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Discussione: Amazing deadlift #2 - Si ma dicci qualcosa di pratico...

  1. #1
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    Predefinito Amazing deadlift #2 - Si ma dicci qualcosa di pratico...

    Ragazzi scusate se questi pezzi sono un po’ arruffati, è che questa estate devo rimettere in bella tutte le idee che riguardano gli esercizi per il fantomatico libro che sto scrivendo. Gli schizzi a mano devono essere convertiti in disegni elettronici, i numeri dei simulatori in qualcosa di grafico, gli appunti e quello che è ancora in testa va scritto: questa roba è perciò la brutta copia per fissare i concetti, gli eventuali lettori del libro troveranno tutto scritto con un filo logico.



    Quando iniziai a fare stacco imperava una regoletta non scritta che per anni ha fatto si che la mia forma esecutiva fosse immonda: “il bilanciere deve essere attaccato alle tibie quando sei in piedi davanti a lui”. Il problema di questa regolina è che quando afferravo il bilanciere mi sentivo proprio “compresso”. A ripensarci… mah… è incredibile: quando hai capito l’errore ti senti proprio un vero cretino ad esserci caduto!

    Tanto per chiacchierare, quando correvo, 3000 anni fa, facevamo pesi e poi il lavoro in pista. Era la prassi. Pavoni, un velocista a livello nazionale dei miei tempi, andò ad allenarsi in Canada con Ben Johnson quando era Big Ben: tornò sconvolto perché facevano i pesi dopo il lavoro in pista. Ora, ***** c’era da capire che a fare i pesi prima di correre rendeva gli atleti superlegnosi e che a farli dopo la seduta in pista era più brillante? Eppure…

    Il posizionamento iniziale dello stacco determina l’evoluzione dell’intera alzata, dal record astrale al cappottamento con le risate di sottofondo: dato che non si paga per farlo bene, non vedo perché perpetrare errori assurdi ancora oggi.

    Indovinate un po’ chi c’è? Ma dai… il Centro di massa!



    Eh si si si si si, è incredibile come questo concetto che può sembrare astruso determini nel bene e nel male le esecuzioni dei nostri esercizi. In questo caso, poi, ci sono ben due centri di massa: quello prima di sollevare il bilanciere dal suolo e quello dopo. Il primo condiziona il posizionamento iniziale ed è l’oggetto di questo articolo. Insieme agli scheletri inserisco quando serve anche gli omini filiforme del simulatore per essere più preciso.

    A sinistra lo scheletro è in piedi con le tibie già a contatto con il bilanciere (non fate i saccenti come Giachetti di “Non ci resta che piangere” facendomi notare che il punto di contatto è quello della parte esterna di un bilanciere olimpico, oramai i disegno sono venuti tutti così…)

    Quando lo scheletro si accuccia le tibie non possono andare in avanti perché c’è il bilanciere, pertanto è il bacino che deve andare indietro. Il centro di massa (CM) dell’atleta è indicato dal pallino ed è il punto in cui è possibile considerare concentrata tutta la massa dell’atleta. In questo caso è ben al di fuori dell’area sottesa dai piedi e l’unico modo perché lo scheletro non caschi è di afferrare il bilanciere.

    C’è chi dice che in questo modo lo sbilanciamento favorisce la spinta perché permette di “strappare via da terra” meglio il carico. Vedremo che non è così ma per adesso… fatelo e proverete una sensazione di scomodità unica che impone un certo grado di concentrazione per mantenere l’assetto corretto con la schiena alle curvature fisiologiche.

    Già questo dovrebbe far propendere per scartare la posizione: le energie mentali devono essere rivolte al sollevamento del carico, non allo stare in posizione per poi sollevare il carico… se siete concentrati per non perdere la posizione non lo sarete per tirare il peso via dal suolo. La posizione è talmente scomoda che non si vede l’ora di venire via da terra.

    A destra una soluzione così banale che mi vergogno a dire che ci ho messo più di 5 anni a comprenderla… quando lo scheletro è in piedi il bilanciere è scostato dalle tibie ed entra in contatto solo quando è posizionato in basso: in questo modo le tibie possono ruotare in avanti, le ginocchia “entrare” fra le braccia, il bacino può stare meno indietro e la schiena meno inclinata.

    Il centro di massa si sposta più verso i piedi ed è così più semplice mantenere l’equilibrio dato che una volta afferrato il bilanciere la sensazione di sbilanciamento è decisamente minore: non mi devo concentrare sul rimanere in posizione, posso concentrarmi sul mio vero scopo.

    “Comodo” significa “efficiente”



    A sinistra il posizionamento “scomodo” in cui il CM dell’atleta non è sopra l’area dei piedi. A destra immaginatevi l’istante in cui il bilanciere si distacca dal suolo: in questo caso il sistema meccanico cambia passando da atleta a atleta+bilanciere.

    Il nuovo CM è quello che si muoverà in tutta l’alzata e con quel tipo di posizionamento è anch’esso fuori dall’area dei piedi.



    Il problema, adesso, è che fino a che siete voi quelli sbilanciati indietro, potete afferrare il bilanciere al suolo, ma se ad essere sbilanciati siete voi e il bilanciere… a cosa vi aggrappate? Questo è il senso del disegno a sinistra: nel momento in cui il bilanciere si stacca dal suolo l’instabilità è massima perché iniziate a ruotare indietro!

    Perciò… che fate? Istintivamente cercate di compensare lo sbilanciamento… sbilanciandovi in avanti! Le spalle si spostano in avanti mantenendo l’altezza dal suolo praticamente costante. Poiché le ginocchia si stanno estendendo facendo muovere il bacino indietro: se le spalle non salgono la schiena non può che flettersi in avanti.

    Questo non è voluto, ma una conseguenza dell’instabilità e in condizioni instabili è difficile mantenere la corretta contrazione muscolare sotto carico: il bilanciere si scosta dalle tibie e il braccio di leva aumenta.

    Non è pertanto vero che “sbilanciarsi all’indietro aiuta a tirare!”



    Avete mai visto video di chi solleva oltre tre volte il proprio peso corporeo? Oppure gente enorme che tira più di 300Kg? Le partenze sono quanto di più vario possa esistere: c’è chi muove a terra il bilanciere facendolo rotolare verso le tibie e poi tira, c’è chi è in piedi, afferra di colpo e tira, c’è chi afferra il bilanciere, si butta indietro e tira.

    Quelle che state vedendo sono “individualità”, cioè adattamenti di una esecuzione canonica alle proprie caratteristiche psico-fisiche. Sottolineo proprio lo “psico”: quei comportamenti sono come dei “rituali” che permettono all’atleta di dare il meglio. Non ci sono motivi particolari, biomeccaniche segrete o reazioni chimiche misteriose che portano a questi comportamenti. Parafrasando l’ispettore Callaghan, le individualità sono come i coglioni, ognuno ne ha due.

    Copiarle è sempre fallimentare. L’errore è pensare che quei Kg possano essere determinati da quei comportamenti, vedere il dito che indica la Luna invece che la Luna stessa. Chi invece solleva meno del doppio del suo peso corporeo è bene che si concentri sui canoni descritti, per semplice buon senso: deve imparare e perciò non può conoscere le proprie, uniche, individualità.

    Avete mai visto video di chi, non eccessivamente forte, afferra il bilanciere e si abbassa tantissimo sbilanciandosi indietro? Nel punto inferiore del movimento il setup è corretto, perfetto. Poi l’atleta quando inizia a tirare si sbilancia del tutto in avanti e nel momento in cui stacca il bilanciere è in un assetto del tutto errato.

  2. #2
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    Il problema è che nella posizione inferiore il CM totale è comunque molto vicino alla caviglia, restituendo una sensazione di instabilità che, pur non essendo eccessiva, condiziona l’atleta.

    Provate ad accosciarvi a terra, poi sbilanciatevi indietro tenendovi ad un sostegno con le mani, andate indietro quanto basta per “sentire” che sareste in equilibrio fra cadere e non cadere se lasciaste la presa, poi lasciate la presa e sollevatevi: la risalita non è decisa e “potente”, ma un po’ traballante. Se riprovate salendo e sbilanciandovi in avanti il movimento è sicuramente migliore, solo che non potete ripeterlo tirando 200Kg dal suolo…



    A sinistra l’atleta iperfortissimo stellare che ha quel tipo di setup: dal punto inferiore del posizionamento si sbilancia in avanti e quando il bilanciere si stacca dal suolo ha un assetto comunque corretto.

    A destra il tizio che copia: non è in grado di controllare quel tipo di setup e nella velocità del movimento alla fine si trova sbilanciato troppo in avanti, magari perde il contatto del bilanciere con le tibie, magari anticipa troppo l’estensione delle ginocchia…

    Il “dinamismo” in partenza in uno stacco è un plus da non copiare per atleti principianti ed intermedi. Evitatelo perché inserite nell’elenco delle cose da imparare degli elementi in più che frenano, e non migliorano, l’apprendimento motorio.

    Il posizionamento perfetto



    Le posizioni A, B, C sono dei posizionamenti con le ginocchia sempre più in avanti: il CM dell’atleta si sposta sempre più sopra l’area dei piedi ed è pertanto sempre più confortevole e facile mantenere la posizione in partenza. Non solo, più le ginocchia vanno in avanti, più la schiena è “dritta” e il bacino “basso” perciò il posizionamento C è quello “perfetto”.

    Il problema è non fissarsi troppo su un aspetto, in questo caso la schiena “dritta” perdendo di vista la globalità della postura: chi ha i femori molto lunghi in rapporto al tronco o chi ha le braccia corte rispetto al tronco avrà difficoltà a tenere la postura C perché dovrà spostare le ginocchia moooolto in avanti, flettendo più di altri la tibia con conseguente sensazione di “poca forza nelle gambe”.

    Analogamente, chi si fissa nel voler tenere il bacino “basso” magari si scontra con la struttura del proprio bacino che rende scomodo tenere i femori molto vicini alla “panza” creando una specie di compressione addominale che rende scomoda la posizione.

    Ancora, una rigidità di caviglia può impedire alle ginocchia di andare in avanti quanto si vorrebbe, per questo sarebbe opportuno utilizzare scarpe con un minimo di tacco, senza fissarsi sul fatto che “quelli forti usano le scarpe piatte senza suola”: inutile dire che il centimetro che recuperate con scarpe simili è perso se tirate di *****™©®.

    La postura D è quella con un po’ di inclinazione della schiena, in modo che le spalle siano in avanti rispetto al bilanciere che è comunque a contatto delle tibie. In questo caso 5° di inclinazione delle braccia permettono di mantenere il CM dell’atleta alla stessa posizione orizzontale della postura C ma lo scheletro ha le ginocchia più indietro.

    C e D sono pertanto equivalenti come sensazione di sbilanciamento/non sbilanciamento indietro, ma la Dè complessivamente più confortevole e, come abbiamo visto, non è penalizzante per le forze che agiscono sulla schiena.

    Questo, in definitiva, è il motivo per cui a terra tantissimi atleti sono sbilanciati in avanti: “sentono” che quella posizione è per loro più comoda.

    Adesso attenti bene: non è che dovete sbilanciarvi in avanti! Questo sbilanciamento è una opzione fattibile, a patto che sia compreso e dominato. E’ un elemento che aggiunge complessità, non la riduce. Perciò, adesso diamoci delle regole.

    La regola aurea dello stacco, la numero zero, è che il posizionamento a terra deve essere confortevole in modo tale che voi possiate tenerlo senza concentrarvi sulla postura per tutto il tempo che vi serve: se dovete pensare a stare in posizione tirerete male. Punto.

    Posizionatevi davanti al bilanciere in modo che questo sia sopra i vostri metatarsi o, per quelli che stanno guardando dietro di loro per capire cosa hanno perso, sopra le stringhe delle scarpe più verso la punta di queste.

    Piegatevi senza preoccuparvi di flettere troppo le gambe o di tenere la schiena piatta, afferrate il bilanciere. Prendetelo e basta con la presa che volete, rendetela salda quanto vi serve.

    A questo punto inarcate la schiena, adducete le scapole, “marmorizzate” tutti i muscoli del dorso: poiché siete agganciati con le mani al bilanciere, per forza di cose la schiena “scenderà”, le tibie ruoteranno ed andranno a contatto con il bilanciere.

    Potete respirare diaframmaticamente prima di questa operazione o dopo quando siete posizionati in basso, determinate con la pratica cosa è più congeniale a voi. Io respiro prima, blocco il respiro e mi piazzo giù.

    Potete rimanere in questa posizione a terra per circa 5 secondi pensando esclusivamente a tenere DCSS la schiena? Mi raccomando: nessuna postura magica, nessuna cintura benedetta, nessun assetto spaziale vi salverà se non avete la schiena resa rigida dai muscoli. Inutile avere il miglior posizionamento al suolo se poi la colonna non è stabilizzata dalle forze muscolari.

    Bene se tutto quello che ho scritto è rispettato, fotografatevi: quello è il vostro posizionamento al suolo. Confrontatelo con uno dei disegni seguenti, dovreste essere fra le due posizioni estreme.



    Adesso, e lo dico senza scherzare, spero veramente di scrivere per persone intelligenti: questi disegni sono pericolosissimi perché fissano dei limiti che sono del tutto arbitrari. Non posso non metterli perché devo dare un’idea di cosa intendo, ma una volta messi è facilissimo che qualcuno dica “ok, sono inclinato giusto”.

    L’unico autore che indica un valore è Rippetoe, per lui 10° sono un “leggero spostamento in avanti”. Disegnando proprio un angolo i 10° “a vista” la figura è secondo me troppo sbilanciata in avanti, pertanto nel disegno l’angolo di inclinazione delle braccia rispetto alla verticale è 7°: si comprende come sia impossibile dare un’indicazione precisa dato che solo 3° di differenza producano un risultato notevolmente differente! Dovete semplicemente essere “un po’ in avanti” ma si capisce che “un po’” è vago, sta a voi contestualizzare.

    Dovete invece pensare a questo: l’inclinazione in avanti nello stacco non è in linea di principio peggiorativa dell’alzata ma è una possibilità in più. La “forma” della vostra postura dipende dalla vostra antropometria, posizionamenti estremi troppo “dritti” o troppo “inclinati” con la schiena sono errati ma fra questi esiste una fascia di variabilità che tiene conto di tutte le variazioni individuali.

    Un altro punto di attenzione nel posizionamento è che come regola generale fino ad altezze di 185cm dovete sforzarvi di imparare uno stacco regolare prima di passare allo stacco sumo, come di solito è consigliato per “quelli alti”: solitamente un principiante ma anche un intermedio, è facile infatti nello stacco tirare in maniera orrida pesi considerevoli, che ha problemi di “comodità” al suolo è anche un atleta che ha problemi nel movimento, pertanto le cause di questa “scomodità” non sono da ricercarsi nell’altezza quanto in una scorretta postura. Il sumo è uno stacco molto tecnico, utilizzarlo perché “sono alto” quando invece “sono orrendo” può essere una scelta sbagliatissima.

    Perciò, sforzatevi di trovare un posizionamento a terra corretto, secondo i canoni descritti, e comodo per voi.

    Hai luce verde!
    Il setup dello stacco è molto più importante di quello dello squat per la buona riuscita del movimento: in quest’ultimo esercizio è l’assetto di entrata nella buca che determina il comportamento nella risalita e in linea di principio il setup iniziale potrebbe anche essere trascurato!

    L’attenzione maniacale per il setup nello stacco non deve però far perdere di vista il movimento nel suo complesso: l’esempio del tipo che si butta indietro per avere la schiena “dritta” è l’esasperazione di questo concetto.


  3. #3
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    Lo stacco, un multi articolare con coinvolgimento dei femorali, muscoli bi articolari, dipende fortemente ed in maniera estremamente complessa dal tipo di coordinazione fra anca, caviglia e ginocchio: più le tre articolazioni sono in fase e meno la schiena fletterà in avanti a patto, comunque, del vincolo aggiuntivo dato dal bilanciere.

    Nei disegni due assetti differenti: a destra i femorali sono più allungati nell’assetto C’ rispetto all’assetto C. Come nello squat, ritardare il momento in cui i femorali devono accorciarsi permette loro di generare più forza all’inizio della loro contrazione eccentrica e di trasferire, come “corde” rigide, più potenza dal ginocchio all’anca.

    Il pattern motorio prevede che l’atleta “senta” i femorali tendersi oltre un certo livello per iniziare il loro accorciamento pertanto come sempre la dinamica del movimento dipende dagli assetti iniziali più o meno favorevoli ad un certo tipo di moto ma anche da cosa c’è memorizzato nella testa di ognuno e dalle personali antropometrie.



    Il grafico rappresenta quella che potrebbe essere definita come una alzata da manuale: guardando i disegno in basso l’atleta mantiene il bilanciere sempre a contatto con le tibie, le braccia perpendicolari al terreno e tira a partire da un setup corretto con le ginocchia in avanti e la schiena a circa 40° di inclinazione.

    La curva in alto è l’inclinazione della schiena, quella in basso la distanza fra bilanciere e anca: anche in questo tipo di esecuzione che sembra assolutamente perfetta è comunque presente una flessione della schiena. Questa è proprio insita nella configurazione meccanica del movimento, non è un difetto e non può essere eliminata: è invece fondamentale notare come la distanza fra carico ed anca viene a ridursi all’avvicinarsi del passaggio al ginocchio, in modo che all’eliminazione del vincolo delle tibie, quando la schiena deve “raddrizzarsi” la sua inclinazione sia la minore possibile.

    Pertanto, regola del pollice: non fissatevi sull’eliminazione di questa flessione minimale che è assolutamente fisiologica. Più l’atleta è alto, o meglio più ha il femore lungo rispetto alla schiena, più il fenomeno sarà evidente ed è per questo motivo che è da stabilire il passaggio allo stacco sumo dove la posizione a gambe aperte “accorcia” il femore sul piano sagittale.

    Senza stare a farla più lunga del dovuto, soggetti alti fino a 180cm devono comunque sforzarsi di imparare uno stacco regolare prima di passare al sumo: fino a questa altezza chi non ha un buono stacco regolare ha semplicemente dei difetti e il passaggio al sumo può amplificarli.



    L’alzata precedente è definibile come “corretta”, ma questa è paradossalmente perfetta”: l’atleta si inclina in avanti nella fase centrale del movimento, quanto basta per mantenere quasi costante la distanza fra carico e anca per presentarsi al ginocchio con la stessa inclinazione dell’alzata precedente.

    Nei grafici potete confrontare la distanza fra carico e anca, minore in questo caso, e l’inclinazione che è maggiore in questo caso rispetto al precedente ma… non ce ne frega nulla!

    Anche in questo caso, non è che dovete sforzarvi di inclinare in avanti cercando di mantenere il bilanciere a contatto con le tibie! Questa descrizione serve a spiegare perché atleti fortissimi sembrano tirare in maniera assolutamente priva di senso quando invece stanno ottimizzando le loro leve.



    L’elemento da analizzare è il passaggio al ginocchio! A sinistra un passaggio corretto e da manuale, le ginocchia sono ancora leggermente flesse permettendo all’atleta di trasferire, come abbiamo visto, potenza dal ginocchio all’anca.

    Al centro l’atleta ha quasi esteso le gambe ed ha perso il contatto con il bilanciere: ha così allungato il braccio di leva ma anche sta generando pochissima forza con i quadricipiti, oramai quasi estesi. Dal ginocchio alla chiusura tutto il movimento è a carico dei glutei e dei femorali.

    Analogamente a sinistra, se è vero che l’inclinazione crea un braccio di leva più corto questo assetto è comunque nella pratica tipico di un atleta “veloce” che però si è sbilanciato in avanti e facilmente perderà il contatto con il bilanciere!

    Altre regolette dei pollici
    Permettetemi adesso di definire uno stacco “corretto” se visivamente il movimento è compreso fra le due alzate precedenti. Tipicamente, chi esegue più vicino alla prima esecuzione avrà un rallentamento immediatamente sotto al ginocchio proprio perché quello è il punto di massima leva di carico, chi esegue più vicino alla seconda esecuzione avrà uno sbilanciamento in avanti ed una partenza leggermente più lenta dell’altra ma poi non avrà alcun rallentamento al ginocchio perché la leva meccanica del carico è minore.

    Chiaramente, con tutte le eccezioni del caso. Comunque sia, il bilanciere non deve mai staccarsi dalle tibie che invece devono essere ben grattugiate.



    A differenza dello squat in cui c’erano due giudizi di merito, “corretto” e “perfetto”, proprio perché il movimento ha una individualità più elevata è più conveniente definire una fascia di “correttezza” e cercare di rimanerci, specialmente con carichi massimali!

    Prima dell’avvento delle fasce, dei corpetti e delle maglie da panca nelle gare di powerlifting si diceva che la gara iniziava quando il bilanciere era a terra, proprio perché era possibile recuperare con stacchi stratosferici il divario dei Kg delle due alzate precedenti. Lo stacco è così l’alzata in cui viene mosso più peso in assoluto per un soggetto che ama il power-bodybuilding, perciò è specialmente nei massimali che non deve assolutamente sporcare la tecnica, pena grosse possibilità di farsi male.



    Perciò:
    • Seguite le regole del setup descritte in precedenza.
    • Quando siete pronti, iniziate l’alzata pensando non a tirare via il bilanciere da terra ma a sfondare con i piedi il suolo: in questo modo cercherete di estendere l’anca facendo ruotare i femori e non raddrizzando la schiena.
    • Dovete “sentire” i glutei e i femorali che si contraggono, tanto i quadricipiti faranno il loro lavoro! L’alzata è tutta d’anca, è la cosa più difficile da imparare.
    • Non dovete perdere la compattezza di schiena, mai.
    • Il bilanciere non deve mai staccarsi dalle tibie.
    • La chiusura dell’alzata dopo il passaggio al ginocchio è una conseguenza della traiettoria fino al ginocchio che a sua volta è una conseguenza dei primi centimetri dal suolo che a loro volta sono una conseguenza del setup iniziale.
    Se cercherete di replicare quanto ho scritto, di sicuro la traiettoria del bilanciere sarà all’interno della fascia di correttezza: non potete saperlo se non vi riprendete.


    Il difetto tipico è una cattiva coordinazione fra anca e ginocchio/caviglia che porta ad anticipare l’estensione del ginocchio e a far scostare il bilanciere dalle tibie.
    Rimediare a questo prevede come al solito la ripetizione ossessiva del movimento fino a che non “sentirete” i muscoli contrarsi correttamente e l’alzata “facile”.



    Non ci sono “trucchi” per rendere questo processo più semplice, solo degli aiuti:
    • Il setup descritto vi consente di coordinare correttamente le tre articolazioni: se mantenete la schiena alla corretta curvatura fisiologica e i muscoli compatti difficilmente anticiperete l’estensione del ginocchio pertanto se ciò accade è probabile che stiate perdendo la contrazione muscolare.
    • Provate a mettervi su una tavoletta come descritto nell’articolo sull’idea di Civalleri che vi costringe a spostare indietro la testa se non volete cappottare in avanti.
    • Provate a mettervi su un rialzo che vi costringe a penetrare più con le ginocchia in avanti e a mantenerle lì, altrimenti se le estendete troppo presto farete una bella capriola.
    Ma, come sempre, il modo migliore per imparare è provare e riguardarvi all’ossessione: piazzate una webcam decente al portatile, fate l’alzata e rivedete la clip!

  4. #4
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    grande Paolo!!
    a me sembrano tutt'altro che arruffati questi pezzi!

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