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Discussione: Amazing deadlift #1 - più inclino la schiena e meno sforzo...

  1. #1
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    Predefinito Amazing deadlift #1 - più inclino la schiena e meno sforzo...

    Questo articolo nasce da una considerazione di Mark Rippetoe, un allenatore eccezionale che per me è un riferimento. Sia per la didattica, ma anche per il fatto che… si pone delle domande e molto spesso tentare di rispondere ad una domanda è più importante della risposta stessa, perché viene usato il cervello.

    La domanda è questa: perché moltissimi eseguono lo stacco da terra con un posizionamento iniziale che è quello a destra rispetto a quello a sinistra? Le braccia non sono perpendicolari al terreno ma sono inclinate in avanti, cioè le spalle sono più avanti rispetto alle mani.
    Il fatto che qualcuno di importante, uno dei migliori, si ponga una domanda del genere è per me fonte di ispirazione e mi ha fatto mettere in bella una serie di appunti che avevo da tantissimo tempo nei cassetti virtuali della mia pennina USB.


    Per essere trasparenti, voglio dire due cose:
    • Non concordo con la risposta di Mark. Non riporto la sua versione perché non è una gara a chi è più bravo, e poi lui non può (e manco gli frega) rispondermi.
    • Questa è la mia versione, che ritengo “coerente” nel senso che da dei presupposti arriva a delle conclusioni. Contestatela trovando i bug, non perché “Rippetoe dice…”. Analogamente, se mai troverete qualcuno che non la pensa come me, analizzate quello che dice e non contestatelo perché “Paolino dice…”.

    Ok, ecco una serie di “passaggi al ginocchio”, i momenti più delicati dell’intera alzata del deadlift. Quali sono secondo voi quelli “corretti” e quelli “sbagliati” e perché?
    Il problema è che lo stacco regolare, di questo stiamo parlando, è un movimento molto brutale, istintivo ed elementare in cui veramente ci sono tantissime forme di esecuzione, specialmente da parte di atleti di altissimo livello. Guardate un po’ di video di stacchisti regolari e vedrete come sfidano il buon senso riguardo il fatto che la schiena deve essere “dritta”. In altre parole: perché si vedono esecuzioni apparentemente a schiena praticamente piatta senza che ci siano gli ospedali pieni di gente divisa in due a fine gara?
    Anche in questo articolo prima analizzeremo la realtà per provare a spiegarla, poi daremo delle regole pratiche. Mi raccomando a non confondere le due cose…
    Pallosa fisica di base…
    Per comprendere l’effetto del carico sulla schiena devo introdurre come per le trazioni un piccolo concetto di Fisica di base.


    A sinistra la classica leva su cui agisce una forza peso P: oramai lo sanno anche gli hard disk marci dei miei PC che è solo la componente Pperp che induce la leva a ruotare. La capacità di una forza di far ruotare un corpo è detta momento meccanico e vale in questo caso:

  2. #2
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    A destra l’inclinazione della leva è data dall’angolo theta: i due triangoli indicati sono simili e pertanto vale la relazione seguente, a sinistra:

    Tramite questa proporzione da Scuole Medie è possibile ricavare la formuletta a destra. Sostituisco quest’ultimo risultato nella formula del momento:

    Il momento meccanico è perciò pari al valore della forza peso moltiplicato per la distanza orizzontale di questa rispetto al centro di rotazione. Questa formula è molto più significativa dell’altra perché ci permette di tirare fuori dei risultati interessanti in maniera estremamente veloce.

    Ecco pertanto come applicare la leva allo stacco: la forza peso è applicata alla schiena tramite la spalla, precisamente tramite l’articolazione scapolo-omerale.
    Come per lo squat, la spina dorsale non fa parte del movimento se non per il fatto che deve rimanere compatta nelle sue curvature fisiologiche tramite l’azione dei muscoli paravertebrali. Il tronco si muove durante il movimento grazie alla rotazione del bacino, pertanto il fulcro è posizionato proprio dentro l’acetabolo. Il peso tende a far ruotare il tronco verso il basso tramite il momento tau, gli estensori dell’anca controbilanciano questa rotazione con un momento nel verso contrario.
    In questa semplificazione il peso del tronco non viene considerato: del resto chiunque riesce a fare uno stacco da terra a carico naturale, dai… e a carico naturale non ci sono problemi nemmeno in un good morning a gambe tese ai limiti del ribaltamento.
    Stiamo cercando di analizzare stacchi di alto livello, dove il peso del bilanciere è notevole, il peso del tronco non è mai un problema.
    Inclina che va meglio

    Bene: ho disegnato le distanze fra il carico e l’acetabolo, centro della rotazione del tronco. Già così ci sono delle cose che non tornano, vero? Evidenziamole.


    I pesi sono tutti alla stessa altezza, considero la posizione A come quella standard.
    La posizione B è con le ginocchia più indietro, pertanto il bacino è anch’esso più indietro e la schiena più inclinata rispetto ad A (se usate un righello è così): schiena più inclinata, distanza db maggiore della distanza da. Ok, regolare.
    Analogamente per la posizione E su cui spendiamo due parole e basta: se il bilanciere non è appiccicato alle tibie fino al passaggio al ginocchio è chiaro che la distanza fra le anche e il bacino non può che essere maggiore rispetto al farlo strusciare. Perciò il disegno “torna”.
    Il caso D è molto strano, “Paolo hai misurato male!”… però il caso C è eclatante: la distanza orizzontale e le anche è veramente ridotta rispetto al caso standard! Come è possibile… inclinare la schiena è vantaggioso?

    A sinistra la configurazione assurda C, la cui peculiarità è che le braccia sono inclinate: il grande dorsale “tira” le braccia e tiene inchiodato il bilanciere alle tibie. A destra una posizione in cui il bilanciere è alla solita altezza e la schiena alla solita inclinazione, ma con le braccia perfettamente verticali: per rispettare queste due condizioni la caviglia deve ruotare molto di più e il bilanciere viene a staccarsi dalla tibia.
    L’uso “attivo” del dorsale permette pertanto di accorciare il braccio di leva del carico con ovvi benefici! Questo spiega perché persone riescono a sollevare carichi enormi con la schiena molto inclinata quando il bilanciere è a metà gamba, contro ogni logica e ogni buon senso: in realtà il loro assetto è tale che quella postura risulta vantaggiosa.

  3. #3
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    Dato che non sono preciso a disegnare, mi sono costruito un simulatore di stacco regolare. Nel disegno in alto le braccia sono perpendicolari al terrreno: perché il peso vada verso l’alto è necessario far ruotare tutte e tre le “solite” articolazioni: caviglia, anca, ginocchio. In questo caso il bilanciere sale tenendo le braccia perfettamente verticali:
    • La caviglia ruota, il ginocchio si sposta in alto ed indietro. Il carico sale senza spostamenti orizzontali, infatti nello stacco questi possono essere del tutto trascurati.
    • Poiché il bilanciere è a contatto con la tibia, anche la spalla si sposta verso l’alto.
    • Adesso provate con delle stanghettine: se le spalle sono più in alto ma non si sono spostate orizzontalmente, se le ginocchia sono spostate più indietro… il bacino non può che essersi spostato anch’esso più indietro, pertanto la distanza fra esso e il bilanciere non può che essere aumentata.
    • Di conseguenza è aumentato il momento meccanico che il carico crea sull’anca, ed è necessaria più forza all’anca per impedire al tronco di flettere. Analogamente, più coppia all’anca significa più coppia sui paravertebrali che devono impedire alle vertebre di ruotare in avanti.
    In una salita a braccia perfettamente verticali, più il bilanciere sale verso il ginocchio e più il momento meccanico del carico sull’anca va ad aumentare. In questo tipo di alzata il fatto che la schiena si inclini indica proprio che i muscoli devono generare più forza.


    Nel disegno in basso ciò che accade quando la schiena viene inclinata in avanti tenendo sempre il bilanciere attaccato alla tibia:
    • Analogamente a prima, la caviglia ruota e il ginocchio si sposta indietro.
    • La spalla sale perché il bilanciere è attaccato alla tibia ma si inclina anche in avanti: le spalle “tirano” in avanti il bacino in un effetto compensativo di quello delle ginocchia che lo “spingono” indietro
    • Nell’esempio l’inclinazione in avanti è tale per cui la distanza fra carico e bacino rimane costante in tutta l’alzata fino al ginocchio.
    E’ sconvolgente ma è così: l’inclinazione della schiena tenendo il bilanciere alle tibie aiuta nell’alzata! Adesso vi prego: fermate quel ***** di flusso di pensieri che sta sgorgando dalla vostra corteccia bacata: non ho scritto “quelli forti inclinano la schiena e tirano il bilanciere con i dorsali”, ma questa è la spiegazione del perché c’è chi tira via dal suolo il bilanciere inclinandosi paurosamente in avanti come postura abituale, senza fracassarsi la schiena.

    In cosa lo stacco differisce dallo squat?


    Prima di andare avanti una piccola digressione interessante, sicuramente i miei lettori che sono intelligentissimi (vero?) si stanno chiedendo: “Ma Paolino, nello squat ci dici che la versione “corretta” è quella in cui sposti il bacino indietro in risalita… adesso ci dici che nello stacco dobbiamo buttarlo in avanti?”. Il disegno formalizza questa considerazione: in risalita dalla buca le rotazioni di caviglia e ginocchio sparano le ginocchia indietro, il bacino segue le ginocchia e la schiena segue il bacino.
    La domanda è lecita e la risposta doverosa e, anzi, mi permette di illustrare un concetto che è assolutamente banale ma solo dopo che ci si è riflettuto: lo stacco è uno squat più facile perché il bilanciere è tenuto fra le mani?


    Nel disegno il back squat, il front squat, lo squat con la quadra bar e lo stacco: per quanto possano essere differenti, i primi tre hanno in comune la possibilità di muovere le spalle in avanti ed indietro, mentre nello stacco è possibile farlo solo in avanti, almeno per una parte di movimento.
    Questo perché… c’è il bilanciere: tirare le spalle indietro quando il bilanciere è sotto il ginocchio implica che anche la tibia sta ruotando, perché se non lo facesse il bilanciere penetrerebbe nelle ossa. Lo stacco è così un movimento vincolato fino a che il bilanciere rimane sotto il ginocchio, l’abbiamo visto pochi disegni fa mostrando come, nella risalita, il bacino si sposti indietro.

    In B’ un impossibile equivalente dello squat “corretto”: le ginocchia spostano il bacino indietro e il tronco segue questo a sua volta mantenendo la stessa inclinazione rispetto alla partenza, la distanza fra anca e carico rimane pertanto costante. Questo è impossibile perché sarebbe necessario far penetrare il bilanciere nelle tibie!
    In B’’ il movimento reale: lo spostamento indietro del bacino causato dalle ginocchia fa inclinare la schiena, perché le spalle non si muovono dato che le braccia rimangono perpendicolari al suolo. La distanza fra anca e carico aumenta decisamente.
    In B ciò che abbiamo visto in precedenza nell’alzata in cui non c’è sbilanciamento in avanti: la distanza db è superiore alla distanza da ma è comunque inferiore alla distanza db’’. Se inclinassimo la schiena avremmo, come visto, un ulteriore accorciamento della distanza.
    La sintesi di questo assurdo paragrafetto è che nello stacco non è possibile replicare lo stesso pattern motorio dello squat perché avere il bilanciere alle tibie crea un vincolo che lo squat non ha, perciò non è possibile spostare il bacino e il tronco indietro, perciò è necessario attuare uno schema diverso.
    Allora, ci sbilanciamo o no?
    Il fatto che lo stacco non sia una versione semplificata dello squat apre le porte a possibilità in più: lo sbilanciamento in avanti è una strategia aggiuntiva da valutare perché, alla luce dei fatti, è usata con carichi spropositati. Ripeto: non è detto che sia quella ottimale ma è, ripeto, una semplice, ulteriore possibilità. Se nello squat sarebbe assolutamente da bocciare, nello stacco è da valutare.
    “Valutare” non significa “***** c’è questa possibilità, andiamoci giù abbestia che si fa 20Kg in più!”, un po’ come quelli che pensano che basta mettersi la maglia da panca e… puff, da 140Kg a 180Kg così, gratis!


    C’è ovviamente un limite allo sbilanciamento, perché poi il bilanciere deve essere tenuto appiccicato alle tibie per tutta la traiettoria. Fino a che si parla di 100Kg, ok, ma con oltre 200Kg è ben difficile stare con le spalle come nel disegno, dai… e se il bilanciere si schioda dalle tibie la distanza rispetto all’anca aumenta di botto!


    L’altro aspetto fondamentale è che il vincolo delle tibie sparisce al passaggio al ginocchio: nel disegno i due casi di passaggio senza e con inclinazione in avanti. Dopo il passaggio al ginocchio è comunque necessario che la schiena ruoti in posizione orizzontale, pertanto partendo dalla posizione B è necessario percorrere un angolo maggiore rispetto alla posizione A.
    Tutto questo andrebbe giustificato con un sacco di seghe mentali della serie: in B sono più ruotato in avanti rispetto ad A ma il momento del carico è minore, ma alla fine il punto è che da B devo in qualche maniera arrivare alla posizione A e poi chiudere l’alzata, mentre se sono già in A, come direbbe Paolo Bitta, sono già in A e chiudo l’alzata da lì.
    Se è più vantaggioso inclinarsi in avanti, tenendo il bilanciere alle tibie, prima del passaggio al ginocchio, dopo non lo è più e pertanto c’è un equilibrio.
    Una possibilità in più non rende più semplici le scelte, ma invece le rende più difficili. In questo articolo ho cercato di spiegare il motivo per cui uno sbilanciamento in avanti può non essere un segnale di una alzata di stacco scorretta, a differenza di una di squat, nel prossimo darò delle “regole” pratiche per una alzata di stacco efficace.

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