per l’ottimizzazione della preparazione atletica, ivi compresi la collocazione nella società ed il rapporto atleta-tecnico, non soltanto nei risvolti specifici della disciplina atletica ma sul piano umano.
Personalmente posso dire di aver appreso tantissimo da quella lettura e di aver condiviso molti concetti che mi hanno indubbiamente influenzato nel costruire il mio prosieguo di atleta e di coach, pur con tutti gli ovvi distinguo su di una realtà sociale e politica da cui ero estraneo e che non mi apparteneva come storia anagrafica, per cultura e per ideali personali.
Leggere quel libro ora, nella sua edizione originaria come allora tradotta, significa affrontare un linguaggio parzialmente superato e ridondante e per certi versi farraginoso; allo stesso modo il progredire della ricerca e delle scoperte scientifiche consente adesso di andare molto oltre rispetto a certi postulati del tempo.
Tuttavia alcune proposizioni e taluni brani chiave restano a mio avviso portanti di una lineare ed attuale capacità di didattica organizzativa e racchiudono persino una sorprendente freschezza di analisi introspettiva.
Glisserò chiaramente in questo riassunto critico su tutto ciò che concerne l’enfasi ormai datata sulla politica sportiva del paese nonché su molta parte dei capitoli tecnici che trattano argomenti ampiamente discussi in opere successive con miglior cognizione e conoscenza di dati a supporto.
Mi concentrerò invece, sperando di non tediarvi, su concetti basilari ma spesso considerati scontati dalla letteratura sportiva di livello e che invece, sempre a mio modesto parere, sono ineludibili se si tiene a mente che il processo di allenamento è la storia di un’azione umana e di collaborazione tra uomini; dunque non esclusivamente tecnica ma che deve piuttosto basarsi su principi teorici, sia pur non generici ma specifici dello sport e disciplina prescelti, senza i quali non sarebbe possibile costruire alcun solido e duraturo progetto di pianificazione sportiva e pertanto neppure avviare un processo di allenamento nel suo insieme.
Sono i famosi Principi fondamentali dell’allenamento sportivo così come individuati e descritti nella Teoria di Harre.
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