Perché esistono le categorie di peso
A chi si affaccia per la prima volta al variegato mondo degli sport di forza o inizia ad interessarsi ad attività con i sovraccarichi può apparire poco comprensibile o, perlomeno, suscitare curiosità il fatto che in alcune discipline sportive – che un'antica classifica catalogherebbe genericamente nella locuzione di Atletica Pesante – esista la suddivisione degli atleti in categorie di peso, del tutto estranea ad altri sport pure tradizionali e diffusi.
Non escludo, anzi, che qualche domanda o perplessità del genere possa insorgere persino tra i tecnici e gli appassionati più addentrati nelle specialità del settore.
Nessuno si aspetterebbe di veder distribuito un campionato di basket in ragione dell’altezza dei giocatori che lo disputano, neppure un meeting di atletica leggera in base al peso personale dei partecipanti o una gara di nuoto in rapporto al peso specifico dei concorrenti, magari separati per le varie etnie.
E allora perché in taluni sport fondati sull’opposizione ad una resistenza di forza esiste una ripartizione riferita al peso corporeo?
La questione deve primariamente esser affrontata analizzando nell’insieme le discipline atletiche per quelle che, da un lato, sono le caratteristiche tecniche, biomeccaniche e fisiologiche che le costituiscono e, dall’altro, i principi, i regolamenti ed i canoni su cui storicamente sono nate e si fondano.
Alcuni sport sono incentrati su abilità tecniche o tattiche, altri su giochi di squadra, altri ancora su capacità fisiche in cui l’obiettivo o il mezzo è comune: lo stesso attrezzo di eguale peso utilizzato, la medesima distanza da percorrere, l'ostacolo da superare, ecc.
In tutti questi casi le differenze strutturali dei contendenti sono inerenti alle logiche diversità individuali e naturali, che pongono in essere pertanto il fulcro attorno a cui ruota la competizione e che ciascuno, soggettivamente, utilizzerà come arma propria per abbattere un record, superare un avversario o per giungere ad una meta.
Non sarebbe possibile suddividere gli atleti per tante categorie quanti fossero gli infiniti gruppi che potrebbero scaturirne in riscontro ad ogni caratterizzazione valutabile e, del resto, ciò non obbedirebbe neppure a criteri ben definiti di logica o di equità: trattandosi, nella fattispecie, perlopiù di elementi imponderabili nella classificazione, quasi unici nella consistenza individuale, spesso non ripetibili o prevedibili nel tempo e soprattutto non intrinseci all’attività sportiva in quanto tale ed a eventuali leggi naturali che la regolano.
Invece per le specialità afferenti alla forza - allorchè essa costituisca beninteso la caratteristica essenziale, sia pur in varie esplicazioni che le sono proprie e dove di conseguenza l’obiettivo sia rappresentato dal vincere una resistenza opposta considerevole e in ascesa - accade che le leggi della natura debbano essere obbligatoriamente prese in esame per i valori che rappresentano e su cui regolamentare l’intero sviluppo della disciplina atletica in questione.
In un’attività aerobica il “motore” potrebbe essere rappresentato dall’apparato cardiocircolatorio e la carrozzeria o il telaio da quello muscolo scheletrico; allo stesso modo, qualora negli sport di forza a carattere anaerobico (a prevalenza alattacida o lattacida) volessimo definire il muscolo deputato alla disciplina che ci interessa alla stregua di un motore che produce forza, allora per analogia la massa delle sue fibre potrebbe essere ben paragonata alla cilindrata.
In fisiologia è risaputo che la forza di un muscolo è proporzionale, oltre che ad altri parametri, alla superficie della sezione perpendicolare alle proprie fibre. In pratica, è una capacità che cresce in ragione proporzionale alla massa del muscolo.
Gli individui più pesanti, che hanno una massa muscolare maggiore, riescono - a parità di altri fattori - a sollevare carichi maggiori e ad esprimere perciò la massima capacità di forza “assoluta”. Non a caso i carichi più elevati sollevati in assoluto nel weightlifting o nel powerlifting corrispondono ai primati mondiali delle categoria dei pesi “ +… ” pure detta dei supermassimi.
Nel powerlifting le alzate di entità maggiore sono quasi sempre da ascrivere alla specialità dello squat, dove l’attrezzatura consente performance più evidenti rispetto a quanto garantirebbe lo stacco da terra nelle medesime alzate effettuate in modalità raw.
Ora, riferendoci ai record mondiali delle categorie di peso in vigore fino al 2010, la massima alzata assoluta ufficiale in ambito IPF è rappresentata dai 457.5kg. sollevati nello Squat dall'americano Shane Hamman nel ’96 ad un bw di 169.4 kg,, nonostante possa considerarsi di rilievo ben maggiore lo squat di 455kg. del connazionale Kirk Karwoski eseguito l’anno prima al peso corporeo sensibilmente inferiore di 121.45 kg.
Entrambe le alzate - separate da pochi chili, forse attribuibili a condizioni peculiari e strategiche della singola manifestazione - potrebbero rappresentare la massima performance di “forza assoluta” in una singola alzata, in termini di chili, ottenuta da un powerlifter in una gara disputata con criteri rigorosi, omologabili e ufficiali.
Tuttavia, prendendo in considerazione proprio l’accosciata di Karwoski, questa alzata costituisce una proporzione tra il peso dell’atleta ed il peso sollevato inferiore ai 4bw (quattro volte il peso corporeo), ben diversa dalla proporzione ricavabile dal ex record del mondo di squat del polacco Andrzej Stanaszek di 300.5kg. ottenuto nel 2003 al peso personale di 50kg., che costituisce la massima performance di “forza relativa” pari a oltre 6 volte il proprio peso corporeo!.
E’ il classico quesito irrisolto se debba essere considerato più forte l’elefante o la formica. Il primo è in grado di entusiasmare e regalare spettacolo per la sua capacità di spostare carichi straordinari in termini assoluti; eppure l’impresa potrebbe apparire molto meno eclatante se la contrapponessimo alla stessa capacità espressa dalla formica che, notoriamente, riesce a spostare pesi di decine di volte superiori alla massa del proprio corpo.
Ma come si spiega il fatto che più gli esseri sono piccoli, maggiore è la loro capacità di esprimere forza relativa, mentre più sono grandi maggiore è la loro capacità ad esprimere forza assoluta?
Vediamo di approfondire il discorso vagliandolo sotto l’aspetto prettamente scientifico, sia pur limitandoci in tale analisi all'essenziale.
Sappiamo che la forza muscolare è una qualità fisica determinante praticamente sempre ed ovunque ma, in particolare, negli sport ove sia preponderante vincere una resistenza considerevole ed opposta.
Si possono distinguere due aspetti all’interno della forza:
- la forza muscolare assoluta: che è la massima capacità di forza che un uomo riesce ad esplicare in un gesto determinato, aldilà del proprio peso corporeo;
- la forza muscolare relativa: che è la forza che un uomo può sviluppare in rapporto al peso corporeo; il valore si ottiene dividendo il fattore della forza muscolare assoluta per quello della massa corporea e corrisponde alla forza rapportata ad ogni chilogrammo di massa (cioè, forza muscolare relativa = forza muscolare assoluta/peso corporeo).
Abbiamo già accennato come la forza di un muscolo sia - in prima approssimazione e prescindendo dal tipo di fibre presenti e da altre considerazioni - proporzionale alla sua sezione trasversale, perciò al quadrato della superficie di sezione dei muscoli e quindi delle dimensioni lineari: dunque, cresce in ragione quadrata;
invece la massa muscolare, che produce la forza assoluta, essendo una misura di volume, è proporzionale al cubo delle dimensioni lineari e cresce in ragione cubica, facendo pertanto aumentare nella stessa proporzione il peso dell’atleta.
Supponendo allora che il corpo abbia la forma di un cubo, il lato sarà uguale alla radice cubica della massa e - in ipotesi teorica, ove il corpo sia costituito totalmente da massa magra, in particolare muscoli - la sezione trasversale sarà data dal quadrato della radice cubica della massa, ovvero dalla massa elevata a 2/3.
Si può scrivere la seguente formula, con F = forza e m = massa, introducendo la costante a che tenga in debito conto il livello qualitativo, curriculare e di preparazione dell’atleta:
F = a (m elev.2/3).
Passando ai logaritmi ed esprimendo l’esponente della massa con un numero decimale si ottiene:
log F = log a + 0,666 log m.
La rappresentazione di questa funzione e del rapporto tra la forza e la massa muscolare è una linea retta.
Considerando tali dati, si può notare come la forza relativa si comporti, in soggetti che si trovino in condizioni fisiche idealmente equivalenti, in modo inversamente proporzionale rispetto al peso del corpo: poiché, con l’incremento di volume (che è proporzionale al cubo delle dimensioni lineari), la massa corporea aumenta più rapidamente della forza muscolare, dal momento che quest’ultima è invece proporzionale al quadrato delle dimensioni lineari, ossia al diametro fisiologico.
Ecco dunque spiegato perché ad un aumento di massa non potrà corrispondere un incremento di forza proporzionale ma, d’altronde, anche l’aumento della forza (provocato da vari fattori allenanti) non comporta sempre ed in corrispettivo automatico un aumento della massa muscolare.
E' da rilevare che i rapporti tra peso corporeo e carico da sollevare, estrapolabili dalle osservazioni delle formule teoriche di cui sopra, si riferiscono soltanto alla forza massima in assenza della velocità di sviluppo. Se al contrario si tiene conto di tale fattore, i predetti rapporti cambiano e si nota come la correlazione tra il peso corporeo ed il carico sollevato diminuisca allorquando la velocità di esecuzione aumenta: ad esempio, è stato calcolato un valore approssimato - rispetto a 1 - di 0,80 per il movimento di spinta, di 0,71 per l'esercizio di slancio e 0,89 per quello di strappo.
Vi sarebbe infine da precisare che il valore espresso in chili del peso corporeo puro e semplice non tiene conto delle differenze individuali tra massa corporea magra e grassa e dei relativi incrementi dell’una o dell’altra nell’aumento o nel calo ponderale. Tuttavia, consistendo essi in dati soggettivi, che variano da atleta ad atleta - come del resto altri fattori quali altezza, lunghezza degli arti, proporzioni, simmetrie e densità corporea – e non possono esser comprese in un criterio uniforme di catalogazione all’interno di una disciplina atletica, esulano di conseguenza dalla trattazione in questa sede.
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