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Discussione: I principi dell'allenamento sportivo nella "Teoria" di Harre.

  1. #1
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    Predefinito I principi dell'allenamento sportivo nella "Teoria" di Harre.

    Molti anni fa - diciamo nella prima metà degli anni ’80 - durante il periodo universitario, mi trastullavo tra le librerie nella ricerca dei testi più rinomati che trattassero la scienza dell’allenamento, al fine di un arricchimento personale e per l’accrescimento di tutti quei mezzi d’informazione utili al mio hobby di atleta agonista, senza peraltro ancora immaginare un loro lontano riutilizzo per una futura attività di tecnico.
    Mi imbattei, tra i tanti, nella “Teoria dell’allenamento” (fortunata traduzione ad opera della Società Stampa Sportiva dell’originale tedesco “Trainingslehre”), caposaldo della letteratura scientifica e filosofica del settore realizzata da un equipe di coaches della ex Germania Est, coordinati e diretti da uno dei massimi santoni dell’epoca, il Dr. Hans Dietrich Harre.


    Harre è stato uno dei grandi tecnici della scuola sportiva dell’Europa orientale all’epoca dell’URSS e della proverbiale cortina di ferro. Professore e Ricercatore presso l’Università Tedesca di Cultura Fisica (DHfK) a Leipzig (Lipsia), Capo della Commissione Statale per la “Teoria Generale e Metodologia degli Sport di competizione” e dell’Istituto di Teoria dell’Allenamento e Kinesiologia”, ha allenato generazioni di atleti e campioni e formato decine di coaches.
    In quel sistema organizzato infatti si era soliti lavorare in gruppo, sia sul piano della ricerca teorica che nelle esperienze sul campo, all'interno del quale ogni tecnico svolgeva un compito precipuo e si occupava di alcuni atleti a lui affidati o di un argomento da svolgere qualora trattavasi di studio, sotto le direttive e la supervisione di un PHD - ossia un Maestro dello Sport - cui competeva l’elaborazione finale o la stesura definitiva di un testo ed in pratica, quindi, la responsabilità generale del progetto.
    Seguendo appunto tale prassi, nel 1969, uscì la “Teoria dell’Allenamento – indicazione di una metodica generale di allenamento”, da noi giunto diversi anni dopo con l’autorizzazione dello Sportverlag di Berlino, elaborato da un collettivo di autori (come si definivano) quindi raccolto, controllato, approvato e redatto dal prof. Harre.


    Il testo rappresenta una vera e propria summa delle conoscenze scientifiche del tempo sull’allenamento sportivo ed è permeato a livello sociologico ed intriso sul piano ideologico di una mentalità riferita alla realtà storica e politica della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, allora fulcro e paese satellite principale del sistema del socialismo sovietico.
    In tutte le nazioni d’oltre cortina ma in particolare proprio nella DDR lo sport era considerato attività di base e prioritaria per la crescita della persona e nella formazione dell’individuo.
    La formazione del sistema socialmente sviluppato esigeva la tendenza al perfezionamento fisico di tutti i cittadini, specialmente dei più giovani: delle prestazioni sportive di rilievo, un’efficienza fisica generale di notevole livello, uno stato di salute in tutta evidenza sano nella popolazione adulta e atleticamente esuberante nella gioventù erano tra gli obiettivi primari della cultura fisica dello Stato.
    L’allenamento sportivo agonistico, poi specialistico e le competizioni, quale punto d’arrivo periodico, contribuivano a realizzare tali obiettivi nel modo più consono e concreto.
    Non c’è dunque da stupirsi dei risultati stratosferici che furono colà ottenuti nei decenni ’70 ed ’80, figli senz’altro di esasperazioni, obblighi ed aiuti chimici di Stato ma pure di una mentalità, di studi, ricerche e principi di vita sportiva difficilmente trasferibili altrove.


    Scopo del testo di Harre era quello di esporre e diffondere i fondamenti di teoria e metodologia dell’allenamento sportivo frutto di tutte le conoscenze apprese in quegli anni e determinanti per un approccio qualitativamente elevato, sia sul piano della giusta mentalità di partenza sia per quanto riguarda la programmazione di un’intera carriera atletica.
    Il libro non era, come spesso accade oggi, un mero elenco di esercitazioni o sistemi d’allenamento, di tecniche esecutive o di percentuali di carico; né avrebbe potuto esserlo, dal momento che gli autori non si rivolgevano a praticanti di una singola disciplina ma a tutti gli insegnanti di educazione fisica, agli allenatori, ai cultori della scienza sportiva per sensibilizzarli ad aprirsi ad una mentalità atletica rivolta all’agonismo come pratica diffusa, fondando il loro lavoro sulle conoscenze finora appurate e sulle esperienze certe acquisite sul campo.
    Può essere considerato un autentico testo di filosofia e sociologia sportiva ai massimi livelli, dove ovviamente non mancano le cognizioni base per la stesura delle pianificazioni e la scelta dei mezzi allenanti ma in cui la portata innovativa era data dal focalizzare i principi fondanti dello sport e della metodologia dell’allenamento - partendo persino dal significato etimologico e fisiologico del termine - per costruire su di essi uno stile di vita sportiva, porsi obiettivi e concentrarvisi come tappe di crescita individuale e collettiva; dare inoltre risalto a tutte le componenti della vita di una persona per l’ottimizzazione della preparazione atletica, ivi compresi la collocazione nella società ed il rapporto atleta-tecnico, non soltanto nei risvolti specifici della disciplina atletica ma sul piano umano.


    Personalmente posso dire di aver appreso tantissimo da quella lettura e di aver condiviso molti concetti che mi hanno indubbiamente influenzato nel costruire il mio prosieguo di atleta e di coach, pur con tutti gli ovvi distinguo su di una realtà sociale e politica da cui ero estraneo e che non mi apparteneva come storia anagrafica, per cultura e per ideali personali.
    Leggere quel libro ora, nella sua edizione originaria come allora tradotta, significa affrontare un linguaggio parzialmente superato e ridondante e per certi versi farraginoso; allo stesso modo il progredire della ricerca e delle scoperte scientifiche consente adesso di andare molto oltre rispetto a certi postulati del tempo.
    Tuttavia alcune proposizioni e taluni brani chiave restano a mio avviso portanti di una lineare ed attuale capacità di didattica organizzativa e racchiudono persino una sorprendente freschezza di analisi introspettiva.
    Glisserò chiaramente in questo riassunto critico su tutto ciò che concerne l’enfasi ormai datata sulla politica sportiva del paese nonché su molta parte dei capitoli tecnici che trattano argomenti ampiamente discussi in opere successive con miglior cognizione e conoscenza di dati a supporto.
    Mi concentrerò invece, sperando di non tediarvi, su concetti basilari ma spesso considerati scontati dalla letteratura sportiva di livello e che invece, sempre a mio modesto parere, sono ineludibili se si tiene a mente che il processo di allenamento è la storia di un’azione umana e di collaborazione tra uomini; dunque non esclusivamente tecnica ma che deve piuttosto basarsi su principi teorici, sia pur non generici ma specifici dello sport e disciplina prescelti, senza i quali non sarebbe possibile costruire alcun solido e duraturo progetto di pianificazione sportiva e pertanto neppure avviare un processo di allenamento nel suo insieme.
    Sono i famosi Principi fondamentali dell’allenamento sportivo così come individuati e descritti nella Teoria di Harre.
    ...i pesi pesano, non c'è niente che pesi quanto un peso...

  2. #2
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    TEORIA dell' ALLENAMENTO

    - Spunti di riflessione tratti dalla sintesi rivisitata dell'opera "Trainingslehre" redatta da D.Harre





    Funzione sociale dello sport di prestazione


    La tendenza verso i maggiori risultati in una disciplina sportiva, l’anelito al record, il confronto tra le prestazioni degli atleti, la competizione svolta secondo regole unitarie unitamente ai principi dell’allenamento, al tenore di vita condotto in maniera adeguata rappresentano il fulcro ed i punti più salienti ed evidenti dello sport agonistico.
    Il moderno sport agonistico si concretizza nelle discipline sportive che, storicamente, comprendono quei gruppi di esercitazioni fisiche manifestatesi nel tempo come particolarmente adatte ad un confronto in termini di prestazione e di gara.
    L’evoluzione dinamica dello sport ha peraltro prodotto e tuttora produce la nascita di nuove discipline sportive organizzate.
    La messa in opera dello sport secondo la distribuzione in discipline sportive e, al loro interno, in specialità è infatti il fondamento portante per la creazione di strutture stabili quali i comitati sportivi nazionali e di forme organizzative unitarie e federate (federazioni), che sostengono e promuovono lo sport sotto forma di associazionismo.


    Le caratteristiche essenziali tipiche dell’atleta agonista di non essere contento della mediocrità, di aspirare alle migliori prestazioni nonché verso più elevate forme di affermazione personale e sociale corrispondono pienamente al principio ” ognuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue prestazioni ”.
    Lo sport di competizione contrassegna anche la strada per l’educazione ad una elevata capacità di prestazione da parte del comune lavoratore.
    L’atleta non deve impegnare soltanto tutte le sue capacità fisiche, le abilità e capacità intellettuali ma anche tutte le proprietà volitive e caratteriali, le convinzioni morali e le abitudini. La lotta per le più elevate prestazioni sportive, per le vittorie ed i record impegna e forgia tutta la personalità dell’atleta.
    Lo sport di competizione, se non inquinato dalle degenerazioni purtroppo ben note sia interne che esterne ad esso, dovrebbe inoltre spronare le giovani generazioni a effettuare attività sportiva con costanza e metodicità. L’effetto che esso emana sulle masse può produrre come conseguenza che un nutrito numero di cittadini sia attirato verso la cultura dello sport e del fisico e venga stimolato verso un autentico comportamento sportivo.
    Non a caso, nei suoi “Ricordi olimpici”, De Coubertin sosteneva: “ affinché cento individui formino il loro corpo è necessario che cinquanta pratichino lo sport ed affinché cinquanta pratichino lo sport è necessario che venti si specializzino; affinché venti si specializzino è necessario che cinque siano capaci di eccezionali primati”.


    Lo sport di competizione è anche un importante fattore nell’organizzazione del tempo libero e dell’attività di tale tempo libero.
    Esso, da un lato, offre a molti giovani la possibilità di perfezionarsi attivamente ed autonomamente e inoltre di confrontarsi pubblicamente mediante allenamenti e gare. D’altro canto, lo sport di prestazione e particolarmente la gara sono manifestazioni che attirano in modo intenso la popolazione interessata allo sport e perciò seguite e valutate con attenzione.
    Le competizioni provocano negli spettatori delle reazioni sia istintive che razionali che li conducono ad una partecipazione consapevole a queste forme di trattenimento. Rafforzano il senso di consanguineità, la gioia per il successo di altri componenti della comunità e promuovono la disposizione ottimistica verso lo sviluppo sociale.


    Record e performance richiedono un’elevata capacità di prestazione e nel contempo una completa disponibilità alla prestazione stessa. Per mezzo dell’allenamento e delle gare vengono ulteriormente allontanati i confini già stabiliti e acclarati della prestazione fisica e psichica.
    Come avvenuto in passato per gli astronauti, l’atleta di prestazione agisce sui limiti noti di ciò che è oggi possibile all’individuo e questo permette alla scienza di svelare le leggi della elevazione della prestazione fisica.
    Le esperienze acquisite in campo sperimentale sul moderno allenamento sportivo arricchiscono in tal modo la conoscenza e la consapevolezza dell’individuo e indicano quale possa essere la strada più accessibile per il suo perfezionamento fisico.




    Definizione del concetto di allenamento


    La parola allenamento, nell’uso comune, viene usata con differenti significati.
    I fisiologi del lavoro intendono per allenamento tutti quei carichi che provocano un adattamento nell’organismo e quindi un’elevazione della prestazione. In questo senso, per esempio, pure il lavoro fisico può assumere carattere di allenamento e provocare i relativi adattamenti.
    Il miglioramento della coordinazione neuro muscolare, cioè l’apprendimento o il perfezionamento di determinati movimenti, viene contrassegnato dai fisiologi del lavoro come esercizio e l’effetto che provoca l’elevazione della prestazione come il “profitto di esecuzione”.
    In un senso più vasto il termine di allenamento viene oggi inteso per ogni forma di istruzione organizzata ed orientata di proposito sulla rapida elevazione della capacità di prestazione fisica, psichica, morale e tecnico motoria dell’individuo.


    Nell’ambito dello sport definiamo, in generale, con i termini allenamento sportivo o allenamento atletico la preparazione degli atleti per il raggiungimento delle massime prestazioni sportive.
    Attualmente questo concetto viene usato sia in senso ristretto che vasto: Matwejev per allenamento sportivo intende - appunto in senso ristretto - la preparazione fisica, tecnico tattica, intellettuale, psichica e morale dell’atleta con l’ausilio di esercizi corporei, cioè mediante un carico fisico.
    Tale interpretazione trova il suo sedimento nei concetti di allenamento di resistenza, allenamento di forza, metodi di allenamento, allenamento intervallato, stato di allenamento, ecc.
    Harre invece definisce l’allenamento sportivo, in senso più lato, come il processo generale programmato della preparazione degli atleti ad elevate prestazioni, ovvero: L’allenamento sportivo è il processo del perfezionamento sportivo orientato verso principi scientifici e particolarmente pedagogici il quale, mediante influenza metodica e sistematica sulla possibilità e capacità di prestazione, tende a condurre l’atleta verso le più elevate prestazioni in una specialità o disciplina sportiva.

    Da qui discende che il perfezionamento dell’atleta nell’allenamento sportivo, considerato e modellato sotto l’aspetto dell’omogeneità tra formazione ed educazione, si compie con differenti mezzi e modalità.
    Il mezzo principale è il carico mediante esercitazioni corporee (l’allenamento in senso stretto e le competizioni); mentre forme e mezzi ulteriori, peraltro indispensabili in una completa formazione sportiva di effettivo valore, sono soprattutto le istruzioni teoriche per la trasmissione di nozioni tecnico sportive, tattiche, di metodica di allenamento nonché per lo sviluppo delle capacità intellettuali rivolte alla partecipazione ed osservazioni di gare e sessioni allenanti, discussioni e consulti utili soprattutto alla capacità di analisi del significato e degli obiettivi dell’allenamento stesso e delle strategie di gara.
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  3. #3
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    Caratteristiche fondamentali dell’allenamento sportivo



    La formazione fisica e caratteriale della persona e l'educazione dello stessa nella sua crescita come uomo e come atleta sono indissolubilmente congiunti nel processo di allenamento.
    Le correlazioni che esistono tra esse debbono essere razionalmente utilizzate.
    In modo particolare, si manifestano nel processo di allenamento i seguenti compiti fondamentali, da trattare e risolvere in forma complessa:

    - la preparazione fisica,
    - la preparazione tecnica e tattica,
    - la preparazione intellettuale,
    - l’attività educativa.



    Le caratteristiche essenziali dell’allenamento possono essere così sintetizzate:



    1) l’allenamento è sempre orientato verso il raggiungimento della più elevata prestazione individuale possibile in una data specialità o disciplina sportiva.
    Il livello internazionale di prestazione continuamente crescente non consente più, al giorno d’oggi, nemmeno ad un grande talento di prepararsi ad elevate prestazioni in svariate specialità. Ciò ovviamente non esclude che nel corpo dell’allenamento possano essere previste ed incluse anche esercitazioni di altre discipline svolte a fini ausiliari e complementari o di preparazione fisica generale.
    In tal senso, il concetto della multilateralità nell’ambito dell’educazione fisica, soprattutto giovanile, non viene negato ma contemplato in un ambito più ampio.



    2) L’allenamento è in elevata misura un processo individuale di formazione.
    Poiché la prestazione è la risultante di numerose componenti, che negli atleti singolarmente presi possono spiccare in misura differente, diviene determinante saper rilevare le qualità o le lacune di ciascuno per poter far risaltare le prime e colmare quanto possibile le seconde.
    Ne consegue che allenarsi in gruppi non si rivela solo più economico ma costituisce un’importante condizione per il confronto tra fisici e personalità diverse, che permette apprendimento cognitivo e visivo, stimola lo spirito di emulazione pur lasciando spazio alle individualità ed al loro inserimento nel lavoro di insieme.
    Tutto questo si traduce nella somministrazione soggettiva degli stimoli allenanti e nella scelta di partecipazione alle gare.



    3) La condotta generale di vita dell’atleta deve adattarsi alle esigenze dell’attività sportiva di prestazione, così da contribuire all’elevazione della prestazione stessa.
    L’allenamento dunque si inserisce ed entra in relazione con tutti i campi della vita quotidiana e in determinati periodi potrebbe rivelarsi determinante, sempre nel rispetto della storia individuale, della personalità e delle peculiarità temperamentali e morali di ogni atleta in quanto soggetto umano unico e irripetibile.



    4) L’allenamento sportivo è contraddistinto dalla programmazione e dalla sistematicità, per cui si differenza in maniera sostanziale da altri elementi che possono comunque, benché estemporanei e ludici, esercitare un’influenza sulle capacità complessive di prestazione fisica ed altrettanto dall’attività fisica motoria generale o da quella formativa preadolescenziale.
    La metodicità dell’allenamento trova la propria espressione nei programmi di allenamento i quali, costruiti sulla base di conoscenze scientifiche ed esperienze sul campo a seguito di pratiche efficaci, assicurano appunto la costruzione sistematica e continua della capacità di prestazione.



    5) Un contrassegno ormai imprescindibile è proprio la scientificità dell’allenamento sportivo.
    Mentre in passato con atleti di particolare genetica era ancora possibile raggiungere prestazioni di rilievo sulla base di esperienze pratiche di singoli allenatori, all’attualità per l’assimilazione teorica e la costruzione metodica rivestono un ruolo di fondamentale importanza la medicina sportiva, la psicologia, la biomeccanica, la biochimica ed altre scienze quali cibernetica, matematica, neurofisiologia, sociologia, scienza della conduzione.
    Alla scientificità dell’allenamento appartiene nondimeno il sapersi orientare, da parte del coach, sulla scorta dei risultati dei predecessori e di grandi atleti, generalizzando tali esperienze ed inserendole in modo creativo ed autonomo in relazione alle condizioni specifiche della disciplina con cui si ha a che fare e con il materiale umano a disposizione.



    6) Come in un qualunque processo pedagogico, l’allenamento sportivo è vincolato dalla menzionata unità dei concetti di formazione ed educazione.
    Da parte degli allenatori si tratta di notare e considerare le correlazioni esistenti tra capacità potenziali e disposizione individuale alla prestazione, utilizzando poi tale disamina ai fini dell’elevazione ottimale della prestazione stessa. L’azione di guida del tecnico, pure nel rispetto della sfera d’autonomia dell’atleta, deve essere intesa in forma globale ed estendersi con giusta misura dagli aspetti dell’allenamento a vari altri elementi della vita personale, relazionale e sociale dell’atleta, allo scopo di conoscerli, comprenderli e ricondurli in un’azione sinergica rivolta al raggiungimento della performance atletica.
    Il ruolo di guida tuttavia non deve trascendere in forme assillanti e neppure degenerare nella eccessiva tutela o nel “mammismo” sul giovane atleta. Elevate prestazioni sportive sono infatti inconcepibili, in particolare nelle discipline singole, senza il contributo creativo e il comportamento maturo ed autonomo dell’atleta protagonista; pertanto dette connotazioni costituiscono un presupposto inderogabile per un efficace risultato in gara e par la lunga durata di un proficuo rapporto tra allenatore atleta, nel quale ciascuno riversi la propria ricchezza umana.
    Il lavoro del coach deve essere infatti orientato ad una fattiva collaborazione maestro-allievo già a partire dall’allenamento adolescenziale, per poi trasformarsi e fondersi in una stretta amicizia allenatore-atleta nell’allenamento di alta prestazione.
    L’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di ottenere la piena consapevolezza da parte dell’atleta del lavoro svolto, in modo di consentirgli il perseguimento di un sufficiente grado di autonomia per poterlo poi proseguire autonomamente, trasmettendo a sua volta ad altri, in futuro, le conoscenze, le esperienze ed i valori assimilati.
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  4. #4
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    Lo stato di allenamento



    Sotto l’influenza dei carichi di allenamento e di gara, oltre che in virtù di vari accorgimenti orientati allo sviluppo della possibilità di prestazione e disponibilità alla stessa, viene elevata la capacità di prestazione dell’atleta: questo stato di più elevata capacità prestativa lo possiamo chiamare “stato di allenamento”.
    Lo stato di allenamento comprende differenti componenti. Si tratta di capacità fisiche ed intellettuali, di abilità tecnico-sportive, tattiche, di particolarità psichiche.
    Uno stato di allenamento ottimale, corrispondente al rispettivo stato di perfezionamento di ogni atleta, è caratterizzato dall’unità armonica delle anzidette componenti principali.
    Un ruolo determinante lo gioca inoltre la capacità dell’atleta di mobilizzare completamente le proprie riserve fisiche di prestazione mediante tensioni massimali nel corso della gara.
    Per programmare il processo di allenamento è importante che l’allenatore si procuri man mano delle informazioni sullo stato di allenamento, ricavabili in massima parte dalle gare e dalle prove di prestazione. Ulteriori informazioni sulle condizioni di sviluppo dei singoli fattori che determinano lo stato di allenamento si ottengono mediante test pedagogico sportivi, esercitazioni di controllo, esami funzionali di natura medica, test psicologici, ecc.
    Questi controlli dovrebbero essere effettuati periodicamente a brevi intervalli di tempo, possibilmente in forma comparata, poi valutati accuratamente e celermente, interpretati in collegamento con l’osservazione quotidiana o comunque regolare delle singole unità di allenamento, al fine di accertare i punti forti e le lacune dell’atleta, il suo stato generale del momento e prendere decisioni sul progredire del decorso di allenamento.
    Il confronto tra i risultati delle ricerche e le prestazioni di gara consente di formulare deduzioni quanto più possibili attendibili sul grado di collegamento tra le componenti fondamentali dell’allenamento in condizioni di competizione.
    Lo stato di allenamento si sviluppa in modo relativamente continuativo se nel processo non intervengono interruzioni, infortuni, imprevisti e se le richieste di risultato sono conformi alla capacità prestativa individuale.
    Lo sviluppo non sarà tuttavia sempre collegato ad un miglioramento ininterrotto dei risultati di gara, in quanto per la costruzione di un livello di prestazione altamente specializzato si renderà necessario orientare saltuariamente il processo di allenamento su singole componenti, al fine di migliorarle e rinunciare pertanto, in tali periodi, ai carichi specifici da competizione.
    Quanto affermato spiega perché in talune fasi - ad es. nei periodi preparatori - la prestazione subisca un leggero deterioramento. Solo successivamente dovrà essere approntata un’apposita fase di trasposizione (transfert) delle risultanze di tutte le componenti allo scopo di pervenire alla massima performance nel prestabilito periodo competitivo.
    Qualora ciò non si dovesse verificare, vorrebbe dire che sono stati commessi degli errori di metodica in una delle fasi del processo di allenamento, a partire dal periodo preparatorio sino a quello competitivo, che hanno inficiato il risultato finale.



    Per raggiungere elevate prestazioni sportive si usano più mezzi di allenamento e, tra essi, in prima linea vanno elencati gli esercizi fisici.
    Questi devono corrispondere agli obiettivi ed ai compiti del processo di allenamento e non possono quindi essere scelti ed attuati in maniera casuale e indiscriminata.
    La razionalità di un esercizio nell’allenamento rivolto alla prestazione sportiva proviene esclusivamente dalla propria utilità in funzione dello sviluppo della stessa nella disciplina di gara prescelta.
    Si tratta quindi di mettere in opera quelle esercitazioni e somministrare quelle dosi di stimolo allenante che assicurino un ritmo elevato nel miglioramento della prestazione e contribuiscano a creare i presupposti per lo sviluppo continuo della prestazione medesima nel tempo.


    La classificazione degli esercizi nello sport di prestazione risulterà pertanto adeguata se effettuata in base alla loro forma e struttura in rapporto al gesto di gara. Per cui distinguiamo tra:

    - esercizio di gara, cioè il movimento completo eseguito secondo le autentiche situazioni richieste dalla competizione nella data disciplina, ancorché non allo stesso grado di intensità e qualità del risultato;

    - esercitazione specifica, cioè quella contenente elementi del movimento motorio, sia pure parziale o modificato, nella quale il coinvolgimento muscolare e tecnico sia simile ed orientato nei rapporti forza/spazio/tempo a quanto avviene nella competizione;

    - esercitazione di sviluppo e potenziamento generale, cioè tutte quelle perlopiù prelevate da altri sport e comunque generiche rispetto all’esercizio di gara e collegabili ad esso solo indirettamente o sul piano di una preparazione e condizionamento globali.
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  5. #5
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    Data l'età è un testo di riferimento ancora valido?
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  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da weareblind Visualizza Messaggio
    Data l'età è un testo di riferimento ancora valido?

    Hai letto l'ultima parte del primo post del thread?
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  7. #7
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    Si, adesso l'ho riletto... che parte dici, scusa?
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da weareblind Visualizza Messaggio
    Data l'età è un testo di riferimento ancora valido?
    Citazione Originariamente Scritto da Tonymusante Visualizza Messaggio
    Hai letto l'ultima parte del primo post del thread?
    Citazione Originariamente Scritto da weareblind Visualizza Messaggio
    Si, adesso l'ho riletto... che parte dici, scusa?


    Mi riferisco all'intero ultimo paragrafo, che mi pare risponda alla tua prima domanda:


    " Personalmente posso dire di aver appreso tantissimo da quella lettura e di aver condiviso molti concetti che mi hanno indubbiamente influenzato nel costruire il mio prosieguo di atleta e di coach, pur con tutti gli ovvi distinguo su di una realtà sociale e politica da cui ero estraneo e che non mi apparteneva come storia anagrafica, per cultura e per ideali personali.
    Leggere quel libro ora, nella sua edizione originaria come allora tradotta, significa affrontare un linguaggio parzialmente superato e ridondante e per certi versi farraginoso; allo stesso modo il progredire della ricerca e delle scoperte scientifiche consente adesso di andare molto oltre rispetto a certi postulati del tempo.
    Tuttavia alcune proposizioni e taluni brani chiave restano a mio avviso portanti di una lineare ed attuale capacità di didattica organizzativa e racchiudono persino una sorprendente freschezza di analisi introspettiva.
    Glisserò chiaramente in questo riassunto critico su tutto ciò che concerne l’enfasi ormai datata sulla politica sportiva del paese nonché su molta parte dei capitoli tecnici che trattano argomenti ampiamente discussi in opere successive con miglior cognizione e conoscenza di dati a supporto.
    Mi concentrerò invece, sperando di non tediarvi, su concetti basilari ma spesso considerati scontati dalla letteratura sportiva di livello e che invece, sempre a mio modesto parere, sono ineludibili se si tiene a mente che il processo di allenamento è la storia di un’azione umana e di collaborazione tra uomini; dunque non esclusivamente tecnica ma che deve piuttosto basarsi su principi teorici, sia pur non generici ma specifici dello sport e disciplina prescelti, senza i quali non sarebbe possibile costruire alcun solido e duraturo progetto di pianificazione sportiva e pertanto neppure avviare un processo di allenamento nel suo insieme.
    Sono i famosi Principi fondamentali dell’allenamento sportivo così come individuati e descritti nella Teoria di Harre
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  9. #9
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    L’esercizio di gara


    Nella maggior parte degli sport, in particolare nei giochi sportivi e negli sport di squadra, è il principale mezzo di sviluppo dello stato di allenamento, sia nel periodo preparatorio quanto in quello di gara, per ovvi motivi di perfezionamento ed automatismo tecnico e tattico.
    In tutti i casi anzidetti la parte di allenamento che comprende l’esercizio di gara deve essere preponderante, nell'ambito del ciclo totale, rispetto alla somma delle parti in cui vengono messi in opera altri mezzi allenanti.
    Pertanto, pure in quelle discipline la cui pratica è condizionata dal clima si deve cercare di sviluppare e sfruttare validi surrogati che corrispondano all’esercizio di gara.
    Le precise proporzioni relative alla quota parte dei mezzi allenanti dipendono dalle particolari esigenze della disciplina di cui trattasi e dalla capacità prestativa individuale.




    Esercitazioni specifiche


    Se le condizioni esterne all’allenamento ed il dosaggio dello stimolo corrispondono alle esigenze di gara o vi si avvicinano considerevolmente, parliamo di allenamento specifico di gara.
    A detta forma di allenamento appartengono, ad esempio, il combattimento libero o condizionato negli sport quali lotta, pugilato, scherma ecc; le partite di allenamento nei giochi di squadra, l’insieme di esercizi collegati nella ginnastica artistica o nel pattinaggio o l’allenamento di sezioni di corsa parziale per l’atletica leggera.
    L’allenamento specifico di gara è quella forma di allenamento complesso con il cui ausilio si crea l’unione delle singole componenti determinanti lo stato di allenamento e si accelera il processo di adattamento fisico, psichico, tecnico e tattico.
    L’entità dei carichi specifici resterà più bassa rispetto a quella totale somministrata nei diversi periodi in altre esercitazioni, poiché maggiore sarà invece il carico interno a livello di sistema nervoso.
    Spesso, per un più rapido sviluppo delle singole componenti e per l’elevazione in termini di sopportabilità della capacità di carico, l’esercizio di gara non è svolto in condizioni del tutto eguali a quelle che si verificheranno in competizione.
    Senza soffermarsi sulle molteplici possibilità di scelta, c'è da notare come talvolta le situazioni potrebbero rivelarsi pure più difficoltose rispetto alla gara: per es. giocare su di un campo ridotto per un rapido sviluppo della destrezza e per la capacità di reazione, saltare e giocare oppure un carico appesantito, maggior resistenza frenante per lo sviluppo della forza o ancora richiedere un’elevata velocità nell’allenamento di resistenza per lo sviluppo della capacità anaerobica.

    Per mezzo delle esercitazioni specifiche vengono sviluppate in primo luogo le capacità fisiche che determinano la prestazione, tra esse le varie qualità di forza, la velocità e la mobilità.
    Il vantaggio dei mezzi ausiliari specifici consiste soprattutto nel fatto che consentono un dosaggio di stimolo più razionale e più efficace rispetto all’esercizio di gara. A tal proposito, si può rilevare che carichi addizionali per lo sviluppo delle capacità di forza, se in dose troppo elevata nell’esecuzione degli esercizi gara, alterano considerevolmente la struttura del gesto motorio e l’andamento forza/tempo al punto da poter creare un’errata coordinazione del movimento.
    Cosicché, per aumentare l’efficacia del processo d’allenamento, si rafforza la tendenza a predisporre la scelta degli esercizi ed il dosaggio dei relativi stimoli in maniera da assolvere contemporaneamente più compiti fondamentali, in particolare affinchè siano sviluppate capacità fisiche complesse prendendo in considerazione le esigenze specifiche della competizione.
    Si sottolinea che le esercitazioni specifiche non sono affatto un surrogato ma un mezzo indispensabile di allenamento, che assume un ruolo determinante nel periodo di preparazione e che diventano realmente efficaci solo se poste in stretta correlazione con l’uso dell’esercizio di gara.
    All’opposto, alcuni atleti hanno commesso l’errore di prendere in considerazione le esercitazioni specifiche solo nel periodo preparatorio, limitandole molto nel periodo di gara. In tali casi, però, i risultati migliori si ravvisano solo nella fase iniziale del periodo competitivo e non nell’ulteriore decorso stagionale, poiché non si riesce a conservare intatto a lungo il raggiunto livello di performance delle qualità fisiche.
    Ecco perché appare importante attuare durante l’intero anno entrambe le esercitazioni (di gara e specifiche) e controllare metodicamente il livello delle qualità fisiche conseguito.




    Esercitazioni di sviluppo generale


    Sovente il valore e l’importanza delle esercitazioni di sviluppo generale in parecchie discipline sportive viene sottovalutato, soprattutto per ciò che riguarda l’allenamento giovanile.
    Ha preso piede la tendenza ad elevare intensamente la dose degli stimoli di tipo specifico, abbassando quelli connessi all’allenamento generale, per la bramosia di conseguire presto risultati eclatanti.
    Molti atleti così migliorano rapidamente ottenendo, pur se ancora appartenenti alle categorie giovanili, l’accesso a livelli internazionali assoluti, mentre gli atleti adolescenti sottoposti ad una preparazione di base più estesa raggiungono generalmente più tardi il livello di eccellenza, che però riescono a mantenere su standard consolidati e duraturi.

    Non è ancora stata esaminata a sufficienza l’influenza ed il nesso causale che le esercitazioni di sviluppo generale riescono ad avere sulla costruzione della prestazione e addirittura, in talune discipline, è persino difficile stabilire una netta linea di separazione tra esercitazioni specifiche e generali.
    In ogni caso, sembra perlomeno di poter dare per assodati i seguenti punti:

    1) mediante l’apprendimento e l’esercizio con movimenti di tipo svariato si migliora la capacità di coordinazione: l’atleta può pertanto assimilare con maggior facilità l’apprendimento di tecniche sportive complesse e raggiungere in un secondo tempo un miglior livello prestativo.
    In tal senso risulta importante un’istruzione sportiva multilaterale di base sin dall’infanzia, in particolare per la successiva specializzazione in discipline che richiedono alte esigenze coordinative (ginnastica artistica, tuffi, sci alpino, giochi sportivi);

    2) l’organismo infantile e di un adolescente, trovandosi in fase di costante crescita, ha un apparato osteo legamentoso relativamente poco solido e dunque carichi d’espressione unilaterale potrebbero impegnarlo in modo eccessivo e sbilanciato.
    Nell’esperienza quotidiana è stato osservato che atleti giovani che hanno tralasciato le esercitazioni di sviluppo generale a favore di carichi più specifici sono soggetti ad un indice di probabilità d’infortuni più alto rispetto a chi si è allenato secondo percorsi più completi.

    3) La tolleranza allo sforzo e la rapidità di recupero dipendono pure, in certa misura, da una capacità del sistema cardio circolatorio superiore alla media.
    In molte specialità, tuttavia, i previsti mezzi di allenamento specifici non sono idonei né sufficienti a garantire questo adattamento (nella lotta, nella boxe, nel sollevamento pesi, nel tennis, ecc.) e per lo sviluppo della capacità di resistenza al lavoro risulta molto utile immettere nel programma alcune esercitazioni cicliche di sviluppo generale e proprie dei giochi sportivi;

    4) L’esercizio di gara e le esercitazioni specifiche impegnano e rafforzano soprattutto quei distretti deputati a sopportare il lavoro fisico principale, lasciando più indietro il condizionamento di altri muscoli o della struttura articolare e tendinea a cui, ciononostante, viene poi richiesto di intervenire sinergicamente o in azione di antagonismo prevalente.
    Le esercitazioni generali possono contribuire a far si che dette zone non rappresentino affatto l’anello debole di una catena cinetica e neppure siano incapaci a produrre un adeguato sforzo isometrico od eccentrico rispetto a quest’ultima;

    5) Alcuni esercizi di sviluppo generale, se noti e usuali in chi è chiamato ad applicarli, possono costituire un’utile variante all’interno di sedute o durante quei microcicli dedicati al recupero attivo, contribuendo tra l’altro a rendere più varia e quindi sostenibile una pianificazione lunga che, giocoforza, incorre in momenti di monotonia che mettono a dura prova il carattere, la personalità e il sistema nervoso dell’atleta.

    6) Un ulteriore impiego delle esercitazioni generali – comunque da non sottovalutare – può ravvisarsi in certe situazioni particolari, nel corso delle quali condizioni oggettivamente difficili (fattori climatici, infortuni, difficoltà logistiche) limiterebbero o escluderebbero di fatto la possibilità di praticare esercitazioni specifiche con richieste di mezzi adeguati.
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  10. #10
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    Il carico di allenamento : l’adattamento



    La capacità di prestazione è sviluppata principalmente dagli stimoli del movimento. Se detti stimoli sono dosati in maniera da determinare un effetto allenante e quindi da contribuire allo sviluppo, mantenimento e consolidamento dello stato di allenamento, parliamo di carico di allenamento.

    Si è soliti operare una distinzione tra carico esterno e carico interno.
    Il carico esterno è determinato dall’entità e dall’intensità degli stimoli costituenti il carico nonché dalla densità, dalla loro durata e frequenza.
    Le singole componenti citate sono tutte misurabili, pur con qualche comprensibile limitazione per talune discipline sportive.
    Ogni carico esterno provoca una reazione funzionale a livello fisico e psichico che viene definita come carico interno e contraddistingue il grado di sforzo percepito dall’atleta: la grandezza e l’intensità del carico interno sono influenzate dalle singole componenti di quello esterno.
    Per tale motivo, ad identica somministrazione di carico esterno non sempre corrisponde la medesima misura di carico interno; alle condizioni che possono modificare quest’ultimo appartengono i momentanei stati fisici e psichici dell’atleta, le condizioni di impianti e attrezzature, fattori metereologici e - secondo Mathesius – pure fattori sociali, quali i rapporti atleta/compagni di squadra e atleta/allenatore.


    L’adattamento è l’organizzazione dei sistemi funzionali fisici e psichici che si verifica sotto l’influenza di carichi esterni per ottenere un più elevato livello di prestazione e la disposizione a condizioni esterne specifiche.
    Tra carico ed adattamento esistono rapporti ben precisi:

    1) l’adattamento si verifica solo se gli stimoli raggiungono un’intensità adeguata alla capacità individuale di prestazione ad una dose minima.
    Quanto più ci si allontana dal valore ottimale, per carichi troppo piccoli o troppo grandi, tanto minore risulterà l’effetto allenante;

    2) il processo di adattamento è il risultato di un’esatta alternanza tra carico e recupero.
    In una seduta il carico produce inizialmente un processo di affaticamento, facendo abbassare la capacità funzionale dell’organismo; poi, nella fase di recupero, le fonti energetiche consumate devono poter essere ristabilite sotto il profilo biochimico oltre il livello iniziale, dando origine al cosiddetto fenomeno di supercompensazione, che costituisce la base per l’ulteriore progresso prestativo;

    3) negli atleti di elevata qualificazione il processo di conversione sopra accennato, che Matwejev chiama di “trasformazione ritardata”, può durare persino mesi, durante i quali è impedito il flusso formativo continuativo sull’effetto allenante del carico necessario per un’ottimale regolazione del processo di allenamento.
    Senza la pratica sistematica di adeguate procedure di controllo solo i risultati di gara potrebbero attestare l’adeguatezza dei carichi somministrati ma, a quel punto, eventuali errori non sarebbero rimediabili.
    E’ dunque importante sperimentare, sviluppare e inserire ulteriori procedure di controllo sullo stato dell’allenamento che vadano oltre i test consuetudinari e la valutazione sul campo;

    4) l’adattamento progressivo non consente solo maggiori risultati ma aumenta anche la capacità di sopportazione dei carichi successivi;

    5) l’adattamento rallenta e si esaurisce con frequenti interruzioni dell’allenamento, per cui è opportuno evitare periodi di transizione post o intra competitivi di durata eccessiva;

    6) l’adattamento dell’organismo avviene sempre nella direzione richiesta dalla struttura del carico.
    Ne consegue che carichi di grande entità (numero) ma bassa o media intensità sviluppano le capacità di resistenza, mentre quelli di ridotta entità ma con intensità massimale o sub massimale incrementano le capacità di forza e velocità.
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  11. #11
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    Il Carico di allenamento: le componenti di carico



    Si è già fatto cenno alle componenti fondamentali del carico esterno d’allenamento e cioè dello stimolo allenante, che possono essere così riassunte e definite:

    - intensità dello stimolo,
    - densità dello stimolo,
    - durata dello stimolo,
    - entità dello stimolo,
    - frequenza dello stimolo.




    a) Intensità dello stimolo



    L’intensità dello stimolo è essenzialmente caratterizzata dalla forza dei singoli stimoli e in particolare dal lavoro effettuato durante l’unità di tempo in una serie di stimoli.
    Le unità di misura dell’intensità dello stimolo usate per gli esercizi di resistenza e velocità sono la rapidità (mt/sec.) o la frequenza del movimento;
    nelle discipline di forza e potenza è la resistenza da vincere (espressa in kg. o kgm./sec.);
    nei salti e lanci sono la distanza o l’altezza (espresse in mt. o cm.);
    nei giochi sportivi o negli sport da combattimento - in senso traslato – la misura dell’intensità è data dal ritmo agonistico.


    Poiché i singoli esercizi possono essere eseguiti con differente intensità, per la programmazione dell’allenamento si è soliti distinguere tra differenti gradi di intensità, con i quali confrontare i carichi cui l’atleta è sottoposto.
    Ponendo ad es. come punto di riferimento l’intensità di stimolo più elevata possibile (100% = intensità massimale), Carl distingue cinque gradi di intensità nell’allenamento dei pesisti:

    30-50% = i. scarsa,
    50-70% = i. leggera,
    70-80% = i. media,
    80-90% = i. sub massimale,
    90-100% = i. massimale.
    Allo stesso modo, nelle discipline di resistenza a carattere ciclico (corsa, nuoto, ciclismo, ecc.) i punti di riferimento da cui ricavare i gradi di intensità sono la migliore prestazione del momento o l’attuale velocità individuale di gara.


    L’intensità dello stimolo deve superare un valore limite minimo per lo sviluppo delle diverse qualità fisiche.
    Hattinger ha ad esempio stabilito che un allenamento di forza muscolare statica con intensità di stimolo inferiore al 30% non produce alcun aumento di forza. Negli esercizi ciclici di resistenza, invece, la velocità deve essere tale da superare una frequenza cardiaca di 130 battiti/minuto.
    In linea di principio, si può quindi distinguere tra un grado di intensità efficace ed uno inefficace. Così, sempre a titolo esemplificativo, la resistenza necessaria nelle discipline di lunga durata si può sviluppare bene con un’intensità di stimolo tra il 70 ed il 100% della intensità individuale di gara specifica per esse.


    L’intensità dello stimolo influisce non solo sul ritmo di sviluppo ma pure sul consolidamento degli adattamenti:

    - se l’intensità è minima, la rispettiva qualità si sviluppa in modo lento ma continuativo e raggiunge un elevato grado di stabilità.
    E’ necessaria di contro un’elevata entità di stimolo (ovvero volume, vd. poi) mirando ad aumentare le caratteristiche di sopportabilità della capacità di carico;

    - se l’intensità è più elevata (carichi intensivi), l’aumento di prestazione è più rapido ma meno stabile, per cui occorre consolidarlo con carichi estensivi più numerosi ancorché di minor entità;

    - la scelta dell’intensità dello stimolo deve dipendere non solo dalla ricerca dell’adattamento funzionale e morfologico ma pure prendendo in considerazione l’aspetto tecnico.
    L’intensità va elevata senza pregiudicare l’esecuzione del gesto motorio, per stabilizzare la tecnica sportiva in conformità alle esigenze di gara.
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  12. #12
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    b) Densità dello stimolo



    Si definisce tale il rapporto di tempo tra fasi di lavoro e fasi di recupero all’interno di una seduta di allenamento.
    La densità dello stimolo allenante è stabilita sulla base degli obiettivi e dei compiti della seduta stessa ed è subordinata alle altre componenti dello stimolo, quali intensità e durata.
    Mediante la densità sono armonizzati tra loro carico e recupero della seduta, in quanto se la densità è ottimale assicura l’efficacia proprio del carico e impedisce un precoce esaurimento delle energie psico fisiche dell’atleta.

    Nell’allenamento di resistenza con il metodo del carico continuativo (cioè senza interruzioni) la densità è nulla, mentre con il metodo intervallato si considera generalmente una densità di stimolo da 1:0,5 fino a 1:1 (ovvero 1’ di lavoro e 30” di recupero oppure 2’ di lavoro e 2’ di recupero), avendo cura di riprendere il nuovo lavoro con frequenza cardiaca non superiore a 120/140batt./min.
    Con carichi ad intensità sub massimale per la resistenza alla velocità tipica dei mezzofondisti gli intervalli di tempo richiesti sono maggiori e la densità di stimolo va da 1:3 a 1:6.
    Nell’allenamento di forza e velocità con intensità da sub massimale a massimale sono particolarmente indicati intervalli tra 2’ e 5’ tra singoli stimoli o tra brevi serie di stimoli.


    Nel caso in cui si segua il metodo intervallato, riguardo alla densità nella singola seduta, occorre tener presente che:

    - l’effetto allenante è da considerarsi ottimale solo se è corretta la successione tra carico e recupero,
    - l’intervallo tra un carico e l’altro è, di regola, tanto più lungo quanto più elevata è l’intensità dello stimolo e quanto più lunga la sua durata,
    - con il progredire della capacità di prestazione si accorciano i tempi di recupero necessari.





    c) Durata dello stimolo



    Per durata dello stimolo si intende sia la durata di un singolo stimolo, sia la durata di una serie di stimoli nel corso dell’allenamento, sia la durata di una fase di carico nelle esercitazioni cicliche.
    La durata, in concorso con le altre componenti, influenza tanto l’efficacia quanto l’orientamento dell’effetto di allenamento.


    Per lo sviluppo della forza massimale, secondo Gundlach, non è necessaria solo un’elevata tensione muscolare (alta percentuale di carico) ma anche una durata di stimolo relativamente lunga (congruo numero di sets a fronte di un ridotto numero di reps).
    Nell’allenamento di forza muscolare statico la durata dello stimolo dovrebbe ammontare almeno al 20-30% del tempo massimale di possibile mantenimento.

    Nell’allenamento di resistenza, Karvonen ha potuto stabilire che si verifica un considerevole aumento di prestazione se la durata dello stimolo, purchè di intensità efficace, ammonti almeno a 30’.
    Più o meno simili le conclusioni a cui è pervenuto Hollmann mentre, nelle ricerche sul lavoro intervallato, Christensen ha riscontrato che l’organismo reagisce alla differente durata dello stimolo benché di pari intensità.
    Reindell, Van Goor, Bassan ed altri hanno accertato che, con intensità sub massimale inferiore a 60” e adeguato intervallo, l’assorbimento di ossigeno ed il volume d’urto aumentano e si verifica pertanto uno stimolo particolarmente idoneo all’ingrossamento del volume cardiaco, mentre con una durata di stimolo maggiore si ottiene il massimo dell’assorbimento di ossigeno durante il carico singolo.
    Per l’assuefazione ad uno squilibrio acido basico in gara, nelle discipline sportive di breve e media durata, Strauzenberg ritiene necessaria una durata dello stimolo di almeno 2’, con intensità relativamente elevata.

    Nell’allenamento di potenza e velocità, la durata dello stimolo dovrebbe protrarsi fintanto che non si verifichi un decremento della prestazione.
    Al contrario, nell’allenamento di resistenza alla forza con esercitazioni specifiche si tende a creare un’elevata capacità di opposizione alla stanchezza; per cui sarebbe errato, in tale ultimo caso, interrompere la serie di stimoli al manifestarsi dei primi segnali di stanchezza, essendo obiettivo prioritario quello di protrarre lo sforzo nell’impegno a terminare le serie prestabilite.
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  13. #13
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    d) L’entità dello stimolo



    L’entità dello stimolo si ricava dalla durata e dalle ripetizioni di tutti gli stimoli in una singola seduta di allenamento.

    Con i metodi di durata, nell’allenamento di resistenza, l’entità coincide con la durata dello stimolo.
    Tuttavia l’entità in generale differisce dalla durata per l’unità di misurazione utilizzata e per i parametri di valutazione.
    Negli esercizi ciclici di resistenza la durata dello stimolo è stabilita in arco temporale mentre l’entità è determinata in chilometri.
    Nell’allenamento di forza la durata è data dal tempo complessivo sotto sforzo in una serie (durata del singolo stimolo) o dal numero delle serie effettuate (durata della serie di stimoli), invece l’entità è data dal numero di ripetizioni svolto all’interno di una serie o dal numero delle ripetizioni complessive e, dunque, assume parametri di misurazione diversa in ordine all’estensione del singolo stimolo o di più stimoli, rispecchiando maggiormente il concetto di “consistenza dello stimolo” rispetto alla componente di durata effettiva.


    Un carico, con un’intensità data, raggiunge efficacia piena solo se incentrato su di una corrispondente entità e ciò vale non solo per il progresso della condizione fisica ma pure per il perfezionamento della tecnica: solo infatti in virtù di un optimum di ripetizioni si producono le coordinazioni più accurate di un movimento che lo sostanziano come razionale.

    L’entità deve essere dosata in base all’impegno fisico: con carichi di minor intensità sarà perciò maggiore rispetto a quanto necessita con intensità elevate. L’impegno fisico si manifesta con i primi segnali di stanchezza o, nelle esercitazioni tecniche, con lo scadimento del gesto motorio.
    Il grado di impegno dell’atleta e quindi l’entità dello stimolo che lo ha stimolato deve essere posto in relazione e concordanza con le necessità individuali di recupero, dunque con il tempo a disposizione e con la componente frequenza allenante, che sarà ora esaminata.




    e) Frequenza del carico e dell’allenamento



    Le esperienze acquisite nella pratica dell’allenamento insegnano che la capacità di carico e di prestazione si elevano tanto più rapidamente quanto più spesso ci si allena, sempre che il carico previsto nelle singole unità di allenamento comprenda uno stimolo efficace e nel rispetto dei tempi di recupero all’interno e tra le sedute.
    Questo assioma vale per tutte le fasce di età e dunque, considerato che i processi di recupero si accelerano con il progredire dello stato di allenamento, pure la frequenza può in linea teorica aumentare, sempre a prescindere dagli altri fattori.


    In dipendenza dalla disciplina sportiva prescelta, dalle condizioni sociali, familiari, economiche e ambientali, dal livello dell’atleta e dalla realtà che quell’attività sportiva ricopre nel tessuto storico e territoriale del paese - tenendo inoltre conto delle numerose eccezioni - si potrebbe tendere a:

    - 3/5 sedute di allenamento settimanali per principianti, amatori, dilettanti e atleti in età evolutiva,

    - 6/8 sedute per atleti progrediti e di anzianità anagrafica e curriculare, professionisti di talune specialità e adolescenti di altre discipline sportive con particolari caratteristiche d’impegno in giovane età,

    - 8/12 sedute per i Maestri dello Sport, atleti di valore in giochi sportivi e discipline ad alta componente tecnico tattica, atleti di alta qualificazione in specialità a prevalente componente di resistenza aerobica.


    Non è viceversa consigliabile un eccessivo incremento della componente “entità” nella singola seduta a scapito della frequenza di allenamento in quanto, ad un determinato grado di affaticamento, l’efficacia dello stimolo dato dal carico viene a diminuire, come pure il movimento diviene meno economico ed aumenta il rischio di incorrere in infortuni.
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  14. #14
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    Carico Interno e Sovraffaticamento



    Per un ottimale orientamento in ordine al carico da somministrare e ad una costruzione razionale dei microcicli di allenamento, è necessario che l’allenatore sia informato sulla situazione inerente al carico interno, ovvero quello percepito e gravante sull’atleta.
    Nella pratica quotidiana è possibile fare una sommaria valutazione del carico interno in relazione ai sintomi di stanchezza mostrati, come anche in base al decorso ed al ritmo del recupero.
    Buoni effetti allenanti li provoca un carico atto a produrre un intenso affaticamento, dopo il quale tuttavia l’atleta dovrebbe ancora essere in grado di proseguire fisicamente e mentalmente una giornata lavorativa o di avere un buon rendimento scolastico e di studio; inoltre dopo 24/48 h. dovrebbe essere capace di proseguire il programma di allenamento senza sforzi evidenti ed eccessivi.

    A questo proposito, Sotow ed Iwanow hanno stilato una tabella indicativa con quelli che possono rilevarsi come i sintomi più importanti e significativi dopo sforzi di differente entità; in rapporto al grado con cui tali sintomi si esprimono può operarsi la distinzione tra carico minimo, medio, ottimale e limite.

    [ndr: ve la posto sotto e scusate se con la scannerizzazione è uscita lievemente storta ]


    tabella redatta e completata da Sotow e Iwanow:
    sintomi di affaticamento dopo uno sforzo di differente entità
    .

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  15. #15
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    Sovraffaticamento


    Se le esigenze dell’allenamento ed il carico complessivo della vita quotidiana corrispondono alla capacità di sopportazione di un dato atleta, solitamente pure lo stato di allenamento progredisce e si ottengono migliori risultati nei test, nei controlli di prestazione ed in gara.
    L’affaticamento che si manifesta durante e dopo ciascun carico viene eliminato in modo relativamente rapido, con un ritmo che dipende dal carattere e dalla quantità del carico stesso.
    La stanchezza causata da carichi di durata prolungata e di media intensità permane per un periodo sensibilmente più lungo rispetto a carichi di breve durata ma di intensità più elevata (allenamento di velocità).
    Di regola, dopo un periodo di max 2 giorni anche a seguito di carichi notevoli si ristabilisce il valore di riposo iniziale.
    Pertanto, potremmo definire l’affaticamento come un processo fisiologico in conseguenza di carichi che devono essere sempre commisurati alla capacità di prestazione e di sopportabilità dell’atleta.


    Si parla invece di sovraffaticamento quando il carico complessivo dell’atleta - dovuto alla somma di allenamento, professione, studio, ecc. - supera la capacità di prestazione e tollerabilità del medesimo.
    In questo caso, la capacità di prestazione non si ristabilisce del tutto, manifestando una progressiva e inarrestabile tendenza al decremento fino all’eliminazione delle cause che hanno provocato il sovraffaticamento.
    Si registrano significative alterazioni nell’attività del sistema nervoso centrale, che si ripercuotono soprattutto sulle ottimali correlazioni tra eccitazione ed inibizione.

    Israel distingue tra uno stato di superallenamento basedovoide, con preponderanza del processo di eccitazione nervosa ed uno stato di superallenamento addinosoide, dove invece predominano i processi di inibizione: l’insorgere di una o dell’altra forma è favorita dalle tipologie soggettive del sistema nervoso e dal carattere del sovraffaticamento.
    Sempre secondo Israel, infatti, i processi di inibizione si rafforzano in particolare sotto l’influenza di carichi di durata estremamente prolungata con leggero superdosaggio continuativo dell’entità di carico; mentre l’eccessiva eccitazione si manifesta specialmente con l’eccedere dei carichi di intensità massimale e sub massimale o per una troppo accentuata richiesta di capacità di concentrazione nell’assimilazione di movimenti complessi.


    Appare dunque in tutta la sua evidenza l’imprescindibilità di una proficua collaborazione tra atleta, allenatore e medico sportivo (o equipe sanitaria).
    Harre non condivide il concetto prevalente in anni trascorsi che il sovraffaticamento sia in genere da attribuirsi all’eccessiva quantità del carico in se, poiché spesso la sintomatologia sopra esposta si riscontrava, in passato, pure con pianificazioni che prevedevano carichi molto al di sotto di quelli successivamente dimostratisi tollerati.
    A parere di Harre & C. le cause del sovraffaticamento vanno perlopiù ricercate negli errori commessi nella metodica di allenamento, in una condotta o tenore di vita non adeguati o in emotività e stati psichici estranei all’allenamento.


    tabella Harre: motivi che provocano o favoriscono uno stato di sovraffaticamento




    Prima che inizi il calo del livello di prestazione sono ravvisabili una serie di segnali premonitori; è quindi importante distinguere tra i normali sintomi di stanchezza, destinati a scomparire rapidamente e quelli dovuti al sovraffaticamento che permangono più a lungo.
    Ad esempio, occasionali disturbi del sonno, dopo una seduta molto impegnativa, contraddistinguono un isolato carico limite ma un’insonnia continuata deve senza dubbio essere valutata diversamente.
    Il numero ed il grado di manifestazione dei sintomi in parola sono differenti. Si parte spesso con sintomi di natura psichica quali mutamenti d’umore, diminuita capacità di concentrazione ed aumentata eccitabilità; possono seguire disturbi del sonno, sudorazione abbondante, inappetenza che contraddistinguono uno stato già avanzato e devono essere valutati ed offrire motivo per energiche misure di intervento al fine di evitare disturbi più seri, con conseguenti difficoltà di coordinazione nel gesto atletico e irreversibile calo della condizione dallo stato di allenamento fin lì costruito.

    I risultati dell’analisi della sintomatologia e del confronto tra allenatore ed atleta devono improntarsi alla massima fiducia reciproca: sarebbe maldestro il tecnico che interpretasse le giustificate lamentele dell’atleta da lui allenato come una mancanza di energia e di entusiasmo.
    Disturbi di poco conto sono facilmente eliminabili, mentre sovraffaticamenti persistenti possono condurre a manifestazioni patologiche quali alterazioni del ritmo cardiaco, esaurimento del potenziale biochimico, ecc., che comportano un’inevitabile e veloce calo della prestazione non più compensabile nel ristretto periodo del macrociclo.
    Quindi è consigliabile, qualora si ravvisino i primi certi e importanti segnali ed aldilà dei motivi specifici che li hanno indotti, ridurre il carico complessivo del lavoro e, contemporaneamente, porre in atto o intensificare quegli accorgimenti atti a promuovere il recupero: massaggi, esercizi di recupero attivo, accorgimenti alimentari e d’igiene personale, sospendendo altresì gare e test di prestazione.
    Non è tuttavia opportuno ricorrere al riposo assoluto, poiché l’improvviso rilassamento potrebbe provocare ulteriori imprevisti disturbi.
    Non appena invece si nota la scomparsa dei principali sintomi che avevano indotto agli interventi citati, si può con prudenza elevare dapprima l’entità e più tardi l’intensità del carico.
    Si dovrà tuttavia dedicare del tempo alla scoperta, disamina e valutazione delle cause del sovraffaticamento, onde eliminarle e correggere di conseguenza il programma di allenamento, apportando le opportune modifiche alla struttura del carico, ossia al rapporto tra entità ed intensità, ai mezzi di allenamento prescelti (esercitazioni), alla disposizione e contenuto dei micro e mesocicli, ecc.


    tabella Harre: sintomi rilevatori di uno stato di sovraffaticamento
    Ultima modifica di Tonymusante; 05-12-2014 alle 11:24 AM
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Due parole . . .
Siamo nati nel 1999 sul Freeweb. Abbiamo avuto alti e bassi, ma come recita il motto No Pain, No Gain, ci siamo sempre rialzati. Abbiamo collaborato con quella che al tempo era superEva del gruppo Dada Spa con le nostre Guide al Bodybuilding e al Fitness, abbiamo avuto collaborazioni internazionali, ad esempio con la reginetta dell’Olympia Monica Brant, siamo stati uno dei primi forum italiani dedicati al bodybuilding , abbiamo inaugurato la fiera èFitness con gli amici Luigi Colbax e Vania Villa e molto altro . . . parafrasando un celebre motto . . . di ghisa sotto i ponti ne è passata! ma siamo ancora qui e ci resteremo per molto tempo ancora. Grazie per aver scelto BBHomePage.com
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