Questo è il post più difficile di tutta la mia carriera di psycho-writer. Incredibilmente, è arrivato il momento di farlo, cosa che non avrei mai pensato. Lo faccio per una serie di motivi, uno dei quali è una forma di onestà intellettuale verso i miei "lettori" (perchè c’è gente che, stranamente, legge quello che scrivo e che non posso che ringraziare per permettermi di seguire questa terapia).
Comunque, per capire, dovete leggere. Tutto il pacco
Il 1° Luglio del 2007 mi sono infortunato. Però non uno di quegli infortuni che fanno ridere, della serie "ah non sono più giovane come prima". No no, uno di quelli che lasciano il segno.
Erano le 11 di mattina, mi scaldo per la mia mega-prova di panca, 10×120Kg, qualche giorno prima ero arrivato a 9×120. Inizio la serie, alla 6° ripetizione… una scossa dentro la spalla sinistra. Un crack terrificante, come la stoffa che si strappa, un rumore agghiacciante e indescrivibile. Indescrivibile, questa è la parola. In una frazione di secondo percepisco la gravità del tutto, urlo e lascio il bilanciere crollare sulle barre del rack.
E’ uno shock, i pensieri si susseguono a ritmo forsennato nella mia testa. E’ successo l’inimmaginabile. Ho sempre messo in considerazione l’infortunio, la fine della "carriera". Ma me l’ero sempre immaginata come un ginocchio fracassato, un disco vertebrale fratturato, un bicipite femorale saltato. Questa era l’opzione non contemplata, lo scenario non previsto in tutti i pensieri nefasti. Possibile che fosse successo?
Nel frattempo, una situazione da commedia: mia figlia era in giardino, sente ilsuo babbo urlare, un boato, e inizia a piangere in maniera isterica, mio suocero che era nei pressi pensa che io mi sia dato il bilanciere nel muso e entra come un pazzo nel casotto, mia moglie che era in terrazza al telefono con la sua mamma butta il telefono sul divano e scende in giardino, dopo poco mia suocera arriva con la macchina per vedere cosa è successo, i vicini tutti alle finestre. Un casino, ragazzi, un casino pazzesco da film.
La spalla… è una specie di pappa, se la tocco, le dita affondano nel deltoide. Ho ancora nella testa il rumore dello strappo, mi tremano le mani. So che è grave, perchè ho una lunghissima esperienza di infortuni, fratture, borsiti, tendiniti, strappi, contratture. Ma un rumore così non l’ho mai sentito. So che c’è da stare calmi perchè, tanto, è tutto finito, e solo il tempo dirà cosa c’è da aggiustare. Ghiaccio e tutto il resto.
Nel pomeriggio sotto l’ascella si vede una macchiolina rossa, che si allarga in poche ore in un enorme livido su tutto il bicipite, fino a sotto il gomito. Niente sul pettorale. Mi si inizia a paralizzare il pettorale e la spalla, inizio a perdere l’escursione del braccio (in questo momento, che sto scrivendo, ho il respiro un po’ accelerato al ricordo). So che è normale, che una conseguenza ci deve per forza essere, però… mi guardo meglio allo specchio e… *****… manca un pezzo di pettorale, mi sembra… guardo meglio… il tendine del pettorale è visibile in parte se alzo l’omero. Che ***** è successo? Sudore freddo a litri.
Mia sorella mi porta al Pronto Soccorso perchè il braccio si è immobilizzato. Ci vado come proforma, prassi, perchè è domenica, perchè non posso fare altro, perchè non voglio a distanza di 10 anni avere il rimpianto del "ah se fossi andato". Il dottore, che ha probabilmente un innesto cerebrale che gli fa emettere positroni, mi fa una risonanza a vista: "probabilmente hai rotto il tendine del capo lungo del bicipite", mi segna 10 giorni di riposo, il braccio al collo e una ecografia. So benissimo che ha detto una cazzata, ma ringrazio.
Penso di essermi staccato il tendine del pettorale, di essermi strappato il deltoide, cerco di razionalizzare il tutto. Conosco troppo bene le sensazioni dell’infortunio, della convalescenza, del recupero… cerco di razionalizzare e di stare calmo. Mi sento una ***** perchè quando succedono questi casini metto sotto pressione, per delle cazzate in fondo, i miei cari. Cerco di non stressarli, di non fargli capire quanto sono preoccupato, anche se loro… lo sono già. Non hanno ben capito, ma sono preoccupati.
Chiamo Ado, Enrico, Valerio, ho bisogno di sentire qualcuno che mi capisca, qualcuno "del mio mondo". Sono tutti gentili, mi rassicurano, mi confortano, mi spiegano.
Inizia la settimana strana, quella post infortunio. La cronaca è: il lunedì non riesco ad andare a lavorare, la spalla non si muove più, sotto l’ascella ho delle corde che tirano l’omero a se. Il mercoledì faccio l’eco, chiaramente il capo lungo del bicipite è sano, per il resto non si vede un ***** perchè il medico non riesce ad inserire la sonda sotto l’ascella. Mi faccio segnare una risonanza, 60 euro di ticket, prima data utile a Settembre. Pagando 125Euro posso farla giorni dopo in un’istituto a Terontola, pagando 320Euro posso farla il giorno stesso. Probabilmente pagando 3000Euro avrei potuta farla prima di farmi male, viaggiando nel tempo sfruttando un effetto quantistico delle macchine di ora. Opto per 125Euro, tanto, non cambia nulla.
Faccio la risonanza, mi infilano dentro il tubo senza chiedermi niente e senza poter dire niente, perchè l’istituto è una catena di montaggio per risonanze e non c’è modo di parlare con chi esegue. Il referto mi lascia perplesso, perchè in pratica risulta che non ho praticamente niente. Mi hanno fatto la risonanza come si farebbe ad un vecchio, ad uno qualunque.
Ma questa è la fredda cronaca. Perchè quella settimana è stata una delle esperienze più… più… a distanza di tempo, devo dire, più sorprendenti che abbia mai fatto.
Per prima cosa, le persone intorno a me, i miei amici, i miei colleghi, i miei capi, colleghi che sento solo per telefono, compagni di viaggio, si sono dimostrate molto affettuose, come non avrei mai pensato. Saputo che mi ero fatto male (e il motivo… che per uno al di fuori di questi giochi è un motivo idiota), si sono tutti interessati e sono stati tutti molto premurosi. Tanto per dire, Gianni e Paolo, i colleghi con cui faccio il pezzo dalla stazione al lavoro, mi hanno portato a forza la valigetta da ingegnere per tutta la settimana che sono stato con il braccio al collo, troppo gentili! Ancora oggi, a distanza di tempo, c’è chi mi chiede, specificatamente, del mio pettorale. Cioè… si ricorda di me, un atto che presuppone che abbia lasciato traccia nella sua testa. Questa cosa mi meraviglia sempre.
Nella famosa settimana ho fatto quello che non andrebbe fatto ma che tanto tutti facciamo in queste situazioni: sono andato a razzolare su Internet per capire cosa avevo. In italiano non c’è molto, perciò ho googlato con pectoralis injuries, tendon tear, pectoralis tear e parolette simpatiche del genere. Ho capito che il tendine del pettorale non poteva essere rotto, per la sua complessità, per il dolore immane che ne scaturirebbe e principalmente per le foto che ho trovato, raccapriccianti.
Poi, però, ho trovato cosa succede se il muscolo del pettorale si lacera, tutto. E ho visto le foto degli interventi di sutura. Da brivido. Poi ho trovato un test. Se il pettorale si lesiona e si lacera, il capezzolo tende a calare. Non solo, ma muovendo il braccio in avanti il pettorale non "segue" il braccio. Allo specchio… un capezzolo era, sembrava, appariva, me lo sono immaginato, più basso. Ma, in più, per la piccola escursione di movimento che avevo, la tetta non si muoveva!
In quel momento mi sono spaventato. Che ***** avevo… e come l’avrei curato? Cosa sarebbe rimasto? Immaginatevi, se potete, di essere colpiti in quello che avete di più caro. Ok, lo so che è quasi vergognoso scrivere queste cose, perchè le cose serie sono la famiglia, i figli e tutto il resto. Ma tanto, sappiamo tutti che quando "quelle cose lì" sono ok, c’è anche altro. Immaginatevi di colpo di essere degli invalidi nell’attività che più vi piace, o di ritrovarvi deformati nel vostro corpo a cui voi, come me, tenete.
Ho poi avuto un pensiero, un flash, qualcosa che dura quanto un movimento colto con la coda dell’occhio. Ho pensato: "ma se non posso fare più tutto questo" (i pesi, ovviamente) "cosa penseranno gli altri di me?" Ecco, lì ho vacillato. Mi sono spaventato. Non tanto per lo strappo, ma per quello che avevo pensato.
L’evento impronunciabile ha fatto venire alla luce qualcosa con cui pensavo aver fatto i conti circa 20 anni fa. Io sono un tipo che fa autoanalisi, che si mette sempre in discussione, che si fa 3000 seghe mentali… pensavo di aver superato questa fase, quella del dimostrare a se stessi e agli altri non si sa bene cosa (sintetizzo, non vorrei narcotizzarvi), invece, di botto, come un pugno nello stomaco è tornata prepotentemente fuori. Quanto, cioè, quello che faccio influenza quello che sono? E il non poterlo più fare… cosa lascia di me? E’ chiaro che io esisto indipendentemente da questa roba, che il mio "valore" non dipende da quanto faccio di panca, però, *****… non è così, se sono preoccupato di questo.
Quanto tutto questo è un hobby, quanto un dovere, quanto un piacere, quanto una schiavitù, quanto è penetrato dentro di me da rendermi dipendente? Perchè è 23 anni che io faccio queste *******te, sono io che le controllo o loro che controllano me? Sono io o ho una maschera che mi è penetrata nella carne e non la posso più togliere?
Avete mai visto The Wall? Io si, circa 200 volte, su tutti i media del pianeta. Pinky ha costruito un muro per difendersi, ma non può più uscire.
Ho sempre pensato che le persone si giudicano sotto stress. Bene, io sotto stress non valevo niente. Questo era il triste responso dell’applicazione delle regole con cui io faccio due palle a tutti.
Quando ho capito la gravità delle implicazioni, sono uscito di casa e ho passeggiato per circa 2 ore sulla Statale.
In più, questo stato di prostrazione psicologica mi faceva sentire una vera ***** proprio perchè il motivo era del tutto stupido: ok per il cambiamento, ok per la percezione di se, ok per tutto, ma… Cristo… non è che mi avevano amputato un braccio. "C’è gente che sta peggio di me e non rompe i coglioni così" mi ripetevo. Però… niente, era più forte di me. Mia moglie mi è stata molto vicino, comprensiva nel cercare di capire l’incomprensibile, perchè, ragazzi, questa è una cosa incomprensibile per i più.
Devo dire che Valerio si è fatto carico di ciucciarsi le mie telefonate di ore, per tutta la settimana fatidica. Mai persona si è dimostrata disponibile verso un’altro essere umano come Valerio, e non so se io al contrario sarei stato così attento.
Valerio fa vedere le foto (perchè nell’assurdità di quelli come noi, è assolutamente normale scambiarsi le foto degli infortuni) del pettorale al suo ortopedico di fiducia. Colgo l’occasione per andare da lui a farmi visitare, perchè ha un appuntamento disponibile il giorno dopo la risonanza. Perciò, un’altra pazzia: andare a farsi visitare a Roma.
Piccola parentesi. Nella sfortuna, questo evento ha del positivo: lo stesso giorno ha appuntamento dallo stesso dottore anche Davide, Powerfull sui vari forum, che si è fatto male alla schiena nel riappoggiare un bilanciere sul rack. Davide è una specie di Superman, in più è simpaticissimo e buonissimo. E’ accompagnato da degli amici stupendi e passiamo dopo un bel pomeriggio a chiacchierare.
Sono molto agitato quando entro dal dottore. Legge la risonanza e dice "quando fanno una risonanza ad un atleta dovrebbero guardarla meglio". Mi fa stendere sul lettino e comincia a toccarmi seguendo un percorso, è evidente dal fatto che ovunque mi tocca mi fa male. Altri movimenti, altri test con le braccia in varia posizione. Sono dovuto venire fino a Roma, ma so già che ne è valsa la pena.
Questa è la diagnosi: mi sono strappato parte del capo corto del bicipite, parte del pettorale clavicolare esterno, quasi tutto il coracobrachiale. Mi sono salvato dalla lacerazione totale perchè c’era il rack su cui ho potuto lasciar cadere il peso, altrimenti la contrazione muscolare in uno stato di lesione del genere avrebbe amplificato la lacerazione. Nemmeno uno spotter mi avrebbe salvato.
Però… si guarisce. Per altri 20 giorni devo fare riposo e automassaggio, prendere della vitamina C ed E (mi pare, non mi ricordo bene), poi per 2 mesi non usare assolutamente il braccio per alcun esercizio se non fare delle contrazioni del pettorale premendo le mani fra di se.
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