Il secondo anno dell’università, per una serie di motivi troppo soporifici da spiegare, preparai i 100 metri allenandomi solo nel fine settimana. Tre allenamenti di fila, Venerdì, Sabato e Domenica.
Tutto non ottimale, specialmente l’allenamento della Domenica mattina. Non che io fossi un’uomo di mondo con serate piene di droga, sesso e rock’n'roll, ma di sicuro le strippate in pizzeria del Sabato sera si facevano sentire qualche ora dopo, in pista.
Mi ricordo ancora l’allenamento invernale: 300-300-250-250-200-200-150, robetta lattacida dove lo scopo è tenere un certo ritmo e combattere la formazione dell’acido lattico. In realtà il tutto si trasformava in una specie di espiazione dei peccati commessi e poco ci mancava che non uscissi dal mio corpo per sollevarmi verso la Luce Divina, osservando le mie spoglie mortali correre dall’alto
Una vera prova di carattere, io o la pista senza esclusione di colpi. Peccato che l’allenamento così fatto non servisse a niente. Se infatti la velocità scende sotto un certo livello, non si sta più correndo, gli schemi motori non sono corretti, il sistema energetico da allenare non è quello giusto poiché non si combatte l’acido lattico ma si subisce cercando di non soccombere, le sensazioni sono sbagliate, anche il tipo di stanchezza è diverso da quanto prevede il tipo di prova.
In altre parole, mi stavo stancando e basta, un po’ come se in macchina volessi andare forte tirando allo spasimo la retromarcia. Fatica, stress del tutto inutili.
Stavo solo producendo spazzatura. Spazzatura in cambio di nulla.
L’allenamento è un’arma, sta a noi puntarsela alla tempia e premere il grilletto. Cerchiamo di capire come ci possiamo far male con l’allenamento.
Non siamo i più bravi
A questo punto magari qualcuno che un po’ mi conosce si aspetta da me una frase del genere: “in ambito sportivo c’è un controllo migliore dell’allenamento perchè esistono prestazioni, riferimenti, gare mentre in palestra non essendoci una vera prestazione è facile perdersi negli eccessi”.
Invece no. Stavolta non siamo i più bravi a fare le cazzate, anzi, in questo campo siamo dei veri dilettanti. incredibilmente, è proprio in ambito sportivo che proliferano allenamenti insensati a fatica pura!
Podisti, ciclisti, nuotatori, ballerini, atleti in pista, pugili, ginnasti… tutta gente che ha la capacità di massacrarsi letteralmente per non ottenere nulla. Ho visto ciclisti consumarsi ad uno stato quasi larvale pur di allenarsi, ho visto podisti piangere perchè non potevano allenarsi a causa delle cartilagini consumate, altro che le navi in fiamme al largo dei bastioni di Orione…
Non fatevi fregare: al di fuori della palestra non sono più bravi di noi. Nel mondo amatoriale come nel mondo professionistico. Errori che io e i miei amici commettevamo 20 anni fa sono ancora oggi presenti, e mi sorprendo ancora quando vedo che nulla è cambiato. Non tutti, non sempre si allenano male, c’è gente incredibilmente in gamba e competente da cui possiamo solo imparare, ma se tanti sbagliano in palestra state pur certi che al di fuori non è che siano tutti dei grandi esperti.
L’arma: volume e intensità
Ecco la famosa curva volume-intensità, che nei salotti buoni serve per dire che più ci si allena meno intensità possiamo tenere e viceversa, più intensamente ci alleniamo e per meno tempo possiamo allenarci.
Questo è il disegnino che usano tipicamente i saccenti come me, quelli che sui forum rispondono “dipende” a qualsiasi domanda del neofita che vorrebbe un minimo di certezza, mandandolo fuori dai gangheri. “Dipende..” Dal contesto (un classico, che significherà poi ah ah ah), dal programma, dalla condizione fisica, dalle maree, dall’allineamento dei pianeti.
Ok, perchè è proprio disegnata così?
Il disegno è di tipo qualitativo, altro termine usato molte volte a sproposito per dire “non ho i numeri, ma su per giù fa così”. Ognuno di noi possiede una certa quantità di “cose possibili che può fare”, e le può fare “con un certo impegno massimo”. Per quanto la spiegazione sia scalcinata, è sensato dire che le cose stanno così.
Il prodotto di tutto quello che posso fare, Q, per la forza con cui queste cose possono essere fatte, F, dà il massimo delle risorse disponibili, R.
Più di R non posso sfruttare. Perciò quando mi alleno ho un limite massimo in termini di “quante cose”, cioè di volume V di cose possibili, e di “quanto impegno”, cioè di intensità I.
Posso ora esprimere I in funzione di V ottenendo una relazione di proporzionalità inversa, un concetto così complicato che spiegano alle scuole medie. Ecco la curva del disegno precedente, che per la cronaca è una semi-iperbole equilatera (quando volete essere cool dite proprio così, “semi-iperbole equilatera”, ma non scordate il “semi” che fa ancora più cool)
Però la curva disegnata con una linea non permette di evidenziare alcune cosette interessanti. Un disegno migliore: noi possiamo allenarci entro la zona rossa, perchè il prodotto VI è sempre minore del massimo a nostra disposizione. Sopra, siamo nella zona proibita.
Ok, nella realtà non è che se ci tiriamo un po’ il collo e sconfiniamo si scatena una crisi internazionale, però in questo modello non possiamo oltrepassare il limite. Ciò non toglie validità al discorso che farò.
E’ possibile evidenziare altre zone interessanti, come nel disegno qua sopra.
Un viaggio nella discarica – semplici esempi di errori classici
- La “zona delle scottature” è quell’area che corrisponde ad intensità molto elevate, che posso tenere per un periodo limitato. Più il sole è forte, meno posso starci perchè mi scotto anche se sono abbronzato. Questa è un’area pericolosa perchè anche se mi mantengo nell’area consentita, non posso comunque farlo per un periodo indefinito. Meno ci sto, meglio è.
- La “zona del sottoallenamento” è caratterizzata da volumi ed intensità tali per cui l’allenamento non produce l’effetto voluto. Non c’è da stupirsi che esista una zona del genere: l’allenamento è uno stimolo per produrre un adattamento, ma se lo stimolo è troppo scarso l’adattamento non ci sarà.
- La “zona della qualità” è data dai giusti valori di volume ed intensità. Dobbiamo allenarci rimanendo all’interno di questi parametri. Come? Se fosse possibile, avrei già fatto i soldi e in questo momento mi starei gustando un bel cocktail con l’ombrellino in qualche resort hawaijano. Siamo tutti d’accordo che però quest’area deve esistere, anche perchè c’è chi questa oasi meravigliosa l’ha trovata dato che ottiene molto dall’allenamento.
- Fra la zona proibita e la zona della qualità c’è la “frontiera della Morte”, una sottile fascia che separa queste due zone. Allenarsi in quest’area non è mai ottimale, perchè siamo sempre al limite: qualunque sia l’intensità con cui ci alleniamo, il volume è sempre troppo. Troppe serie, troppe sedute, troppo poco recupero. Sicuramente voi avete sperimentato delle piacevoli passeggiate in questo campo minato tutte le volte che avete deciso di caricare meno Kg perchè siete stanchi ma vi siete ritrovati a aggiungere serie o ripetizioni fino al massimo possibile perchè, in fondo, i Kg sono meno impegnativi.
- L’ultima zona è quella della spazzatura. Quest’area è caratterizzata da un volume molto alto ad una intensità molto bassa. Vi starete chiedendo se esiste qualche tonto che può scegliere una zona del genere per allenarsi. Ognuno di noi (noi eh…) prenda lo specchio che ho messo sotto ogni sedia della platea e se lo metta di fronte. Oplà, avete di fronte delle persone che si sono allenate fra i gabbiani!
Produciamo spazzatura ogni volta che ci alleniamo al di sotto del minimo che crea l’adattamento specifico per l’attività in questione. Questo minimo esiste ed è specifico di ogni sport/attività, per quanto sia difficile da definire compiutamente. Perciò ogni sport ha la sua spazzatura specifica.
Nella velocità in pista c’è un massimo ammissibile ai tempi di ogni prova, che caratterizza il tipo di corsa. Se io corro i 60 metri così piano da avere il passo dei 400 metri, non mi sto allenando per la velocità. Allenamenti invernali ancora di moda sono batterie di 60 metri fatte con 30” di recupero propinate a chi fa i 100 metri. Roba sfiancante per atleti con poca capacità di resistenza lattacida: il lattato paralizza così tanto i muscoli da impedire i corretti schemi di corsa. Alto volume, bassa intensità. Fatica senza nulla in cambio.
Tipico di alcuni 800metristi è allenarsi come dei 1500 o 3000metristi, perciò ficcando nella settimana delle sedute di “lento”. Km e Km a ritmi blandi per “fare fiato” o “per smaltire”, ad un passo troppo lento per dare quegli adattamenti necessari per un 800 che è una gara di mezzofondo molto veloce. Questa roba è assolutamente prosciugante perchè non è a costo zero, i Km implicano microtraumi su microtraumi, scorie acide su scorie acide. Addirittura, “lento” per defaticare, altri Km aggiuntivi. Alto volume, bassa intensità. Fatica senza nulla in cambio.
Ma la ginnastica, il balletto, il pugilato, le arti marziali, il ciclismo, il nuoto e tutti gli sport hanno le loro brave sedute di “lento qualcosa” che è alto volume e bassa intensità. Certo, mica è che io sono l’unico furbo in un mondo di fessi, ma il punto è che tutto questo volume non solo è tanto ma NON E’ all’intensità minima che il dato sport richiederebbe, perciò drenano energia senza dare nulla e non c’è niente di più perverso che allenarsi in cambio di niente.
Ok, lo so, non mi credete. Però vi prego di darmi credito ancora per un po’
Ecco una tipica settimana di un tipico ciclista amatoriale, uno che ama la bicicletta, che si informa, legge e… si allena. Va comunque bene anche per un podista che prepara una corsa di 10-15Km
La garetta o l’allenamento in gruppo domenicale è un picco di intensità per quanto di breve durata rispetto al totale dei Km settimanali, poi c’è una uscita media e due di lento per fare la gamba. Passatemi il fatto che piazzi il lento nella zona della spazzatura.
Notate anche il fatto che l’uscita media sia in questo schema nella zona della morte, perchè il nostro atleta-tipo quando svolge un volume medio di sicuro lo tira al meglio (che equivale quasi sempre a “più che può”).
Ma cosa succede? Le gare sono faticose, meglio sarebbe farne di meno, oppure riposarsi. Ma… come si fa? Gli altri amici non riposano, perciò invece di stare fermi, il nostro amico fa una seduta defaticante di lento. Però magari aumenta i Km in una sorta di compensazione dell’intensità, dato che pedala o corre piano. Bang, spazzatura istantanea. Perchè non c’è un vero recupero, ma un lento stillicidio di energia che non viene reintegrata.
Così nel tempo, fino a che la situazione non diventa questa qua.
Il nostro amico non riesce più a rendere nell’allenamento o nella gara dove dovrebbe dare il top, perchè la fatica sistemica, globale per l’intero organismo, si fa sentire. Non ha più un picco di prestazioni o, meglio, questo picco è più basso. Anche gli altri allenamenti sono più scarsi, ma non scarsissimi. Compensa il tutto aumentando i Km dato che non riesce a sviluppare intensità. La spazzatura aumenta.
Ora, chiunque legga, qualunque sport faccia, cambi le parole e il contesto, però non mi venga a dire che non gli è mai capitata una cosa del genere. La situazione in cui avete sputato sangue e avete ottenuto sempre di meno per quanto culo vi siate fatti.
Mi ci gioco le (beep) che meno risultati avevate e più avete gonfiato i vostri allenamenti di volume stellare. Gioco volentieri le mie (beep) perchè so di vincere. Con chi credete di parlare? Con uno che si allena con il Nintendo WII ad agitare la racchettina virtuale nel vuoto come uno psicopatico? Con molto orgoglio vi posso dire che queste cazzate le ho fatte prima di moltissimi di voi. Grazie, grazie, basta applausi vi prego, arrossisco…
Anzi, pur essendo questa situazione di fatto sbagliata, voglio essere politically uncorrect: sono fermamente convinto che chi non vi si è mai trovato non può dire di essersi allenato con passione. E’ la passione che fa commettere questi errori, perchè è facile eccedere in quello che piace! Ok, negherò di averlo detto…
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