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Discussione: Advanced squat #4 - L'AnKattiva

  1. #1
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    Predefinito Advanced squat #4 - L'AnKattiva

    Ragazzi in questo pezzo ripeterò un po’ di concetti già visti, però è necessario per una trattazione fluida. E poi repetita iuvant come dicono gli inglesi, no?

    Il punto fondamentale è questo: per la mia personalissima visione del “problema squat” la discesa sotto il parallelo dipende essenzialmente dal tipo di struttura antropometrica dell’atleta. Non c’è trucco e non c’è inganno, non esiste Sim Sala Bim che tenga, non c’è alcun “Ah ecco” o magia della serie Ta-Tah™®©. Esistono persone grossissime che possono fare squat a gambe strette, altre secche che non scendono nemmeno se vengono schiacciate da una pressa.

    Lo squattista ideale ha le gambe corte rispetto al busto, ma non è necessariamente così: non fatevi fregare, la possibilità per voi di squattare sotto il parallelo dipende da una serie di fattori, non da uno solo.

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    A sinistra il risultato che vorremmo tutti ottenere, questo è uno squat che fa pensare “***** quello è potente”. La “potenza” è di fatto il controllo della traiettoria, e il controllo è rappresentato anche dal fatto che il peso è portato giù in profondità senza che l’atleta sembri “sofferente” in quella postura ma invece sta lì in basso perché decide coscientemente di farlo. Ho scritto cose poco precise, ma rappresentano di sicuro bene le sensazioni alla visione di certi squat.

    Controllo, null’altro. Fidatevi: meglio 130Kg fatti così che 200Kg traballanti 40cm più in alto.

    Sono convinto che se io sono riuscito a squattare sotto il parallelo e migliorare il mio massimale chiunque possa farlo, ma ciò non significa che sarà semplice: diffidate degli slogan e attenti a non farvi male. Ripeto: leggete quello che scrivo e attenti a non farvi male: imparerete ad usare il vostro corpo in una posizione limite, e al limite basta una piccola imperfezione per passare da “safe” a “danger”.

    Mettetevi sulle spalle un bilanciere carico con 20Kg, squattate più profondi che potete, fotografatevi nel punto più in basso: più siete distanti dal disegno a sinistra e simili a quello centrale o a destra, più avete da lavorare.

    E’ come se ci fosse un fermo…
    Chi non riesce a scendere sotto il parallelo “sente” come se ad un certo punto ci fosse un fermo, una battuta che gli impedisce di scendere, oppure prova una sensazione di sbilanciamento indietro che può compensare solo buttando letteralmente in avanti la schiena.

    Prima di parlare di femorali rigidi o altre teorie raffinatissime, è bene concentrarsi su aspetti meccanici grossolani ma importanti. Essenzialmente sono due le cause del mancato raggiungimento del parallelo: femore lungo™®© e caviglia rigida®©™

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    Ricordiamo per la 200000 volta che lo squat è un movimento svolto in equilibrio instabile con il centro di massa che non deve spostarsi da “sopra” i piedi. Per semplicità lo consideriamo orizzontalmente immobile, lascio ai baldi sciento-squattisti le considerazioni su cosa succede se invece si muove: generalizzando vedrete che queste considerazioni sono sempre valide.


    Nei disegni ecco cosa succede ad allungare o ad accorciare il femore: il bacino si sposta in avanti o indietro, ma poiché il fulcro dell’altalena non si muove conseguentemente l’altalena deve ruotare. Ciò significa che la schiena deve più o meno flettersi.

    State provando un retrogusto di banalità e di frustrazione: è ovvio che sia così, ma anche è una condizione inalterabile, perché non è che ci sottoporremo ad una resezione ossea per accorciare il femore in uno squat e chi è alto di sicuro sarà svantaggiato per tutta la vita!

    Possiamo però ovviare al problema allargando lo stance, cioè la distanza fra i piedi: uno degli effetti è quello di accorciare il femore sul piano sagittale ed è per questo che veramente non capisco perché c’è chi si ostina ancora a fare squat a ginocchia praticamente unite.


  2. #2
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    Spessissimo bastano 5cm per parte per trovare un assetto del tutto differente: toglietevi dal retrocranio le cazzate sullo squat dei ciclisti, sullo squat che fa le cosce a “goccia” e altre idiozie simili: se avete problemi a scendere sotto il parallelo, squattate con un carico bassissimo allargando le gambe e riprendendovi.


    Questo invece è l’effetto della rotazione della caviglia: più avete una caviglia mobile, più potete sparare le ginocchia in avanti ed entrare “sotto” il bilanciere, meno ce l’avete e meno potete farlo. La rigidità di caviglia è secondo me l’ostacolo principale ad una discesa al parallelo e vedremo a breve quanto pochissimi gradi di rotazione possano determinare effetti assolutamente sorprendenti.

    Leggerete teorie molto “di buon senso” sullo stretching dei tendini d’Achille: cosa fa ruotare la caviglia nel verso opposto a ciò che vorremmo noi? Il tendine d’Achille! Pertanto se questo tira troppo la caviglia verrà limitata nella sua rotazione. Perciò… giù a fare stretching per i polpacci!

    Ho fatto stretching per ore ed ore, ho visto film interi facendo stretching per i polpacci, sono arrivato a non camminare per giorni per lo stretching ma… niente.

    Alla fine la rigidità di caviglia non dipende solo dai “tiranti”, ma proprio da come è fatta l’articolazione. Io non ho solo le caviglie “rigide”, ma anche i polsi: se fletto indietro i polsi, anzi se proprio li fletto a forza arrivo al massimo con la mano a 90° rispetto all’avambraccio, mia figlia e mia moglie piegano per circa 15° in più.
    Pertanto, ragazzi, provate tutte le teorie elasto-antropo-morfo-PNF-balistico-stretching del mondo ma se non ottenete il risultato finale… leggete questo.


    In alto a sinistra il disegno rappresenta una “caviglia rigida”: ciò significa che la tibia non ruota in avanti sulla caviglia e l’angolo indicato non può essere reso più piccolo. A destra l’effetto finale: nemmeno l’angolo della tibia rispetto al suolo può essere reso più piccolo.

    In basso a sinistra l’effetto del tacco: la “zeppa” solleva il tallone e pertanto il piede ruota intorno alle dita. A destra l’effetto finale: è vero che l’angolo fra la tibia e il piede non è cambiato, ma è invece cambiato l’angolo della tibia rispetto al suolo, che è più piccolo. Il tacco ha disgiunto il legame fra questi due angoli.


    Ecco cosa succede nel solito squat: la tibia può ruotare in avanti rispetto al terreno, il bacino si sposta analogamente in avanti e, se avete studiato l’altalena precedente, la testa si sposta indietro e la schiena è meno flessa.

    Per una persona di 175cm a misure antropometriche standard un tacco di 4cm, quello di una scarpa da running permette di recuperare circa 8° di rotazione in avanti. Per darvi un’idea di questo numero anonimo, date un’occhio alla simulazione seguente.


    Notevole, direi: a parità di posizione del centro di massa, da uno squat parallelo del tutto schienato a uno squat sotto il parallelo.

    Nel disegno il perché di questo apparente miracolo: in una catena cinetica, cioè in un insieme di segmenti uniti fra loro, lo spostamento angolare del primo giunto è quello che determina il massimo spostamento lineare perché tutti i segmenti sono a questo di fatto collegati. Ruotare “un poco” la caviglia determina pertanto un cambiamento sostanziale delle posizioni di tutti gli altri segmenti.

  3. #3
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    Certo che se vi fissate con le forze di taglio sulle ginocchia, sul “mai una tavoletta” sotto i talloni perché resterete storpi… ragazzi, che vi devo dire, continuate a pensarla così anche se chi dice queste cose è ancorato a studi di 40 anni fa smentiti da studi di 35 anni fa…

    Pertanto la prima cosa che dovete fare è, come detto 3000000 volte, determinare un tacco e una larghezza dei talloni tale per cui potete scendere sotto il parallelo senza problemi. Il 90% dei casi è questo.

    Nella buca retroverto il bacino.
    Ok ragazzi, adesso entriamo in un terreno infido perché qua non ci sono molte certezze, checchè in palestra ce l’abbiano tutti. Per leggere questo pezzo dovete essere già al meglio come assetto, come rotazione del bacino in discesa, come tutto.


    Vi riprendete e scoprite che, sebbene non lo “sentiate”, il vostro bacino retroverte nel punto inferiore del movimento, cioè ruota indietro e perdete leggermente la curvatura come nel disegno. Però non sentite dolore, risalite bene, guardate i video dei campioni e scoprite che lo fanno in tanti.

    In pratica la schiena non fa la C ma comunque si ha una perdita di curvatura. Il perché accade non è poi chiaro e ci sono teorie di tutti i tipi.


    Una è che ci sia un impingement del femore sull’anca, cioè uno schiacciamento dei tessuti fra il femore e le ossa iliache: l’idea è di Ripptoe e il didegno ne è una rappresentazione volutamente esagerata.



    Probabilmente uno dei motivi per cui squattare a gambe strette rende per molti il movimento impossibile è che ci sia una compressione della zona fra il femore e il bacino, però questa è, appunto, una intuizione da dimostrare:
    • Esistono persone con le cosce grossissime che squattano a piedi strettissimi.
    • Se fosse solo un problema di compressione basterebbe allargare le gambe per farla sparire, ma ciò non succede sempre ed è necessario inserire un tacco.
    • Nei testi di anatomia funzionale l’impingement si trova solo come patologia dell’articolazione dell’anca e non vi è menzione di un impedimento nella flessione dato da un’idea del genere.
    Un’altra è che i soliti femorali “tirino” il bacino facendolo retrovertere, anche questo è logico ma poi non è che ci siano studi che mostrino quantitativamente questo aspetto. Un po’ come quelle teorie che dicono che un eccesso di lordosi lombare deriva da uno squilibrio fra erettori spinali troppo forti e femorali troppo deboli, quando poi nessuno studio conferma questo e la correlazione fra rigidezza dei femorali e retroversione del bacino sia veramente bassissima.





    Pertanto, ecco la mia idea. Ribadisco che è mia non perché non sono sicuro, ma per correttezza verso di voi. Posso usare l’imperativo come fanno molti, oppure il condizionale come invece molti dovrebbero fare. Io preferisco dare una chiave di lettura che abbia una coerenza, poi starà a voi farvi il culo come mi sono fatto io per determinare le informazioni che hanno portato a questa.

    A sinistra sono in posizione sotto il parallelo in quella che è la mia postura “da riposo”: non sono comodo, ma però posso starci e lavorare. A destra invece tengo quanto più possibile la curvatura lombare.

    Chi ha la caviglia meno rigida della mia o le ossa di lunghezze differenti dalle mie potrà stare comodamente in posizione di squat e guardare la televisione senza problemi, ma anche questo tipo fottutamente fortunato tenderà a curvare la schiena.

    Perché, ragazzi, bene o male sotto il parallelo la schiena è flessa in avanti e tenerla ferma con gli erettori spinali costa tantissimo in termini di spesa energetica. Provate proprio come ho fatto io: mettetevi prima nella posizione di destra per circa 30”, poi rilassate i muscoli facendo dolcemente curvare la schiena.

    La fatica svanisce: state stabilizzando la spina dorsale con i legamenti, le strutture di contenimento passive che consumano pertanto di meno. Il punto è che questa è la configurazione naturale, non l’altra! Il nostro corpo è progettato per trasportare se stesso, è innaturale piazzarci sopra un peso, pertanto ottimizza l’energia: se dobbiamo stare tanto accovacciati a lavorare, dobbiamo spendere meno energia possibile e tenere con gli erettori spinali non è di sicuro la scelta migliore.

    Questo non causa ernie, l’ernia è il terrore del palestrato ma se il peso è quello appunto “naturale” ciò non è dannoso. Il movimento di squat è cioè “naturale” solo “a carico naturale”, perciò retrovertere il bacino nel punto più basso non è una patologia, non è che siete anormali, non è che c’è qualcosa che non va in voi!

    Ora, però, il problema è che questa “naturalezza” viene del tutto disintegrata quando schiantate sopra un carico del 200% del vostro peso corporeo. Allora, in quel caso, non va più bene e dovete agire.

    Ciò non è detto che sia possibile, nel senso che un movimento è di sicuro influenzato da cosa avete nella testa, “tutti possono migliorare”, ma anche da come siete fatti voi, “il risultato finale è pari a quello iniziale a cui si somma il miglioramento”. E’ vero che tirare fuori limiti genetici ed hardgainer è quasi sempre una scusante, ma comunque alla fine c’è chi è portato per fare i pesi e chi no. Così c’è chi è portato per lo squat e chi no. In che categoria siete dovete scoprirlo da soli perché questo è un articolo, non è che io possa vedervi… è tutto nelle vostre mani.

    La retroversione del bacino va limitata, dovete cercare di farla il meno possibile, per questo dovete ricercare l’assetto più comodo che vi faccia scendere fino a dove volete voi senza sentire impedimenti di alcun tipo. Come regola pratica, empirica, tutta da dimostrare, dovete non retrovertere il bacino al parallelo: al parallelo dovete essere perfetti. Questo perché al parallelo non siete ai limiti della flessione dell’anca e pertanto non c’è alcun bisogno di retrovertere il bacino.

    L’anKattiva
    Ok, faccio un po’ il verso a Ripptoe con il suo Active Hip, passatemelo, dai…

    In alto la posizione di squat parallelo, in basso la discesa nella buca sparando le ginocchia in fuori™©®: possiamo chiamarla una “tecnica avanzata”, non tanto per fare scena quanto perché tutto il resto deve essere perfetto e dovete evitare di massacrarvi qualcosa. Provate con poco peso, pochissimo.

    Scendete al parallelo o poco più su con una eccentrica controllata, poi rilassate un attimo (pochissimo!) i quadricipiti e contemporaneamente allargate le ginocchia, come nei disegno in basso. Ovviamente i piedi sono fermi e pertanto le tibie ruoteranno lateralmente. Il movimento è sicuro per le ginocchia perché anche il femore ruoterà e la base di appoggio rimane simmetrica.

    Dovete però “sentire” che il movimento è dovuto ai glutei, non è un semplice allargamento delle ginocchia. Se riuscite a percepire questo allora “sentirete” che si viene a creare nel basso addome che permette alle viscere di “scendere meglio”.

    A sinistra ciò che proverete, a destra ciò che accade: è come se vi premessero il bacino in avanti facendovi affondare dentro la buca senza curvare la schiena. Nella realtà voi scendete di pochissimo sotto il parallelo, però la spina si sposta in blocco in avanti senza effettivamente flettersi oppure facendolo molto meno rispetto al non farlo. In pratica è una entrata decisa nella buca.

    Ora, perché funziona? Io vi propongo una spiegazione, con il condizionale e non con l’imperativo. Perché vi ritengo intelligenti.

    I glutei fanno parte di un complesso sistema di forze centrato sulla fascia toracolombare: in pratica i glutei mettono in tensione la fascia che a sua volta è collegata al grande dorsale ed avvolge tutti gli erettori spinali.

    I glutei sono estensori del femore sull’anca, lo mandano indietro, ma anche abduttori, lo mandano all’esterno. Quando sparate le ginocchia in fuori usate i glutei come abduttori ma di sicuro non è che potete parzializzare la loro azione, usandoli anche come estensori. In pratica state potenziando l’uso dei glutei che a loro volta potenziano tramite la fascia l’uso degli erettori spinali che forzano di più per mantenere la curvatura. E’ una cazzata? No, è plausibile ma andrebbe dimostrato.

    Però la spiegazione è coerente con il fatto che dovete impostare la discesa come nel precedente pezzo, “sentendo” che siete sostenuti dalle chiappe. La discesa è differente dalla risalita perché nel tratto finale le punte delle ginocchia vanno in avanti e i femorali si accorciano, pertanto “tengono” meno rispetto alla risalita: i glutei sono così fondamentali.

    Ok, perdonate queste foto in cui non sembro nemmeno normale, per il libro le rifaccio: a sinistra il passaggio dal parallelo a sotto con questo tipo di approccio, a destra semplicemente mi rilasso senza tenere con gli erettori spinali.

    Ho messo la tavoletta da 2cm invece che da 3cm per esasperare alcuni aspetti:
    • Notate come, per quanto mi sforzi, perdo comunque un po’ la curvatura. Non me ne accorgo, semplicemente lo rivedo nella ripresa a posteriori.
    • Entro nella buca con la schiena più dritta rispetto alla partenza.
    • La mia postura è tale per cui devo divaricare i piedi a circa 45°, pur avendo una distanza fra i talloni che è media.
    • Allargare le gambe determina uno spostamento di circa 5cm dell’esterno delle ginocchia.
    Questa è la mia postura, non è che va bene per voi, è la mia. La differenza non è con voi, ma con me stesso nell’altro caso. Per questo motivo è necessario che voi abbiate un modello di riferimento ma poi vi osserviate continuamente.


    Mi raccomando: non è che adesso arrivate al parallelo, mollate di coscia e allargate le ginocchia:di sicuro ci arrivate nella buca, però vorrei evitare di farvi lussare i femori dalle anche…

    Dovete imparare a tenere la discesa “sentendo” che tenete le ginocchia allargate, perché questo tipo di comportamento deve sempre essere presente. Considero perciò tutto questo pezzo sull’ankattiva un qualcosa di “avanzato” ma non perché lo possono fare solo quelli forti, semplicemente perché aggiunge un elemento in più da imparare ad altri e potete fare casino.

    Prima risolvete tutti i problemi di assetto, poi imparate a scendere con le chiappe indietro, poi imparate questo. Ogni fase presuppone di modificare qualcosa dello schema motorio preesistente, pertanto carichi bassi e non fissatevi con lo schema d’allenamento.

    Prendetevi tutto il tempo che vi pare, riprendetevi e riguardatevi. Per esperienza c’è chi ci mette 3 mesi e chi 3 sedute. Ma io non sono lì con voi.

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