Mai come nel Bibbì c'è una attenzione spasmodica alle tipologie di fibre muscolari, a come allenarle, a come lisciarle e coccolarle. Il resto del mondo sportivo se ne sbatte assolutamente e prende la storiella delle fibre come ininfluente rispetto allo scopo primario: essere forti nello sport in questione, che poi questo accada grazie alle fibre bianche, rosse o a pallini viola è del tutto irrilevante.

Vabbè, dài... come direbbe Moretti, “continuiamo così e facciamoci del male”. Il problema è che poi alcune leggende metropolitane risultano del tutto fuorvianti quando ci si allena.

La prima, quella meno grave, è la classica credenza popolare che “4 ripetizioni allenano le fibre veloci, 8 ripetizioni le fibre lente”. In fondo, è innocua: inesatta, ma non del tutto errata. Basta aggiungere dietro la parola “ripetizioni” il resto che viene normalmente sottointeso, cioè “al massimo carico possibile”.

La seconda è invece gravissima: c'è chi pensa che le fibre veloci si attivino con le ultime ripetizioni di una serie, quelle tiratissime alla morte. E' gravissima perchè antifisiologica, o, più tecnicamente, una stronzata stellare.

Poi, a meno che non dobbiate dare un'esame all'università, se siete degli aficionados di queste leggende metropolitane non è che ci sia nulla di male: c'è chi ha dato fiotte di soldi a Wanna Marchi per togliere il Malocchio sciogliendo mezzo chilo di sale in mezzo litro d'acqua, almeno questa roba è gratis.

Cosa fa una fibra muscolare


Ma è lampante... si contrae! Abbiamo visto nel precedente articolo di questa emozionante serie come avvenga la contrazione muscolare, adesso aggiungiamo un elemento in più, lo “starter” che la mette in moto. A questo livello di trattazione non ci interessa sapere molto di questo starter”: immaginatelo come un accendigas piezoelettrico, uno di quei cosi che fanno la scintillina e permettono di accendere i fornelli.

Nel disegno qua sopra il rettangolo rosa rappresenta una fibra muscolare avvolta nella sua guaina detta sarcolemma. A contatto della fibra muscolare c'è una terminazione nervosa, una parte di un neurone, l'unità di base che compone il sistema nervoso.

Tutti noi sappiamo che i muscoli si muovono grazie a dei nervi che portano il segnale elettrico dal nostro cervello. Ci lanceremo in una descrizione del sistema nervoso in un prossimo articolo, a questo livello ci basta sapere che ogni fibra riceve una terminazione nervosa (detta assone) di un neurone.

Poiché questi neuroni servono per i movimenti, sono detti motoneuroni. Il punto di contatto del neurone con la fibra muscolare è un'area svasata e ingrossata rispetto al diametro dell'assone, ed è detta placca motrice. E' in questa zona che avvengono delle reazioni chimiche estremamente complesse che determinano la contrazione muscolare.

Ogni motoneurone può avere più terminazioni nervose che innervano più fibre muscolari. L'insieme di un motoneurone con le se fibre che innerva è detto unità motoria. Questo tipo di innervazione fornisce una grande adattabilità della struttura nervosa a situazioni estremamente differenti: un motoneurone di un muscolo oculare innerva circa 4 fibre muscolari, mentre quello di un quadricipite femorale innerva oltre 1000 fibre. Così facendo è possibile un controllo accurato della contrazione (perciò della forza) o la generazione di pura brutalità a seconda del contesto.

Possiamo vedere il neurone come un organo che fornisce una “scossetta elettrica” alle fibre e infatti parliamo di segnali o impulsi elettrici inviati dal sistema nervoso ai muscoli. Sarebbe più corretto parlare di correnti elettrochimiche, dato che le cariche elettriche sono dovute a ioni. Ma questi sono dettagli che per ora non ci interessano.


Il neurone dà la scossettina, le fibre muscolari si contraggono come nel disegno a sinistra nel grafico qua sopra. La contrazione segue la legge del tutto o niente: un impulso fa contrarre tutti i sarcomeri di tutte le miofibrille che compongono le fibre. Non è possibile una contrazione di parte di una fibra, perciò se un motoneurone innerva 100 fibre, queste si contrarranno all'unisono.

Le fibre si contraggono e si accorciano e uno strumento posto agli estremi può misurare la tensione (perciò la forza) prodotta da questo accorciamento. Ad un impulso elettrico segue un impulso di forza detto twitch, di durata molto più lunga rispetto all'impulso elettrico stesso.

Se facciamo seguire un secondo impulso elettrico sufficientemente ravvicinato al primo, le fibre muscolari si contrarranno nuovamente prima che si siano rilassate, e la seconda contrazione risulterà più forte della precedente. Se gli impulsi si susseguono le fibre si contrarranno in sequenza aumentando la forza che riescono a produrre in quanto la precedente contrazione non era ancora terminata. Il penultimo disegno a destra rappresenta un clono. Se gli impulsi sono molto ravvicinati le fibr non si decontraggono più e la forza generata risulta massima e costante: è la tetanizzazione completa.

La tetanizzazione permette la generazione di forza in maniera omogenea e continua, senza sbalzi ed è una condizione fisiologicamente normale all'interno di un muscolo. Non va confusa con la tetanizzazione di un intero muscolo, come in un crampo, o peggio, come nella malattia chiamata tetano che paralizza i muscoli respiratori.

Le tipologie di fibre muscolari


E' possibile catalogare le fibre muscolari sulla base del tipo di contrazione che possono generare. Prima di entrare nel dettaglio voglio sottolineare che classificare significa anche raggruppare o ridurre di numero: circoscrivere molti elementi in un insieme di caratteristiche omogenee per studiare l'insieme stesso e non i singoli elementi.

Una classificazione riduce la complessità, ma dobbiamo considerare che è una approssimazione della situazione vera: le fibre muscolari esibiscono tutta una serie di sfumature per cui in molti casi è una forzatura assegnarle ad un gruppo o ad un altro. Mi raccomando, non siate rigidi.

Non abbiamo affrontato il discorso del metabolismo energetico, per adesso basta sapere che le fibre hanno bisogno di carburante per mantenere nel tempo la contrazione. Il carburante è l'ATP, questa molecola che abbiamo avuto già modo di conoscere e che rappresenta un immagazzinatore di energia. Ci sono vari modi di fornire questo carburante, e questi modi sono i vari metabolismi energetici.

Importante, un motoneurone innerva tipi di fibre dello stesso tipo.

Fibre slow twitch

Le fibre slow twitch (ST )o di tipo uno (I) sono quelle che generano meno forza di tutte ma per un intervallo di tempo superiore alle altre tipologie. Sono dette anche rosse perchè sono molto capillarizzate e ricche di ossigeno, trasportato dal sangue.

Le fibre ST sono caratteristiche dei muscoli posturali o tonici, quelli che servono ad esempio a tenerci in piedi senza che noi generiamo movimenti.

La postura necessita di livelli di forza minimali ma continuativi nel tempo. Il carburante deve essere fornito con regolarità, per questo vengono usate reazioni chimiche di tipo aerobico (cioè “in presenza di ossigeno”), lente a mettersi in moto ma efficienti nella fornitura energetica. La capillarizzazione è necessaria appunto per il trasporto dell'ossigeno di cui queste fibre necessitano.

Le fibre ST sono piccole rispetto alle altre tipologie, con un potenziale di crescita inferiore. Ogni motoneurone innerva poche fibre, in modo da avere un controllo molto “fine” sulla forza totale generata che può variare con molta gradualità.

Fibre fast twitch

Le fibre fast twitch (FT) o di tipo due (II) sono l'esatto opposto: generano molta forza ma per un tempo limitato (far riferimento al disegno a destra nel grafico precedente). Sono dette anche bianche perchè non sono molto capillarizzate e perciò scarsamente ossigenate.

Le fibre FT sono proprie dei muscoli fasici, quelli che generano i movimenti corporei. Proprio per questo motivo è necessario che producano molta forza, velocemente. L'ATP viene fornito tramite reazioni chimiche di tipo anaerobico (cioè “in assenza di ossigeno”) ed è per questo che non necessitano di una elevata capillarizzazione. Le reazioni anaerobiche sono molto meno efficienti di quelle aerobiche in termini di fornitura di ATP nel tempo, ma sono molto veloci ad innescarsi, caratteristica determinante per fornire rapidamente energia in tempi brevi.

Le fibre FT sono grandi e con potenziale di crescita maggiore di tutte le altre. Ogni motoneurone innerva moltissime fibre ed è per anche per questo che un unico segnale elettrico riesce a produrre molta forza.
Le fibre FT si suddividono in due sottoclassi dette due A (IIa) e due B (IIb). Le IIb sono quelle prettamente anaerobiche, e seguono la descrizione precedente, le IIa sono anche chiamate intermedie dato che esibiscono anche caratteristiche proprie delle I e, in più, hanno un potenziale di conversione in entrambi i sensi: a seconda degli stimoli (nel nostro caso dell'allenamento) è possibile trasformarle in I o IIb.

Si ma... quante sono queste fibre?

Due numerelli
Poiché noi facciamo Bibbì e siamo maniacali nella ricerca della massa muscolare, ci concentreremo solo sulle fibre IIb, e vorremmo convertire tutte le IIa nelle più pregiate con la “b” finale. Le fibre di tipo I potrebbero anche andarsene affan(beep). Il problema è: ma quante sono queste fibre?


Ho lavorato un po' i dati che ho trovato su Internet (il sito di Stelvio Berardi), ed ecco la ripartizione delle tipologie muscolari per alcuni muscoli.

Precisazioni doverose: queste sono statistiche, medie. Come sono state tirate fuori? Io non lo so. Ma nemmeno voi. Chi era il campione di riferimento? I soliti sedentari al limite della putrefazione, degli atleti intermedi, o voi stessi che in un lampo di masochismo vi siete fatti crivellare con le sonde per la biopsia? Perciò, attenzione: prendete questi dati come un riferimento, un'idea!

Notate i numerini: sono tutti uguali, alla fine. Infatti, se facciamo la media i muscoli hanno una percentuale di fibre rosse pari a 53 e di fibre bianche pari a 47. Anche la deviazione standard è abbastanza contenuta, pari a poco meno di 10 e ciò significa che i numeri sono abbastanza vicini fra loro.

Nel dettaglio, muscoli come il soleo o il tibiale anteriore hanno una percentuale di fibre lente molto alta (70%-75%) mentre il tricipite e il gran pettorale hanno le fibre bianche al massimo (67% e 58%)

Una visione più quantitativa permette di fare alcune interessanti considerazioni: i muscoli hanno una composizione abbastanza omogenea, dài... non facciamola tanto lunga. Questo è del tutto logico: scopo del corpo è sopravvivere all'ambiente. Per sopravvivere all'ambiente è necessario poter reagire a moltitudini di stimoli e generare forza in molti modi.

I muscoli sono in grado di produrre la forza per stringere la mano di un bambino senza stritolarlama allo stesso tempo di serrare in una morsa strettissima un oggetto che deve essere trattenuto. Per fare questo è necessario un equilibrio fra i costituenti che generano la forza, le tipologie di fibre.

Non aspettatevi una estrema variabilità di fibre nell'uomo medio: per sopravvivere servono tutti i tipi di fibre. Pensate a questo: l'Uomo passa la maggior parte del tempo a fare movimenti lenti e continuativi. I fan delle paleodiete concorderanno che il tempo della caccia violenta era limitato rispetto a: cercare le prede, appostarsi e attendere, trasportare le prede abbattute, cucinarle, mangiarle, e ruttare. Perciò la presenza di un equilibrio fra i due tipi di fibre è lecito e plausibile. Per questo le fibre rosse che a noi non piacciono esistono! Un essere umano dotato solo delle luminescenti fibre bianche sarebbe evolutivamente svantaggiato.

In più, notate come, sebbene ci sia la fissa della tipologia di fibre, in palestra poi si seguano schemi del tutto incongruenti con la fissa stessa.
Ammettiamo che sia vero che le basse ripetizioni allenano le fibre veloci.

Perchè, allora, un tipico protocollo per i tricipiti prevede esercizi tipo push down ai cavi o french press ad alte ripetizioni (diciamo 8-10)? I tricipiti sono i muscoli più “bianchi” del corpo! E non sarebbe opportuna una differenziazione di protocolli fra bicipiti e tricipiti dato che i bicipiti sono più “rossi”? Invece di solito bic&tric sono allenati con gli stessi schemi!

Ma sappiamo tutti che il push down ai cavi fatto in serie da 3 ripetizioni è quanto di più assurdo si possa fare, perchè è un esercizio di rifinitura.
“Ma l'hai detto tu, è rifinitura! Perciò io farò il french press in serie da 3 ripetizioni per le fibre bianche, e in serie da 12 ripetizioni per le rosse!”

Facile eh quando fornisco la risposta alle domande che faccio... ma mi state dando ragione: allora servono anche le serie da 12 per le fibre rosse, ma se questo è vero, perchè c'è chi fa le serie da 3 anche per le gambe quando sono più “rosse” dei tricipiti? E perchè c'è chi invece fa le serie da 15-20 sempre per le gambe quando sono meno “rosse” dei deltoidi?

Già da qui si può notare una incongruenza fra il volersi allenare secondo la tipologia delle fibre muscolari e l'allenamento che viene svolto.

Non scordiamoci una cosa...

Ok, adesso avete un'idea di come siano composti i vari muscoli. Ma quello che sarebbe interessante per il vostro allenamento è come VOI siete composti. Questo voi non lo sapete, a meno di una bella biopsia. Ma se non lo sapete... come fate a dire che i vostri tricipiti sono “bianchi” o “più bianchi” di quelli di un'altro?

Attenti, perciò, ad associare “quello grosso” o “quello con un bel fisico” o “quello forte” a “quello con molte fibre bianche”. Questa, signori, è una vera fesseria e dovete starci attenti. Semmai, “quello che salta di più” ha più probabilità di avere delle fibre bianche superiori alla media.