E’ dal 2004 che frequento i forum di bodybuilding e powerlifting. Dopo 23 anni di pesi, 3 di forum, 1 e mezzo di PL, dopo aver conosciuto persone eccezionali, virtuali e reali, dopo essere riuscito ad infortunarmi in svariati modi (l’ultimo dei quali all’articolazione sacroiliaca sinistra di cui ignoravo l’esistenza), dopo averle provate tutte, dopo aver letto di tutto… fiuuuuuuu vorrei fare il punto della situazione di quello che ho capito e che vorrei fare.
Parlerò di argomenti “avanzati”, di cose che il principiante non ha ancora affrontato e non deve affrontare (ma che se conosce è meglio per lui), di problematiche per chi è molto che si allena ad un livello buono. Ve lo preannuncio, sarà un “articolo” un pochino snob, con quel tono di “colui che sa” che tanto infastidisce anche me. Però vi prego di avere pazienza, sopportatemi! Sarò anche provocatorio e assolutista, ma del resto un po’ vi devo incuriosire, no
Darò una risposta alla madre di tutte le domande (fate tutti “oooooooh”): esiste una legge universale sempre vera che mi dica cosa si deve fare per diventare sempre più grossi e più forti?
Incredibile, la risposta è: esiste, ma… non so quanto vi piacerà. Non solo: questa risposta vi sembrerà confusa e assurda per i vostri fini, ma continuate a leggere. Arriveremo in questo e in altri articoli al dunque.
Vedetela comunque anche al contrario: se esiste questa legge, comprenderla vi permetterà di capire perché le cose non funzionano (quando non funzionano), dato che basterà studiarne la negazione.
Una precisazione metodologica: per apprendere cose nuove dovete purgare la vostra mente di preconcetti, di schemi mentali che frenano l’apprendimento. Questa frase che sa di mistico e che serve a fare scena nei corsi di autocoscienza, nel nostro caso si esplicita così: dovete smettere di pensare a tutto quello che ruota intorno al nostro organismo in termini di “mi serve per diventare grosso”.
C’è cioè una forma mentis del palestraro medio che lo porta a mantenere nel cervello solo le informazioni che riguardano la “grossezza muscolare”. Il resto non serve. Alla fine sembra che le fibre rosse poco ipertrofizzabili siano una malformazione congenita oppure non si capisce perché debba esistere un ormone catabolico, perciò demoniaco, come il cortisolo: possibile che l’organismo permetta l’esistenza di queste aberrazioni? Chi fa così, ragiona a senso unico. E, fidatevi, questo senso è sicuramente sbagliato e porta ad un vicolo cieco. Prima abbandonate questa visione, prima imparerete qualcosa.
Perciò, per capire come mai certi allenamenti funzionano e altri no, dovete considerare il bodybuilding come un sottoinsieme molto ridotto della vostra attività primaria: la sopravvivenza.
Il compito ultimo del vostro corpo è sopravvivere all’ambiente intorno a lui. Questo e basta. Non è fatto per avere il six pack addominale o i femorali a goccia, perciò non sa distinguere fra un hack squat, una pressa orizzontale o un macigno che dovete sostenere per non essere schiacciati. La sopravvivenza all’ambiente per perpetrare la vita è il fine ultimo di ogni organismo del pianeta, dal paramecio più insignificante che non ha coscienza della sua esistenza allo scienziato che studia i primi microsecondi dell’Universo alla ricerca di Dio.
La sopravvivenza si attua con un adattamento agli stimoli che l’ambiente stesso fornisce. Viceversa, l’adattamento è la strategia che l’organismo attua per sopravvivere.
Se l’adattamento è la chiave, l’adattamento va studiato. Il modello attualmente accettato definisce adattamento come la messa in atto di una soluzione che un individuo fornisce a un determinato problema postogli dall’ambiente. L’ipertrofia è uno e mi raccomando, uno, degli adattamenti che il corpo attua per sopravvivere all’ambiente. Non c’è niente di miracoloso, semplicemente siamo noi che gli diamo tutta questa importanza. Noi frequentatori delle palestre. Chi è un patito di videogiochi (io lo sono, perciò farò sempre questo esempio), sviluppa nuove abilità di coordinazione mani-occhi e riesce a finire i quadri a livelli sempre più terrificanti.
Se una macchina avesse le stesse vostre capacità di adattamento, diventerebbe una 4×4 su un terreno sconnesso e una macchina da corsa in pista. Invece questo non è possibile, e noi siamo costretti ad avere due oggetti diversi per due ambienti diversi. Il corpo umano invece può affrontare entrambe le situazioni.
Considerate però questo ulteriore aspetto: il corpo umano si adatta all’ambiente ottimizzando al massimo la soluzione al problema che l’ambiente stesso gli ha posto: è il principio dell’efficienza, l’adattamento si manifesta con le risorse minimali per risolvere il problema. Quelle e null’altro, perché disperdere energie per uno scopo che va oltre la richiesta imposta dall’ambiente si risolverebbe con uno spreco e una carenza per sopperire ad altri stimoli. L’adattamento è, perciò, specifico. Banale: possiamo essere molto forti ma non molto resistenti. Possiamo essere entrambe le cose, ma non allo stesso livello di performance delle due singole richieste. Perché nel primo caso il “problema” sarà “essere forti” o “essere resistenti” e l’adattamento sarà specifico, nel secondo caso il “problema” sarà “essere forti E resistenti” cioè un problema diverso e più complesso. Voi siete sempre voi: le risorse sono le stesse e si ripartiscono semplicemente in maniera diversa.
Voi sopravvivete per una risposta specifica ad uno stimolo. L’attività in palestra rappresenta una metafora di questa situazione, una specie di commedia della vita: l’allenamento è il “problema” che l’ambiente vi pone, la risposta all’allenamento è l’adattamento a questo problema. Adattarsi per sopravvivere alla palestra.
Ma come l’adattamento si manifesta? Cioè come la “soluzione” al “problema” evolve nel tempo? Una delle “leggi” universali la cui applicazione ci servirà per migliorare sempre è quella che Zatsiorsky definisce accommodation law e che Poliquin chiama legge degli miglioramenti decrescenti (per la cronaca, sappiate che quando cito Zatsiorsky io ho letto UN UNICO suo libro, cioè tutto questo puzzo per un libro solo, mah…).
La accommodation law asserisce che un oggetto biologico sottoposto a stimoli costanti risponde con adattamenti decrescenti allo stimolo stesso. Marchiate a fuoco questa frase nei vostri neuroni perché è questa che determina il successo dei vostri allenamenti. Questa, e null’altro.
La figura successiva è una esemplificazione di quanto asserito. Mi raccomando: una esemplificazione, che non significa rappresentazione esatta.
Il “problema” che l’ambiente vi pone è la “prestazione obbiettivo” che volete raggiungere.
Supponete che vi si rompa l’ascensore e siate costretti a farvi 5 piani a piedi, cosa succede? Il problema consiste nel sopravvivere alle 5 rampe di scale, lo stimolo è fare sempre le scale a piedi. Se la prima volta dovete stare attenti a non inciampare nella vostra lingua, dopo poche volte riuscite a farcela con molta meno difficoltà e dopo poche volte ancora sarà quasi normale fare 5 piani di scale a piedi. Vi siete adattati allo stimolo e non c’è bisogno di migliorare ulteriormente.
Una volta raggiunto l’adattamento, non c’è motivo per cui l’organismo “migliori” ancora. In altre parole, all’inizio, nel tempo T1 otterrete un buon miglioramento, che chiameremo P1. ma nei successivi intervalli di tempo identici fra loro, il miglioramento sarà sempre meno. Per l’efficienza dell’adattamento stesso, è più conveniente non dirottare energie nel miglioramento di un qualcosa che non ha bisogno di essere migliorato.
Chiaramente, c’è un limite a tutto questo: se le rampe fossero 100 fareste un botto alla prima. Cioè accadrebbe una cosa del genere:
Se l’adattamento richiesto è troppo, il vostro organismo non ce la fa, e crolla. Potete abbronzarvi se sottoponete la vostra pelle al giusto tempo sotto il sole, mentre se la prima volta che andate al mare vi piazzate nudi alle 2 di pomeriggio senza crema protettiva, l’unica cosa che potete fare è sperare di avere un pronto soccorso vicino perché la flessione della curva del disegno equivale ad una ustione di secondo grado.
Se invece di 100 rampe di scale, queste fossero 10, cioè un “problema” difficile ma non impossibile, ecco il risultato:
Riuscite cioè ad adattarvi all’ambiente, ma non potete mantenere questo adattamento. Perché, come sempre, l’adattamento è un processo dinamico, un equilibrio instabile. 10 piani di scale si possono fare continuativamente solo se siete in salute, se non avete borse della spesa, se avete dormito bene di notte, se… Per “stimolo” infatti si intende la somma di tutte le richieste ambientali, i 10 piani E tutto il resto. Tutte queste cose possono variare anche nel caso di 5 piani, ma la somma di tutti gli stimoli compresi i 5 piani anche nel peggiore dei casi è sempre sopportabile dal vostro organismo, mentre se sostituite 5 con 10, ci saranno momenti in cui lo stimolo totale è oltre la capacità di adattamento del vostro organismo, e ricadete nel disegno con la curva che crolla.
Non so se riuscite ad intravedere un collegamento con quello che fate in palestra: come mai riuscite a fare uno spettacolare massimale oggi al termine del megaprogramma russo ma domani implodete su voi stessi? Perché il massimale è uno stimolo inadattabile. Se lo fosse, non sarebbe un massimale, ma qualcosa di gestibile in qualunque condizione, cioè uno stimolo non massimale… Mi raccomando: per “massimale” non si intende solo la singola di squat, ma una qualunque attività al limite, anche una serie 1×20 o 2 ore di cyclette a 200 battiti al minuto. Quando centrate un massimale avete raggiunto il culmine dell’adattamento specifico alla domanda che avete espresso al vostro organismo, e lo avete raggiunto nelle condizioni interne ed esterne ottimali. Come tutte le attività al limite, un cambiamento infinitesimale di una qualunque di queste condizioni vi porta a non essere in grado di ottenerlo di nuovo.
Ok, ma a noi di fare 5 piani di scale non ce ne può fregare di meno, perché tanto non ci fanno diventare le gambe grosse, possiamo prendere l’ascensore. Ecco un esempio che ci piace di più: supponete di fare squat sempre e solo in 3×8. All’inizio otterrete un buon miglioramento nel senso che riuscirete a mettere sempre più peso sul bilanciere, ma successivamente, il miglioramento sarà sempre più ridotto, e alla fine cesserà.
C’è una differenza sostanziale fra i 5 piani di scale e questo 3×8.
Nell’esempio precedente lo stimolo è veramente fisso (i 5 piani di scale), nello squat il carico varia di volta in volta, cioè lo stimolo è sempre incrementato. Perciò la progressione cessa se ad esempio lo stimolo è troppo elevato, cioè se carico troppo.
Se caricassi di meno, o con incrementi sempre più piccoli, potrei proseguire. Oppure, potrei fare un 3×8 a carico costante, adattarmi, poi incrementare nuovamente il carico, adattarmi e così via. Posso incrementare sempre di meno il peso, in maniera da poter riuscire ad adattarmi comunque. Cioè potrei fare così:
Notate che se possiamo vincere diverse battaglie alla fine la accommodation law vince la guerra: la curva tratteggiata che inviluppa i singoli pezzi di adattamento è un’altra versione della solita curva! State facendo sempre le solite cose e questo porta all’adattamento del vostro corpo e perciò alla fine i miglioramenti cessano, perché
A) lo stimolo diventa comunque troppo intenso. Se avete 150Kg di massimale, anche se partite con 3×8x20Kg, alla fine non riuscirete mai a fare 3×8x150Kg con questo metodo. Spero che non ci sia da discutere su questo punto.
Oppure accade questo
B) gli incrementi di peso sono così contenuti che non vengono più percepiti, perciò state sottoponendo il vostro corpo a stimoli costanti, a cui segue la stasi.
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