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Discussione: La legge universale dell'allenamento

  1. #1
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    Predefinito La legge universale dell'allenamento

    E’ dal 2004 che frequento i forum di bodybuilding e powerlifting. Dopo 23 anni di pesi, 3 di forum, 1 e mezzo di PL, dopo aver conosciuto persone eccezionali, virtuali e reali, dopo essere riuscito ad infortunarmi in svariati modi (l’ultimo dei quali all’articolazione sacroiliaca sinistra di cui ignoravo l’esistenza), dopo averle provate tutte, dopo aver letto di tutto… fiuuuuuuu vorrei fare il punto della situazione di quello che ho capito e che vorrei fare.

    Parlerò di argomenti “avanzati”, di cose che il principiante non ha ancora affrontato e non deve affrontare (ma che se conosce è meglio per lui), di problematiche per chi è molto che si allena ad un livello buono. Ve lo preannuncio, sarà un “articolo” un pochino snob, con quel tono di “colui che sa” che tanto infastidisce anche me. Però vi prego di avere pazienza, sopportatemi! Sarò anche provocatorio e assolutista, ma del resto un po’ vi devo incuriosire, no

    Darò una risposta alla madre di tutte le domande (fate tutti “oooooooh”): esiste una legge universale sempre vera che mi dica cosa si deve fare per diventare sempre più grossi e più forti?

    Incredibile, la risposta è: esiste, ma… non so quanto vi piacerà. Non solo: questa risposta vi sembrerà confusa e assurda per i vostri fini, ma continuate a leggere. Arriveremo in questo e in altri articoli al dunque.

    Vedetela comunque anche al contrario: se esiste questa legge, comprenderla vi permetterà di capire perché le cose non funzionano (quando non funzionano), dato che basterà studiarne la negazione.
    Una precisazione metodologica: per apprendere cose nuove dovete purgare la vostra mente di preconcetti, di schemi mentali che frenano l’apprendimento. Questa frase che sa di mistico e che serve a fare scena nei corsi di autocoscienza, nel nostro caso si esplicita così: dovete smettere di pensare a tutto quello che ruota intorno al nostro organismo in termini di “mi serve per diventare grosso”.

    C’è cioè una forma mentis del palestraro medio che lo porta a mantenere nel cervello solo le informazioni che riguardano la “grossezza muscolare”. Il resto non serve. Alla fine sembra che le fibre rosse poco ipertrofizzabili siano una malformazione congenita oppure non si capisce perché debba esistere un ormone catabolico, perciò demoniaco, come il cortisolo: possibile che l’organismo permetta l’esistenza di queste aberrazioni? Chi fa così, ragiona a senso unico. E, fidatevi, questo senso è sicuramente sbagliato e porta ad un vicolo cieco. Prima abbandonate questa visione, prima imparerete qualcosa.

    Perciò, per capire come mai certi allenamenti funzionano e altri no, dovete considerare il bodybuilding come un sottoinsieme molto ridotto della vostra attività primaria: la sopravvivenza.

    Il compito ultimo del vostro corpo è sopravvivere all’ambiente intorno a lui. Questo e basta. Non è fatto per avere il six pack addominale o i femorali a goccia, perciò non sa distinguere fra un hack squat, una pressa orizzontale o un macigno che dovete sostenere per non essere schiacciati. La sopravvivenza all’ambiente per perpetrare la vita è il fine ultimo di ogni organismo del pianeta, dal paramecio più insignificante che non ha coscienza della sua esistenza allo scienziato che studia i primi microsecondi dell’Universo alla ricerca di Dio.

    La sopravvivenza si attua con un adattamento agli stimoli che l’ambiente stesso fornisce. Viceversa, l’adattamento è la strategia che l’organismo attua per sopravvivere.

    Se l’adattamento è la chiave, l’adattamento va studiato. Il modello attualmente accettato definisce adattamento come la messa in atto di una soluzione che un individuo fornisce a un determinato problema postogli dall’ambiente. L’ipertrofia è uno e mi raccomando, uno, degli adattamenti che il corpo attua per sopravvivere all’ambiente. Non c’è niente di miracoloso, semplicemente siamo noi che gli diamo tutta questa importanza. Noi frequentatori delle palestre. Chi è un patito di videogiochi (io lo sono, perciò farò sempre questo esempio), sviluppa nuove abilità di coordinazione mani-occhi e riesce a finire i quadri a livelli sempre più terrificanti.

    Se una macchina avesse le stesse vostre capacità di adattamento, diventerebbe una 4×4 su un terreno sconnesso e una macchina da corsa in pista. Invece questo non è possibile, e noi siamo costretti ad avere due oggetti diversi per due ambienti diversi. Il corpo umano invece può affrontare entrambe le situazioni.

    Considerate però questo ulteriore aspetto: il corpo umano si adatta all’ambiente ottimizzando al massimo la soluzione al problema che l’ambiente stesso gli ha posto: è il principio dell’efficienza, l’adattamento si manifesta con le risorse minimali per risolvere il problema. Quelle e null’altro, perché disperdere energie per uno scopo che va oltre la richiesta imposta dall’ambiente si risolverebbe con uno spreco e una carenza per sopperire ad altri stimoli. L’adattamento è, perciò, specifico. Banale: possiamo essere molto forti ma non molto resistenti. Possiamo essere entrambe le cose, ma non allo stesso livello di performance delle due singole richieste. Perché nel primo caso il “problema” sarà “essere forti” o “essere resistenti” e l’adattamento sarà specifico, nel secondo caso il “problema” sarà “essere forti E resistenti” cioè un problema diverso e più complesso. Voi siete sempre voi: le risorse sono le stesse e si ripartiscono semplicemente in maniera diversa.

    Voi sopravvivete per una risposta specifica ad uno stimolo. L’attività in palestra rappresenta una metafora di questa situazione, una specie di commedia della vita: l’allenamento è il “problema” che l’ambiente vi pone, la risposta all’allenamento è l’adattamento a questo problema. Adattarsi per sopravvivere alla palestra.

    Ma come l’adattamento si manifesta? Cioè come la “soluzione” al “problema” evolve nel tempo? Una delle “leggi” universali la cui applicazione ci servirà per migliorare sempre è quella che Zatsiorsky definisce accommodation law e che Poliquin chiama legge degli miglioramenti decrescenti (per la cronaca, sappiate che quando cito Zatsiorsky io ho letto UN UNICO suo libro, cioè tutto questo puzzo per un libro solo, mah…).
    La accommodation law asserisce che un oggetto biologico sottoposto a stimoli costanti risponde con adattamenti decrescenti allo stimolo stesso. Marchiate a fuoco questa frase nei vostri neuroni perché è questa che determina il successo dei vostri allenamenti. Questa, e null’altro.

    La figura successiva è una esemplificazione di quanto asserito. Mi raccomando: una esemplificazione, che non significa rappresentazione esatta.

    Il “problema” che l’ambiente vi pone è la “prestazione obbiettivo” che volete raggiungere.

    Supponete che vi si rompa l’ascensore e siate costretti a farvi 5 piani a piedi, cosa succede? Il problema consiste nel sopravvivere alle 5 rampe di scale, lo stimolo è fare sempre le scale a piedi. Se la prima volta dovete stare attenti a non inciampare nella vostra lingua, dopo poche volte riuscite a farcela con molta meno difficoltà e dopo poche volte ancora sarà quasi normale fare 5 piani di scale a piedi. Vi siete adattati allo stimolo e non c’è bisogno di migliorare ulteriormente.

    Una volta raggiunto l’adattamento, non c’è motivo per cui l’organismo “migliori” ancora. In altre parole, all’inizio, nel tempo T1 otterrete un buon miglioramento, che chiameremo P1. ma nei successivi intervalli di tempo identici fra loro, il miglioramento sarà sempre meno. Per l’efficienza dell’adattamento stesso, è più conveniente non dirottare energie nel miglioramento di un qualcosa che non ha bisogno di essere migliorato.

    Chiaramente, c’è un limite a tutto questo: se le rampe fossero 100 fareste un botto alla prima. Cioè accadrebbe una cosa del genere:


    Se l’adattamento richiesto è troppo, il vostro organismo non ce la fa, e crolla. Potete abbronzarvi se sottoponete la vostra pelle al giusto tempo sotto il sole, mentre se la prima volta che andate al mare vi piazzate nudi alle 2 di pomeriggio senza crema protettiva, l’unica cosa che potete fare è sperare di avere un pronto soccorso vicino perché la flessione della curva del disegno equivale ad una ustione di secondo grado.

    Se invece di 100 rampe di scale, queste fossero 10, cioè un “problema” difficile ma non impossibile, ecco il risultato:

    Riuscite cioè ad adattarvi all’ambiente, ma non potete mantenere questo adattamento. Perché, come sempre, l’adattamento è un processo dinamico, un equilibrio instabile. 10 piani di scale si possono fare continuativamente solo se siete in salute, se non avete borse della spesa, se avete dormito bene di notte, se… Per “stimolo” infatti si intende la somma di tutte le richieste ambientali, i 10 piani E tutto il resto. Tutte queste cose possono variare anche nel caso di 5 piani, ma la somma di tutti gli stimoli compresi i 5 piani anche nel peggiore dei casi è sempre sopportabile dal vostro organismo, mentre se sostituite 5 con 10, ci saranno momenti in cui lo stimolo totale è oltre la capacità di adattamento del vostro organismo, e ricadete nel disegno con la curva che crolla.

    Non so se riuscite ad intravedere un collegamento con quello che fate in palestra: come mai riuscite a fare uno spettacolare massimale oggi al termine del megaprogramma russo ma domani implodete su voi stessi? Perché il massimale è uno stimolo inadattabile. Se lo fosse, non sarebbe un massimale, ma qualcosa di gestibile in qualunque condizione, cioè uno stimolo non massimale… Mi raccomando: per “massimale” non si intende solo la singola di squat, ma una qualunque attività al limite, anche una serie 1×20 o 2 ore di cyclette a 200 battiti al minuto. Quando centrate un massimale avete raggiunto il culmine dell’adattamento specifico alla domanda che avete espresso al vostro organismo, e lo avete raggiunto nelle condizioni interne ed esterne ottimali. Come tutte le attività al limite, un cambiamento infinitesimale di una qualunque di queste condizioni vi porta a non essere in grado di ottenerlo di nuovo.

    Ok, ma a noi di fare 5 piani di scale non ce ne può fregare di meno, perché tanto non ci fanno diventare le gambe grosse, possiamo prendere l’ascensore. Ecco un esempio che ci piace di più: supponete di fare squat sempre e solo in 3×8. All’inizio otterrete un buon miglioramento nel senso che riuscirete a mettere sempre più peso sul bilanciere, ma successivamente, il miglioramento sarà sempre più ridotto, e alla fine cesserà.

    C’è una differenza sostanziale fra i 5 piani di scale e questo 3×8.
    Nell’esempio precedente lo stimolo è veramente fisso (i 5 piani di scale), nello squat il carico varia di volta in volta, cioè lo stimolo è sempre incrementato. Perciò la progressione cessa se ad esempio lo stimolo è troppo elevato, cioè se carico troppo.

    Se caricassi di meno, o con incrementi sempre più piccoli, potrei proseguire. Oppure, potrei fare un 3×8 a carico costante, adattarmi, poi incrementare nuovamente il carico, adattarmi e così via. Posso incrementare sempre di meno il peso, in maniera da poter riuscire ad adattarmi comunque. Cioè potrei fare così:


    Notate che se possiamo vincere diverse battaglie alla fine la accommodation law vince la guerra: la curva tratteggiata che inviluppa i singoli pezzi di adattamento è un’altra versione della solita curva! State facendo sempre le solite cose e questo porta all’adattamento del vostro corpo e perciò alla fine i miglioramenti cessano, perché
    A) lo stimolo diventa comunque troppo intenso. Se avete 150Kg di massimale, anche se partite con 3×8x20Kg, alla fine non riuscirete mai a fare 3×8x150Kg con questo metodo. Spero che non ci sia da discutere su questo punto.
    Oppure accade questo
    B) gli incrementi di peso sono così contenuti che non vengono più percepiti, perciò state sottoponendo il vostro corpo a stimoli costanti, a cui segue la stasi.

  2. #2
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    Voglio ripetervelo con altre parole perché questo è il fulcro del tutto: il corpo risponde agli stimoli con un adattamento. Stimolo = allenamento, adattamento = miglioramento. Se lo stimolo non è sufficiente, non c’è miglioramento. Se lo stimolo è troppo, è inadattabile, perciò niente miglioramento. Se lo stimolo è statico, sempre uguale, l’adattamento c’è ma poi cessa, perciò non si migliora più.

    Vi riconoscete in situazioni simili? Io si! I miei primi cicli di allenamento prevedevano di incrementare il carico ogni volta che raggiungevo, che so… 3×6 con un certo peso, poi incrementavo di 5Kg e ripartivo da un 3×4, cercavo di “abituarmi” al carico e incrementavo di 1 o due ripetizioni. Alla fine, situazione A o situazione B. Inutile che ridiate, vi vedo. E so benissimo che anche voi avete fatto così, con gli stessi, identici risultati.
    Bingo! Ma allora io passo da 3×8 a 4×6, poi a 5×3 e il peso continua a crescere! Arrivo a fine ciclo e prima che ci sia la stasi, scarico il peso e riparto con un po’ di Kg in più. Grande! Evvai, fottuta la accommodation law. E, funziona!



    Ogni piccola curva è un gruppo 3×8, 5×4, 6×3, tenuto per un po’ e poi variato. Nel primo caso continuo sempre ad incrementare il peso, nel secondo sono ancora più furbo e torno un po’ indietro. Chiaro che cambiando tipo di stimolo il miglioramento prosegue: se il carico cresce, il lavoro da fare con quel carico diminuisce, mantenendosi sopportabile per l’organismo. Perfetto. Posso continuare così all’infinito. Del resto, ho trovato una strategia che mi permette di andare avanti per mesi, no?
    Nel tempo, però, anche questa strategia mostra la corda. Il disegno successivo mostra un comportamento classico ripetendo cicli su cicli, i gruppi successivi mostrano sempre meno miglioramento rispetto ai gruppi precedenti. Incredibile! L’inviluppo è sempre la solita curva!


    Facevate tanto i ganzini, ma è stata l’accommodation law a fottere voi!
    Il problema è che gruppi di 3×8-5×4-6×3 su una scala temporale più ampia sono sempre la stessa struttura allenante. Perciò, ricascate nei casi descritti precedentemente, situazione A o situazione B.
    E’ chiaro che stiamo parlando di una evoluzione che magari è annuale, perciò nel frattempo avrò ottenuto miglioramenti fuori dal comune, ma io mi rivolgo a coloro che si allenano da anni, 5, 10, 15 anni, non al tizio che ti dice con la sigaretta in bocca che “è quasi 2 anni che mi alleno!” Come riuscire ad allenarsi nel tempo senza incorrere nello stallo?

    Per anni ho fatto cicli di panca per migliorare il massimale, e tutti terminavano con cose tipo 3×3, 2×2, 1×1. Era come sbattere in un muro. Sono partito anche da cose tipo 10×10 con 1’ di recupero, ma… niente. Eppure all’inizio funzionavano così bene… Il problema è che dilatando la scala temporale, ci ritroviamo al solito punto: facciamo sempre le stesse cose, di anno in anno.

    Ancora, c’è un aspetto correlato alla mia legge preferita: la velocità di adattamento è proporzionale al livello di adattamento stesso. In altre parole, più siete forti, più i miglioramenti avverranno più velocemente e pertanto più velocemente arriverete all’adattamento e alla stasi!
    Disegnino, please!


    Se nel primo ciclo lo stimolo ha portato ad un certo miglioramento in due intervalli di tempo, nel secondo ciclo il miglioramento è molto inferiore ma anche avviene tutto nel primo intervallo di tempo! Questo accade perché voi siete diventati troppo bravi!

    Abbiamo infatti detto che l’adattamento è una strategia di sopravvivenza che il corpo attua con tutta una serie di tattiche. Queste tattiche sono specifiche, perciò tratteremo solo quelle relative ai nostri pesi. Ce ne sono tante altre, ovviamente: se camminate scalzi, la pelle dei vostri piedi si adatta diventando più spessa o, chi tragicamente diventa cieco ha un potenziamento di tutti gli altri sensi. Specificità.
    Nel caso del ferro spostato, le tattiche (alcune) di sopravvivenza sono, brevemente:
    a) Miglioramento del reclutamento delle fibre muscolari – un principiante riesce a contrarre il 40% delle sue fibre muscolari. Più sottoponete a carichi crescenti i vostri muscoli, più il vostro cervello si adatta a contrarre sempre più fibre
    b) Miglioramento della capacità di sincronizzare le contrazioni – più le fibre si contraggono in fase fra loro, più riuscite a generare forza. Questa capacità è allenabile, cioè a fronte di stimoli (carichi) il cervello si adatta a sincronizzare meglio i propri segnali elettrici
    c) Miglioramento della coordinazione intermuscolare: chiaro che se contraete i tricipiti quando fate un curl di bicipiti, non è che possiate andare da molte parti… ma ricordatevi di quando avete imparato a fare la panca e sparavate il bilanciere di lato o in avanti: imparato il movimento, la forza è aumentata.
    d) Aumento della massa contrattile muscolare, che è quella che tanto ci interessa.

    Di sfuggita, vi prego di notare che l’ultima tattica è la meno efficiente di tutte le altre, perché presuppone un apporto esterno: il cibo. Nessuno diventa più grosso se non mangia adeguatamente, mentre le altre forme di adattamento sono una ottimizzazione di quello che già c’è. Questo è il motivo ultimo per cui è più facile diventare forti che grossi: perché diventare grossi è antieconomico. Se per sopravvivere all’ambiente esterno ci occorresse più forza e questa dipendesse dalla nostra massa muscolare, chi non può accedere a risorse alimentari perirebbe: complessivamente la sopravvivenza della specie sarebbe minacciata. Pensateci: essere grossi è antievolutivo, per quanto a noi piaccia.

    Dovrebbe essere più agevole ora comprendere perché più siete “bravi” e più i cicli di allenamento arrivano prima allo stallo: quando il vostro corpo è stato ottimizzato in tutti i suoi aspetti, non c’è più niente da ottimizzare. Se all’inizio siete migliorati di 60Kg nella panca da 80Kg a 130Kg, avete adattato (cioè ottimizzato) tutti i meccanismi sopra esposti. Ulteriori adattamenti con gli stessi stimoli allenanti sono inferiori, dovuti alla quota residua di adattamento possibile. Poiché la quota residua di adattamento è proprio esigua, a fronte di uno stimolo ci vuole sempre meno per adattarsi.
    Ora abbiamo elementi per comprendere un aspetto fondamentale che è sorprendente: ogni ciclo di allenamento è destinato ad arrivare a termine. Sempre. E questo non è un “errore”, non si è sbagliato nulla. Perciò, non è una questione di scarico, di fatica, di troppo volume di lavoro. Anche se fate le cose al meglio, arriverete alla stasi.

    Questo è un punto importante che dovete assolutamente comprendere per evitare madornali errori. Molto spesso leggo di persone che non capiscono perché non migliorano più. Pensano di essere sovrallenati, di dover riposare, di rarefare gli allenamenti. Invece, semplicemente stanno eseguendo sempre la stessa roba e lo stimolo non è più adatto ad avere un miglioramento.

    Anticipando un concetto che svilupperò nei prossimi articoli, mi rivolgo principalmente a coloro che si allenano da anni con costanza, ottenendo molto o poco da quello che fanno. Persone che hanno magari “abbracciato” una filosofia di allenamento e che l’hanno attuata con passione. Faccio a loro degli esempi, sparsi:

    Esempio n°1: nell’HST, un metodo che prevede una progressione di carico in 6 settimane da 2×15 a 2×5 per 3 full body settimanali, ci sono al termine del ciclo 2 settimane di “decondizionamento strategico”. Leggetevi la trattazione. Poi ci sono tutta una serie di tattiche sui carichi e sui cicli. Tutto questo serve a permettervi di proseguire ancora con nuovi cicli di allenamento, di evitare l’adattamento. Il "decondizionamento strategico" vuole essere un sistema per perdere adattamento ed ovviare allo stallo.
    Il problema dell’HST, ma anche dell’EDT, del BIIO, di McRobert, dell’Heavy Duty, di tutti i “metodi”, cioè di sistemi buoni ma che determinano set di regole per allenarsi, è che queste regole generano stimoli che negli anni sono sempre uguali. Se, cioè, l’HST funziona la prima volta, la seconda volta, la terza volta, la quarta volta non funzionerà più perché voi sarete troppo bravi nel fare delle full body trisettimanali. Perciò o il carico è eccessivo, oppure è deallenante. Siete troppo bravi nel raggiungere velocemente il picco di forma.

    Esempio n° 2: Sono fermamente contrario all’uso dei microcarichi, proprio per l’accommodation law: quando l’incremento è dell’ordine di 125gr sui 100Kg della seduta precedente, non è più un incremento. E’ percepito sempre come se fosse lo stesso peso. Perciò, fine dei risultati. Ok, c’è gente che con i microcarichi va avanti 20 settimane. Ma cosa ottiene? E ancora, se incrementate di 50Kg in un anno da 80Kg a 130Kg di panca con i microcarichi, quanto riuscirete a fare l’anno successivo? Il punto è questo: come allenarsi per anni e anni con questo sistema? Adattamento, fine dei lavori.

    Quanti, cioè, che decantano le lodi di un metodo pur buono, si allenano allo stesso modo 5 anni dopo, o 10 anni dopo? Ben poche con risultati. Rifletteteci, poi amplieremo tutto questo. Cercate di capire il motivo dei vostri fallimenti in palestra.



    Vi prego di non sentirvi “offesi” per quello che ho scritto, e vi prego anche di avere l’umiltà di valutare il vostro stato di forma rispetto a quanto espresso: io mi rivolgo a persone che sono anni che si allenano con costanza. Chi non lo fa, si trova nella condizione del disegno sotto riportato, che ora risulta di più facile comprensione.
    La figura rappresenta la vostra evoluzione, con la linea tratteggiata l’andamento dell’adattamento ottimale. Voi non lo raggiungete mai. Inutile avere un programma perfetto se poi non viene eseguito. Pensate a questo: siete costanti? Se non lo siete, la accommodation law spiega perché non migliorate: il vostro corpo non ha nessuna esigenza di adattamento, dato che non lo sottoponete a stimoli, e quando lo fate, non riuscite ad arrivare alle vostre massime capacità di adattamento.

    Per questo molti metodi funzionano nel tempo: non arrivate mai a stressarli a pieno. Non arrivate mai ai vostri limiti, e quelli che pensate lo siano, in realtà… non lo sono. Perciò ogni volta ripartite da capo. Il punto è che il corpo si adatta a quello che si sta facendo. A fronte di uno stimolo, reagisce, ma a fronte della carenza di stimoli, reagisce lo stesso. Perché mantenere tessuto muscolare che richiede un apporto energetico esterno se questo tessuto non serve? E’ uno spreco, poca efficienza. Perciò, il tessuto muscolare viene eliminato. Perché mantenere dei segnali elettrici più elevati se questi non servono? E così via.

    Viceversa, i metodi di allenamento protratti nel tempo richiedono un adattamento costante nel tempo. Il corpo si adatta o, se non lo fa, crolla. Ma il destino di tutte le “ricette d’allenamento”, sia le più effimere, sia le più elaborate, è di arrivare a termine, perché non tengono conto delle mutate esigenze. Più tempo passa, più lo stesso stimolo diventa inadattabile: o siete già adattati, perciò state facendo una cosa inutile, o vi manca poco e rapidamente arrivate alla frutta, oppure l’adattamento è impossibile perchè richiederebbe degli stimoli oltre la vostra sopportazione.

    Vi prego di notare un aspetto importante: il “fallimento” di un metodo non dipende dal vostro stato di forma “assoluto”: Se consideriamo metodi di allenamento funzionanti (non cose illogiche come il Power Factor Training o le X-Reps Double Loading), questi metodi non falliscono, che so… quando arrivate a 130Kg di panca. Sarebbe come dire che chi fa 130Kg di panca non può allenarsi con il metodo Tizio, cosa che non è vera. Falliscono quando l’incremento di carico che avete raggiunto è tale che l’adattamento è massimo. Ciò significa che il tipo che entra in palestra e fa 100Kg di panca, potrà arrivare a 180Kg, ma poi il metodo fallirà, su di lui come su di voi che siete partiti da 60Kg.

    E’ una questione di incremento relativo al vostro punto di partenza. Nel mondo dei pesi questo aspetto non è mai considerato, e si riportano successi eclatanti perché si considerano i valori assoluti dei risultati ottenuti, non quelli relativi.

    La comprensione della accommodation law determina i nostri successi in palestra, per questo la interpreto come legge universale per la crescita: più passa il tempo, più le vostre strategie (non tattiche) di allenamento devono cambiare, ricercando stimoli sempre più complessi. Non è sorprendete? Tutto quello che fate è destinato ad avere una fine, anche la migliore delle schede. E se volete continuare a progredire, dovete evolvere, dovete continuamente rimettervi in gioco. Perchè siete sempre più bravi in quello che fate.

    In questo senso va intesa la frase "non esiste la scheda perfetta". Perchè se lo è adesso, non lo sarà più domani se voi avrete la possibilità di continuare ad allenarvi.
    Come attuare questi cambiamenti, quali stimoli scegliere, fa parte dell’arte di allenarsi. Arte intesa nel senso originario del termine, sapere unito ad abilità. Non teoria, non pratica ma una fusione delle due, la somma che vale più dei singoli addendi.

    Allenarsi è perciò un arte, che siete costretti ad apprendere se volete continuare a progredire per anni ed anni.
    La accommodation law è l’unica legge universale nell’allenamento, perchè modella un principio biologico che accomuna tutti noi: la sopravvivenza all’ambiente.

  3. #3
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    Molto interessante.

  4. #4
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    ..
    Ultima modifica di Su Malloru; 01-05-2007 alle 07:17 PM Motivo: Ritiro la domanda, mi sono già risposto

  5. #5
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    Vado a ripassare Analisi I
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  6. #6
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    [QUOTE=IronPaolo;263547]A fronte di uno stimolo, reagisce, ma a fronte della carenza di stimoli, reagisce lo stesso. Perché mantenere tessuto muscolare che richiede un apporto energetico esterno se questo tessuto non serve? E’ uno spreco, poca efficienza. Perciò, il tessuto muscolare viene eliminato. [QUOTE]

    Per fare un esempio banale: se io per 3-4anni faccio sempre 100kg di panca alla fine il mio corpo si abitua e comincio a perdere massa?

  7. #7
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    fantastico!! ... mettetelo in evidenza plz. che fra altri 2 annetti me lo ripasso tutto tutto!...


    W il gioco del Ferro!!

    Domandina[a-/] : x non adattarsi e variare lo stimolo vale anche il discorso di invertire tutti gli esercizi? qnd inizio dall'ultimo e finisco dal primo?

    spero di non essere andato off-topic

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da TheDuke Visualizza Messaggio

    Per fare un esempio banale: se io per 3-4anni faccio sempre 100kg di panca alla fine il mio corpo si abitua e comincio a perdere massa?

    se la massa che hai messo su serve per adattamento a fare i 100 kg di peso, non puoi perderla ,senno' non li fai piu...

  9. #9
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    Infatti, non perderai massa, ma non ne guadagnerai nemmeno.

    Anzi, c'è caso che, se fai sempre gli stessi 100Kg avrai aumentato la tua efficienza neuromuscolare, perciò i 100Kg li farai comunque anche se perderai massa.

  10. #10
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    92 Kg di cattiveria allo stato brado!!!
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    Riassumendo si può dire che il corpo umano reagisce con meccanismi adattivi decrecenti, a fronte di stimoli costanti, al fine del raggiungimento di un obbiettivo e nei limiti di una predeterminazione genetica.
    Vabbè: la cosa è ovvia. Il punto è un'altro secondo me e cioè che una volta ottimizzati i 3 parametri sub A);B);C), rimane ancora da migliorare la pianificazione alimentare che è l'unica cosa che ci permette, a parametri ottimizzati, di raggiungere il nostro vero potenziale genetico. Il fatto è che il 95% delle persone non riesce neanche ad ottimizzare i primi 3 punti. A parte questa considerazione che non era stata fatta e sviluppata, mi sento di darti ragione. Ultima cosa: purtroppo nel mondo del BB si supera pure il limite genetico, anche prima di averlo raggiunto (sigh!), con gli AAS.

  11. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da IronPaolo Visualizza Messaggio
    Anzi, c'è caso che, se fai sempre gli stessi 100Kg avrai aumentato la tua efficienza neuromuscolare, perciò i 100Kg li farai comunque anche se perderai massa.
    questa accade però "dopo 15 anni di stallo" giusto?

  12. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da TheDuke Visualizza Messaggio
    questa accade però "dopo 15 anni di stallo" giusto?
    Può accadere anche dopo due settimane

  13. #13
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    Citazione Originariamente Scritto da IronPaolo Visualizza Messaggio
    Infatti, non perderai massa, ma non ne guadagnerai nemmeno.

    Anzi, c'è caso che, se fai sempre gli stessi 100Kg avrai aumentato la tua efficienza neuromuscolare, perciò i 100Kg li farai comunque anche se perderai massa.
    Una volta avevo letto la domanda di un tizio che suonava più o meno così:
    "ai fini dell'ipertrofia non è dannoso sviluppare la forza massimale?'" il tipo sottolineave come la ricerca di incremento nei carichi per poter creare una condizione nuova di stress utile ad uno sviluppo dell'ipertrofia non era una cosa del tutto giusta, o perlomeno diceva che l'incremento dei carichi doveva essere l'ultima e sottolineo ultima condizione. Quindi asseriva che i cicli di forza e cmq le ripetizioni basse finalizzate alla forza dovevano essere utilizzate solo come ultima spiaggi per superare lo stallo..
    Si sarebbe dovuto procedere ad esempio così nella panca:
    classico 3x8 con 80kg una volta intravisto lo stallo procedere con
    un falso piramidale 10-8-6 sempre con 80kg
    poi chessò fare un 4x8 sempre con 80kg magari con un po meno di recupero, insomma bisognava giocare molto sul volume e sulla densità dell'allenamento, poi quando il volume e la densità erano molto elevate si aumentava il peso e si ripartiva da chessò un 3x8 se questo incremento non era sufficente e creava uno stallo quasi immediato si sarebbe dovuto procedere con un ciclo di forza..

  14. #14
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    Guarda Su, non me ne volere, ma prendo la citazione che hai fatto come un esempio classico e negativo, dato che l'ho sentita in varie salse molte volte.

    Lasciamo stare il discorso sull'ipertrofia e sui massimali su cui potremmo parlare per mesi. Il punto è proprio metodologico (non voglio essere troppo palloso con questo termine, ma è così).

    La domanda potrebbe essere formulata così: "se c'è uno stallo, che fare?"

    Quella che segue è una ricetta. Fai così, altrimenti fai cosà, altrimenti alla fine ma solo alla fine fai cosù.

    Ma... che significa? E' un flow chart, o l'istruzione di come si fa benzina al distributore. Cioè è una rappresentazione volutamente semplice (perciò semplicistica) di un problema complesso.

    Ritrovo queste ricettine nei trafiletti sparsi sulle riviste di culturismo, roba veloce, prova, great, vai così!

    Chiaro che magari funziona: si varia qualcosa, si dà una pedata, la macchina si rimette in moto. Ma dove và? Così è andare molto a caso.

    La risposta è invece banale: "si deve capire cosa non ha funzionato". Magari il tizio ha fatto ESATTAMENTE quello che è stato proposto. E poi ha stallato. Perciò che cosa fa, di nuovo quella roba?

    Ma capire cosa non ha funzionato presuppone di pensare.

  15. #15
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    Nell’articolo sulla accommodation law abbiamo identificato in questa la chiave del miglioramento continuo. Cerchiamo di approfondire come sia possibile applicare nella pratica questa legge.
    Per capire i meccanismi del “miglioramento personale” in ambito palestra dobbiamo conoscere sì i meccanismi reconditi del corpo umano, l’ingegneria genetica, la nanochimica più incredibile e le ultime novità in fatto di mega-integratori tecnologici, ma anche non possiamo prescindere dall’evoluzione nel tempo di noi stessi. Anzi, questo aspetto è trascurato quasi sempre ma è quello che permette di capire tutte le dinamiche successive.

    Mi spiego meglio. Se il giochino consiste nello spingere lo stimolo allenante costantemente in avanti, incrementandolo sempre, dobbiamo anche capire da dove partire. E’ cioè necessario identificare una specie di “scala prestazionale” dove ognuno di noi si posizionerà e sulla base della posizione agirà conseguentemente.
    Mi raccomando: non piace a nessuno essere giudicato da altri. Però una corretta rappresentazione di se stessi è fondamentale per poi attuare le tattiche giuste e migliorare. Cito uno studio che lessi una volta su Focus al cesso da mio cognato, l luogo della più profonda meditazione e delle intuizioni geniali: lo studio riguardava l’ambiete e asseriva che dal sondaggio fatto l’80% delle persone risultava molto sensibile ai problemi dell’inquinamento, ma anche l’80% delle persone riteneva che “gli altri” non lo fossero. Come è possibile… semplice: ognuno di noi ha una percezione delle proprie capacità più alta di quella che è in realtà. Tutti pensiamo di essere dei geni incompresi quando in realtà gli altri hanno compreso benissimo che siamo dei rompicoglioni (ahhhh scusate, non ho resistito).

    Perciò, nemmeno questa volta troverete la ricettina per fare 10Kg in più di curl per i bicipiti. Indicazioni più pratiche nella 3° parte. Qui no. Prendetelo come un articolo di “colore”.
    Ripeto con altre parole: l’esistenza di una scala prestativa in palestra implica un nostro posizionamento all’interno dei valori a cui noi ci riferiamo. Questi valori sono tali, appunto, in palestra. Al di fuori non contano assolutamente nulla. Non è che se fate 200Kg di panca avrete un aumento al merito o più donne cascheranno ai vostri piedi, anzi, di solito è l’esatto contrario.
    Le persone che bazzicano il mondo dei pesi si muovono su un percorso evolutivo simile a quello dei livelli di un videogioco:


    A grandi linee, non è che abbia scritto delle castronerie complete: via via che la vostra esperienza aumenta, le vostre competenze e capacità in palestra migliorano. I singoli livelli saranno commentati in seguito, però la sensazione è che esista una scala prestativa. Aggiungo, che questi stadi evolutivi sono propri degli “atleti” ma anche degli “allenatori”. Cosa è comune e si differenzia nei passaggi evolutivi di una “scala da palestra”? Il carico che aumenta. Inutile girarci intorno, si passa di livello quando l carico aumenta.
    Non è importante il valore assoluto iniziale, ma l’incremento rispetto all’inizio. Chi inizia con 200Kg di panca è in assoluto fortissimo, ma magari è un troglodita senza cervello che esegue senza capire. Chi parte con 60Kg e arriva a 140Kg attraversa invece alcune fasi di questa evoluzione. Anche questo vi torna, no?

    In palestra c’è la barbara usanza che parla chi solleva di più. Questo è sbagliato, ma solo in parte. Mettiamola così: non è detto che il più forte sia anche il più esperto, ma a pedate è possibile dire che chi è migliorato di più in un tempo ragionevole, ha qualcosa da spiegare agli altri. Anche in questa affermazione empirica vi ci ritrovate, ne sono convinto.
    Perciò possiamo dire che il miglioramento nel carico è un elemento che determina il vostro livello nella scala che ho descritto. C’è chi “migliora”, chi non “migliora”; il percorso attraverso questi livelli è assolutamente non lineare, per anni si può stazionare al livello due, poi di colpo passare al livello tre.

    C’è chi obbietterà che il carico non è l’unico parametro di riferimento, che si vuole anche essere grossi e 1000 altre cose. Utilizzare il mero carico in Kg non è una scelta perfetta. Però è anche vero che un metro di riferimento ci deve essere se vogliamo che la palestra sia paragonabile ad un qualunque sport. Prendete come riferimento “avere 45cm di bicipite” e riadattate tutto quello che scriverò. Otterrete comunque qualcosa di simile: chi ha 45 di braccio partendo da 37 ha qualcosa da dire rispetto a chi da 44 è arrivato a 45.
    Spero che concordiate con me che ci sono dei “livelli” più o meno identificabili: del resto è palese che il ragazzino che esegue le negative in panca con 50Kg stia facendo qualcosa che non è adatto a lui, perciò ognuno di noi ha un’idea quanto meno abbozzata dell’esistenza di una scala di performance in quello che si fa. A questo punto abbiamo gli elementi per stringere un po’ su quello che ci interessa. Ritorniamo ai livelli del videogioco della palestra:

    Livello Australopithecus – vi aspettereste che questo livello sia popolato essenzialmente dai principianti, da quelli che imparano i rudimenti dell’esecuzione degli esercizi e che eseguono i primi schemi tipo 3×6. A questo livello si va in palestra senza alcuna conoscenza di come strutturare una “scheda”, ma si esegue sempre la stessa cosa, osservando e copiando quello che fanno gli altri. Ci si concentra di solito sul fare gli esercizi, non sul fare uno schema per un dato esercizio.

    In un principiante il livello è così scarso che lo stimolo è il semplice frequentare la palestra imparando movimenti nuovi. Paradossalmente, in questa fase sarebbe necessaria una frequenza abbastanza elevata, molti esercizi, carichi medio-bassi ripetuti molte volte per imparare la tecnica. Imparare la coordinazione intermuscolare su movimenti nuovi, un carico medio per attivare il reclutamento. Variando esercizio lo stimolo sarà sempre diverso. Invece in questa fase si provano da subito tecniche di intensificazione, cedimento, negative, stripping, rest pause. Cioè stimoli ingestibili che rallentano i progressi. Quanti stazionano per mesi su 70Kg di panca fatti all’ultima serie di un 10-8-6? L’esclusione di movimenti quali squat o cose simili è un ulteriore motivo di creazione di squilibri.
    Bene: vi ritenete superiori al livello australopitechus? Ma certo, mica siete come quei brufolosi che occupano la panca in branchi con esecuzioni da Fuoco di Sant’Antonio, no? Faccio però presente che questa fase non è che dura solo 3 ore. Chiunque dopo 10 anni non sappia ancora fare una trazione decente alla sbarra, sull’intero movimento, ha margini di adattamento apprendendo la tecnica nuova. Ci sono molti australopitechi che non sanno di esserlo, dato che vedo su youtube trazioni su ¼ di movimento per 10 ripetizioni con sovraccarichi assurdi, cioè gente non di primo pelo che pensa di essere brava quando non lo è.

    Io stesso ho fatto squat parallelo per 14 anni pensando di non poter squattare più profondo perché i miei femorali bla bla bla, la mia caviglia bla bla bla, le mie leve bla bla bla. Cazzate. Ora squatto frontale sotto il parallelo. Perciò, stimoli più elevati per un semplice cambio di postura, senza mega-programma finnico-russo. Pensateci: uno stimolo decisamente più elevato, un nuovo miglioramento praticamente gratis.
    Dico ora una cosa cattivissima, ma spero che vi scuota: è un australopiteco il tizio che fa la panca con i piedi sollevati pensando che lo stimolo allenante sia superiore alla versione con i piedi a terra. Il fatto che un esercizio sia più complicato di un altro non significa che dia lo stimolo migliore dal nostro punto di vista. Nella panca con i piedi sollevati devono lavorare moltissimo gli stabilizzatori per tenere il bilanciere in traiettoria. Il carico che potete gestire è perciò inferiore a quello della versione con i piedi a terra. Meno carico, meno stimolo sui muscoli.

    Cioè: è più difficile, ma… serve? Per comprendere se serve o meno, dovete ricorrere ad un semplice procedimento di estremizzazione. Se è più utile la panca con i piedi sollevati perché è più difficile, fate la panca con i piedi sollevati E gli occhi bendati E uno che vi urla nell’orecchio una canzoncina tipo The Antichrist degli Stayer E una fase del 380V attaccata allo schienale. Ok, 50Kg di panca belli difficili. Fatela un mese, poi vediamo come è andata.

    Quanti vedete che, senza particolari problemi di schiena, eseguono una panca con i piedi sollevati? Io molti. Uno stimolo superiore è fare panca con i piedi a terra. Non ci vuole la scala.
    Livello Habilis – in questa fase si inizia a comprendere che ci sono dei metodi per fare le cose, e si sperimentano tutti. E’ qui che si iniziano a vedere i progressi, i successi, è qui che si prendono le prime batoste. Perciò è qui che si eseguono e funzionano le x-reps, le parziali, le burns: si scopre che c’è dell’altro oltre a fare gli esercizi. Si fanno le split. Questo è il periodo in cui si capisce che ci sono delle variabili nell’allenamento quali la frequenza e il volume, ma in maniera empirica e, se si vuole, emotiva. Di solito la strategia è che “2 è meglio di 1 e 4 è meglio di 2”, perché si vede che su di se tunziona. Questa è anche la fase in cui si provano le routine dei campioni, dove ci si allena 6 volte a settimana, dove ci si fa fare la schedona dall’amico grosso.

    Cioè: finita la fase dell’apprendimento motorio i miglioramenti rallentano, ed è qui che empiricamente si capisce che esistono schemi e metodi. L’incremento di qualche variabile più o meno nota porta lo stimolo ad un livello superiore, facendo proseguire l’adattamento ed il miglioramento. In questa fase l’errore tipico è la non comprensione che le variabili sono interconnesse e che non ce ne è una preponderante sulle altre.
    Tipicamente, la strategia del “più è e meglio è” porta ad incrementare la durata delle sedute, il numero delle sedute, il carico per esercizio. Solitamente, tutto insieme nel circolo perverso che all’inizio è vincente perché ci si sposta nella zona della parte sinistra della curva dell’adattamento, quella con una bella crescita. Poi, rapidamente, lo stimolo diventa troppo e c’è il crollo.

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