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Discussione: Un dubbio amletico... Servono gli allenamenti dinamici?

  1. #1
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    Predefinito Un dubbio amletico... Servono gli allenamenti dinamici?

    Sto rileggendo il libro mitico di Zatsiorsky “Science and practice of strength training”. Veramente un bel libro. Di quelli che si capiscono sempre meglio rileggendoli. Ci sono tantissimi punti in cui il nostro amico mi mette in difficoltà. Quello più critico è racchiuso nella spiegazione in questi due grafici.



    Per una serie di motivi sia teorici che sperimentali, la forza massima è esprimibile solamente dopo un certo tempo dall’inizio di un “gesto atletico”. C’è un ritardo fra il voler esprimere la massima forza e quando questa si manifesta

    Consideriamo infatti il primo grafico: la massima forza FMax si esprime al tempo TMax (dell’ordine dei secondi, non dei giorni eh). Al momento T0 la forza è meno della massima esprimibile.

    Ci sono situazioni perciò in cui non è possibile esprimere la massima forza possibile per la velocità del gesto stesso, ad esempio, nel lancio del peso o in un salto da una certa altezza. Semplicemente, non c’è il tempo materiale!
    Due parametri permettono di quantificare questo fenomeno:



    Il primo è l’Esplosive Strength Deficit (differenza di forza esplosiva) ed è la differenza fra la forza massima e quella del gesto che ci interessa. Chiaramente, più questo parametro è grande, meno riesco a convertire i miei massimali in forza specifica per il movimento “esplosivo” che mi interessa.
    Il secondo è il Rate of Force Development (tasso di sviluppo della forza) e misura la velocità con cui genero la forza nel movimento che mi interessa. Più è grande, più forza riesco a generare a parità di tempo.

    Ed è qui che il buon Zats mi mette in crisi: lui dice che esercitazioni “dinamiche” migliorano questi due parametri. In pratica, allenandomi per l’esplosività del gesto, la curva della forza massima si sposta come nel secondo diagramma. Si vede infatti che al solito istante T0 la forza è maggiore, perché vale F1 > F0. Chiaramente perché questo accada, il tasso di sviluppo della forza (le linee rosse nei due diagrammi) deve crescere. Ma Zats dice che le esercitazioni dinamiche fanno traslare la curva a sinistra e basta: non c’è nessun miglioramento della forza massimale. Ancora, dedica nel suo libro molte pagine a parlarci dei metodi massimale e submassimale per lo sviluppo della forza, e 5 righe per dare una breve e sommaria descrizione del metodo dinamico.

    Ma… chi fa il Powerlifting cura l’esplosività! In particolare quei pallosi del Westside (me compreso) che ci fanno due superpalle con le sedute dinamiche, con il DE (Dynamic Effort) e l’ME (Maximal Effort), con gli elastici…

    E un luminare come Zats ci liquida in 2 minuti? O siamo tutti fessi, oppure c’è qualcosa che non va.

    Posto questo dubbio amletico sul forum di AOS. Voglio parlare con chi fa il Powerlifting. Sinceramente, anche a costo di sembrare un barbaro palestraro che parla solo se l’interlocutore fa quanto lui di panca, non ho voglia di discutere magari con gente uscita da 5 minuti dall’ISEF e che non “vive” questo sport. Facile sentirsi dire che fare allenamenti dinamici nel Powerlifting non serve a nulla “perché Zatsiorsky…”. Il genere di risposte che non mi piace.

    Su AOS mi risponde Ardus dicendomi che anche lui ha questo dubbio. Bene. Mi sento intelligente. Poi molte altre risposte interessanti. Il concetto è che tutti “sentono” che le sedute dinamiche portano dei benefici. Ovviamente, me compreso.

    Pongo il problema per lo stacco: c’è solamente la concentrica in questo movimento. Perciò viene eliminato il riflesso miotatico, cioè l’incremento di forza che si ottiene pre-stirando un muscolo. Se consideriamo infatti uno squat, nell’eccentrica il muscolo lavora in stiramento, poi c’è una rapida inversione di movimento. Nello stacco ciò non succede.

    Enrico mi fa notare che se si allena con sedute dinamiche, chiude certe alzate massimali, se elimina queste sedute, lo stesso peso si blocca al ginocchio.
    Mettiamola così: c’è una evidenza empirica che i lavori dinamici nel powerlifting hanno un senso e portano dei benefici. Ma Zatsiorsky dice che queste sedute non migliorano la forza massimale. Del resto, non c’è un limite di tempo per le alzate, posso fare uno stacco in 2 secondi o in 20 secondi, perciò a logica non c’è bisogno di esplosività…

    Questa spiegazione non mi basta.

    E in questi casi, mi piace ragionare secondo la logica di un mio amico. Parafraso il suo pensiero: “ma chi (beep) è questo Zatsiorsky? Ci abbiamo mai preso un caffè insieme? No! E allora, ci importa una sega di Zatsiorsky”.
    Bene. Ora inizia la parte pallosa. Del resto, capire come funzionano le cose, significa aprire il cofano e guardare come funziona la macchina. E è sicuramente più divertente premere l’acceleratore che guardare le candele e il radiatore. Però, ogni tanto, è necessario.

    Il punto è che il corpo umano è un sistema meccanicamente complesso. Tanti segmenti (gli arti), tanti giunti (le articolazioni), tanti muscoli (le forze). Il corpo è, come si dice, iperstatico: ci sono più forze per tenerlo in piedi del necessario. La sua modellazione un minimo credibile è estremamente complessa. Appena usciamo dal classico disegnino del tizio che fa i bicipiti con il manubrio (Dio quante volte l’ho visto…), ci troviamo di fronte a calcoli trigonometrici pazzeschi, a equazioni differenziali, a cose raccapriccianti quali gli angoli di Eulero, le matrici Jacobiane, le Lagrangiane…

    Ho saccheggiato nel tempo le dispense di biomeccanica, di bioingegneria, di bioqualcosa. Ho trovato un sacco di materiale. Non c’è niente che in fondo mi soddisfi. Perché quello che noto è che ci si concentra su come risolvere i problemi piuttosto che a porre problemi che hanno un significato nella pratica.

    Una volta ho trovato una tesina di non mi ricordo che università dove c’era un modello di movimento alla pressa orizzontale. Paccate di calcoli per dire che nella fase eccentrica c’era un grosso coinvolgimento del sartorio.
    Dico… del sartorio. Uno dei muscoli più insignificanti del nostro corpo. E poi, nella pressa orizzontale qualcuno ha mai avuto DOMS al sartorio il giorno dopo? Quello laggiù in fondo alza la mano… ma vedo che ha 3 gambe, perciò non conta.

    Nella tesina avevano modellato la pressa come se nell’eccentrica il peso dovesse essere tirato… in pratica, i piedi erano incollati alla pedana e il peso posto sullo stesso piano orizzontale.

    Questo accade quando chi ha il compito di risolvere i problemi non ha idea del problema stesso: chi ha le competenze matematiche è un nerd che i pesi li ha visti in fotografia (ah ah ah, scusate, non ce l’ho fatta…) mentre il fissato dei pesi solitamente ha il diploma di 5° elementare preso alla CEPU.

    E quando perciò le cose sono difficili, le semplificazioni fatte con l’accetta (o con la mannaia) si sprecano. Vediamo se riesco a mediare le esigenze. Vi invito a leggere anche se capisco che il tutto sia abbastanza indigesto.

    Perdonatemi ma c’è un limite al rendere dolci cose che di fatto lo sono poco.

    La domanda è: cosa accade quando stacchiamo il bilanciere da terra?
    Consideriamo solamente il bilanciere che sale. Nel grafico successivo in alto a sinistra ho riportato una ipotetica curva della velocità del bilanciere: si incrementa e rimane costante per tutto il tempo. Questo l’ho ripreso proprio dal libro di Zats: lui dice che il bilanciere dopo una fase di assestamento, si muove a velocità costante. La curva della velocità descrive questo comportamento.

    Affrontiamo ora il problema come una questione di cinematica inversa: noi sappiamo come si muove il bilanciere e vogliamo stabilire le forze che lo muovono in quella maniera. Sappiamo anche che una alzata di stacco si chiude quando il bilanciere è ad una certa altezza S0, in un tempo T0.



    La velocità è legata allo spazio percorso dall’equazione integrale riportata sotto il grafico descritto. Maneggiare queste cose è complicato. E perciò introduciamo nel nostro modello una semplificazione che ha una sua ragionevolezza. Il grafico in alto a destra è la semplificazione che abbiamo scelto: una spezzata in cui la velocità cresce linearmente e poi si assesta. La crescita avviene in una frazione del tempo T0, che indichiamo con kT0 come piace ai matematici. Se k=0.2 il fenomeno avviene nel 20% del tempo totale, questo è il senso.

    Va da se che il calcolo dello spazio è enormemente semplificato e l’odioso integrale scompare.
    Vediamo il grafico a sinistra in basso: se un oggetto si muove a velocità variabile, deve necessariamente essere sottoposto ad una accelerazione (cioè ad una forza netta) che fa variare il suo stato. Se un oggetto si muove a velocità costante, non è soggetto a forze (o meglio, la risultante di tutte le forze a cui è sottoposto è zero)

    Per fare un po’ di puzzo, l’accelerazione è la derivata della velocità. E non ci piace usare le derivate. Nella nostra semplificazione, il valore dell’accelerazione è decisamente più semplice.

    Mi raccomando: è una semplificazione. L’accelerazione vera è quella a sinistra, però noi “semplifichiamo” e diciamo che il valore di picco a sinistra è pari a quello a destra. Dovete fare un atto di Fede che questa semplificazione non distorce il problema. Del resto, noi vogliamo un risultato “spendibile”, non “preciso”.

    Ok, abbiamo ricavato i nostri valori di Vmax e Amax. Riporto di seguito le formule che ci interessano:



    Ora scriviamo l’equazione delle forze che agiscono sul bilanciere. Mi raccomando: sul bilanciere. Queste rappresenteranno infatti il carico esterno e non il carico interno cioè le forze che i nostri muscoli devono generare.

    Sul bilanciere agisce la forza di gravità data dalla massa M del bilanciere per la costante di accelerazione gravitazionale g e la forza F che noi esercitiamo con le nostre mani. Il risultato è che il bilanciere si muove:



    Da cui:



    Già questo ci dice una cosa importante quanto banale: se vogliamo che il bilanciere si muova, dobbiamo tirarlo per un valore di forza che è superiore alla forza peso del bilanciere stesso. Infatti rapportiamo la forza F ad un peso equivalente e poi ad una massa equivalente, come nei 3 passaggi sotto riportati.


  2. #2
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    Teniamoci questa formula per dopo. Ecco perciò la forza da applicare al bilanciere necessaria per sollevare il bilanciere stesso in un tempo T0 e per un’altezza S0



    In pratica, succede questo: si inizia a tirare, la velocità del bilanciere cresce, perché questo accada, devo tirare per un peso superiore a quello del bilanciere stesso. A regime, la velocità del bilanciere è costante, pertanto la forza sul bilanciere si abbassa e torna ad essere pari a quella del bilanciere stesso.

    Mettiamo un po’ di numeri:



    Solleviamo il bilanciere per 80cm in 2 secondi e ci vuole un decimo di questo tempo per arrivare alla velocità finale, cioè 2 decimi di secondo. Dài… ragionevole.



    La mia velocità è pari a 42cm al secondo, c’è un picco di forza che corrisponde a tirare un peso di 1.11 volte il peso iniziale. In altre parole, se voglio che la mia tirata mi mandi in alto il bilanciere per 80cm in 2 secondi, devo dare un picco di forza entro i primi 2 decimi di secondo pari all’11% in più del peso del bilanciere.

    E adesso, cerchiamo di entrare nello specifico: se io tiro in meno tempo, che succede?

    Matematicamente, ciò implica scrivere così:



    Considero cioè un tempo T1 che sia una frazione del tempo T0 di partenza, e la frazione la esprimo con un coefficiente fra 0 e 1. Se sostituiamo T1 in tutte le formule, con dei passaggi algebrici semplici, si ottiene:





    Le due formulette dicono cose che anche il buon senso ci direbbe: se tiro in meno tempo, devo tirare più veloce. Infatti h è al denominatore, ed è sempre minore di 1, perciò V1max è maggiore di Vmax sempre. Analogamente per l’accelerazione dove però la dipendenza è con un quadrato, perciò si fa sentire in maniera molto più intensa.

    Se diminuisco il tempo in cui tiro, ecco quello che succede: devo tirare più velocemente e perciò devo applicare più forza. Molta di più, come nel diagramma.

    Voglio ora tirare più velocemente ma meno peso: al diminuire del tempo, di quanto posso diminuire il peso per ottenere un picco di forza costante? O, in altre parole: tirare meno peso in meno tempo è equivalente a tirare più peso in più tempo?



    Le formule sopra riportate dicono che: ho due forze generate una da una accelerazione a e una massa M del bilanciere e una da un’accelerazione a1 e una massa M1 del bilanciere. Voglio che siano uguali. Risolvo e trovo M1.

    E adesso vediamo una tabellina riepilogativa

  3. #3
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    Leggiamo la prima riga che è interessante. Considero il mio massimale raw di 250Kg e dico che lo tiro in 2 secondi, con il solito accorgimento che ci metterò per arrivare alla velocità costante un decimo del tempo totale. La colonna Meq mi fa vedere che in questo intervallo di tempo devo tirare per 304Kg. La colonna P è la potenza che sviluppo nell’istante in cui devo esercitare questi 304Kg sul bilanciere. Infatti è:



    Sviluppo poco più di un KW in questo istante.
    Diciamo che ora tiro in 1.4 secondi, cioè nel 70% del tempo totale (4° riga): dovrei tirare un peso equivalente di 360Kg. Ovviamente, non mi riesce tirare il peso in 1.4 secondi!

    Ma mi chiedo: per ottenere un picco di forza paragonabile ai 250Kg tirati in 2 secondi, quanto mi basta mettere? La colonna M1 mi dà la soluzione: mi bastano 211Kg. Questi Kg mi assicurano che io stia tirando un peso equivalente ai miei 250Kg, a patto che li tiri più velocemente. La potenza meccanica applicata al bilanciere, cresce.

    Perciò, per tirare 211Kg in 1.4 secondi devo generare sul bilanciere la STESSA forza necessaria a tirarne 250 in 2 secondi. La stessa.

    Questo è il punto.

    In un DE di stacco mi abituo a tirare velocemente. Tirare velocemente significa generare, con meno peso, una forza equivalente molto più alta. Cioè in un DE stiamo facendo un lavoro con pesi massimali: non guardiamo infatti al valore del peso del ferro, ma a quello che poi dobbiamo tirare con le nostre mani.

    Perciò, in un DE si genera una forza massimale. Altrimenti il peso (poco rispetto ad un ME) non sale velocemente, e il lavoro non serve.
    Per generare “velocità” devo generare una forza massimale, per quanto in un tempo ristretto, e per generare una forza massimale, il mio corpo attua tutte le strategie tipiche: reclutamento massimo delle fibre, sincronizzazione di queste, aumento della frequenza di scarica dei neuroni e tutto il resto. Un DE mi permette, con meno peso, di allenare queste qualità che mi ritroverò pari pari in una seduta ME.

    Più tiro velocemente un peso, più per metterlo in moto e chiudere l’alzata in meno tempo ho bisogno di generare forza massimale. Ovviamente, per meno tempo di quando sono più lento, ma complessivamente devo generare più potenza.

    In quest’ottica, Zats che le nostre sensazioni “tornano” a meno di un problema di linguaggio. Il lavoro dinamico di Zatsiorsky NON E’ quello di cui parliamo noi. Lui intende “dinamismo” come generazione istantanea di forza, noi lo intendiamo come “movimento da attuarsi nel minor tempo possibile”. Sono simili, ma non uguali.

    Oppure, in maniera più formale, consideriamo nuovamente l’RFD:



    Nel suo libro Zatsiorsky intende migliorare il parametro diminuendo il tempo T necessario per produrre la forza F. A noi interessa invece migliorare lo stesso parametro ma aumentando la forza F. Il tempo in cui questa forza si manifesta non è rilevante perché in un DE cerchiamo di diminuire il tempo complessivo dell’alzata. Chiaro, se diminuisce il tempo totale, diminuisce anche il tempo di produzione della forza, ma questa è una conseguenza accessoria.

    Anche a noi preme produrre tassi di forza elevati, ma con mezzi differenti: aumentando la forza tirando più velocemente.
    Perciò di conseguenza nel powerlifting se l’RFD è importante, un parametro come l’ESD ha molto meno valore. Da ciò si dovrebbe capire che l’introduzione di sedute pliometriche o balistiche non è la vera chiave di miglioramento se non per il fatto che queste esercitazioni migliorano comunque i meccanismi neurali di produzione della forza. Non è però pensabile che siano la base di un allenamento da Powerlifting.

    Possiamo dire che un triplista non necessita di uno stacco forte ma di un buon salto sul plinto. Viceversa, un powerlifter ha bisogno di uno stacco dai rialzi forte e non di un buon salto sul plinto.



    Ancora, a noi interessa generare molta potenza, piuttosto che essere dinamici. E piuttosto che DE si dovrebbe chiamare PE, Power Effort. Perciò, a noi i lavori dinamici… servono!

    A questo punto, si potrebbe esasperare il giochino: perché non ci alleniamo con un peso ridicolo ma tirandolo fortissimo? E qui si deve stare attenti.
    Abbiamo infatti considerato la forza da applicare al bilanciere, non quella che generiamo noi…

    Datemi fiducia. La forza che, ad esempio, la nostra catena cinetica posteriore deve esercitare è fatta come nel grafico sopra riportato: oltre al “picco” dovuto al tirare velocemente per mettere in moto il bilanciere, via via che il bilanciere si solleva dal suolo, i leveraggi del nostro corpo si assettano in maniera tale che al ginocchio ho il massimo dello sforzo dell’intera alzata (la linea tratteggiata piazzata ipoteticamente a qualche cm sotto il ginocchio).

    Questo accade perché al ginocchio si ha la massima distanza fra il bilanciere e il fulcro della leva costituita dalla schiena che si articola sulle anche. Massima distanza, massima forza per equilibrare il tutto. Ho un modello di questo, ma è complicato ed è in brutta. Ma, appunto, fidatevi, l’andamento è simile. Poi l’alzata si chiude con meno forza, anche se rimane un residuo necessario per rimanere eretti.

    E’ chiaro che c’è un equilibrio: se metto troppo poco peso e tiro veramente forte, avrò un picco iniziale altissimo, ma al ginocchio devo generare meno forza. E questo è meno allenante di mettere più peso, tirare un po’ più piano, ma avere al ginocchio un valore di forza più elevato da esprimere sulla catena cinetica posteriore.

    Nella figura sottostante sono illustrati due tipi di alzate: una “lenta” con più peso rispetto a una “veloce” con meno peso. Il picco iniziale è decisamente più elevato nel caso “veloce”, ma al ginocchio il carico è leggero rispetto al caso “lento”.

    Perciò, attenzione con il dinamismo! E’ per questo che il transfer delle alzate olimpiche è basso per persone con poco skill in questa roba: chi fa OLs con un differenziale abissale fra strappo e stacco sottopone il suo corpo a forze massimali nello strappo nel momento in cui tira dal suolo, ma non c’è confronto con la forza che in uno stacco dovrebbe generare al ginocchio.



    Infine, due parole sugli elastici: questi oggettini di bassissimo costo costituiscono una delle soluzioni low tech che preferisco per coniugare il “tirare velocemente” con il “pesone”: un elastico che inizia a tirare a 5cm sotto il ginocchio e genera un sovraccarico di 20Kg in chiusura porta ad una alterazione delle due curve sopra riportate, “fondendole” in modo tale da avere una generazione di un picco di forza in partenza e innalzando il picco di forza a partire dal ginocchio fino a fine alzata, come riportato nella curva blu del grafico sotto riportato



    Al termine di tutto questo, c’è chi si chiederà se è valsa la pena di fare tutto questo casino.

    Sinceramente, mi scoccia sempre sapere che operare in un modo è meglio che in un altro solo perché l’ho provato. Non mi piace “eseguire perché l’ha detto lui”, Zatsiorsky o chi per esso. Io devo capire.

    E ora che ho capito, mi sento soddisfatto. Come vedete, mi basta poco per essere contento!

  4. #4
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    Sensazionale. Ti parlo di una mia esperienza che ha permesso di migliorare notevolmente lo squat: l' effetto balistico.

    Tempo fa mi apprestavo a sollevare 190 kg raw + 54.5 kg di elastici. Purtroppo ho mancato questo obiettivo ma questa è un' altra storia. Quello che mi ha permesso di prendere feeling con questi pesi è l' effetto balistico, ossia la capacità di sfruttare l' emergia dello squat in discesa per "recuperarla" quando devo iniziare la fase concentrica.
    Test con 150 kg + elastici (in basso 170.5 kg e al top 204.5 kg). Ho provato l' alzata in due tempi
    1) discesa lenta controllata (eccentrica) + concentrica esplosiva
    2) discesa dinamica (eccentrica) + concentrica eplosiva

    La 2) è durata 1s in discesa e 1s in risalita
    La 1) è durata 3/4 s in discesa e 4s in risalita e ancora un pò rimanevo schiacciato dal peso
    Ultima modifica di Corvette; 09-04-2007 alle 09:37 PM
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  5. #5
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    Questo lavoro eccezionale, pantagruelico, immenso, ciclopico, eccellente, non risponde a un mio dubbio.

    E' il dubbio è legato al SNC, a quanti motoneuroni impieghiamo sulle contrazioni muscolari. Ovvero: i motoneuroni vengono più stimolati su una sessione DE o ME ?

    Prendiamo sempre l'esempio di Paolo, lo stacco.

    Se io faccio una sessione ME avrò un certo numero di motoneuroni (che so, un centinaio) che attraverso le innervazioni dei muscoli sollecitati nella catena dinamica, utilizzano le monete di scambio ATP-ADP. Bla, bla. Etc. etc.

    Ma cosa cambia realmente in una sessione DE ? Il numero di motoneuroni utilizzati è minore ? O unità muscolari coinvolte sono minori ?

    A livello di SNC, cosa cambia ?

    Farò ricerche a riguardo.

  6. #6
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    scusami paolo quindi fare una seduta dinamica cn il massimo dell espolosione richiede ugualmente uno sforzo massimale visto che il peso è spostato cn la massima velocita possibile?

  7. #7
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    Grazie Paolo, tutto ciò è GRANDIOSO!!!

    Dopo l' esame di analisi 3 vedrò di studiarmi tutto con più calma!

    GRAZIEEEEEEEEEEEE!!!!

  8. #8
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    avevo già letto la discussione su AOS e il file allegato con l'articolo.. complimenti paolo, molto interessante ed utile.
    cmq io sono convinto che anche nello stacco ci sia una forma di riflesso dato dalla velocità di contrazione e stiramento dei muscoli (infatti chi tira grip&rip tira di +) quindi i dinamici diventano ancora + utili anche per questo esercizio.

    lo sforzo nn è esattamente massimale perchè come si vede dai grafici lo sviluppo della forza nn è uguale a quella massimale in tutti i punti (poi chi ne capisce di queste cose magari può correggermi) quindi sul sistema nervoso l'impatto è inferiore (anche se i dinamici si eseguono ad alto volume, compensando questa cosa)
    Ultima modifica di °°sOmOja°°; 10-04-2007 alle 09:09 AM

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da tattoos Visualizza Messaggio
    Questo lavoro eccezionale, pantagruelico, immenso, ciclopico, eccellente, non risponde a un mio dubbio.

    E' il dubbio è legato al SNC, a quanti motoneuroni impieghiamo sulle contrazioni muscolari. Ovvero: i motoneuroni vengono più stimolati su una sessione DE o ME ?

    Prendiamo sempre l'esempio di Paolo, lo stacco.

    Se io faccio una sessione ME avrò un certo numero di motoneuroni (che so, un centinaio) che attraverso le innervazioni dei muscoli sollecitati nella catena dinamica, utilizzano le monete di scambio ATP-ADP. Bla, bla. Etc. etc.

    Ma cosa cambia realmente in una sessione DE ? Il numero di motoneuroni utilizzati è minore ? O unità muscolari coinvolte sono minori ?

    A livello di SNC, cosa cambia ?

    Farò ricerche a riguardo.
    Le domande che poni sono interessanti, come sempre.

    Ti dico la mia spiegazione.

    Il nostro corpo è complesso e attua strategie complesse per sopravvivere all'ambiente. Ogni pezzo del nostro organismo esibisce una complessità di molti ordini di grandezza superiore a qualsiasi oggetto che l'uomo potrà mai creare, è fuori discussione.

    Quando noi cerchiamo di capire, dobbiamo per forza di cose crearci dei modelli, degli schemi. Che devono essere sufficientemente semplici per trarre delle conclusioni. Schemi semplici come quello che ho descritto.

    Quando si creano questi modelli, si effettua una segmentazione delle "cose": segmentazione delle reazioni chimiche, delle reazioni elettro-chimiche, del tempo, dei processi... in altre parole, consideriamo i pezzi come se fossero separati fra se.

    Ad esempio, il SNC come se innescasse la contrazione muscolare ma poi come fosse separato dalla stessa. I livelli degli elettroliti cambiano invece in presenza di acido lattico, perciò i segnali elettro-chimici vengono alterati. Perciò la contrazione influenza il processo di innesco della stessa. Ma dato che è complicato ragionare così, noi preferiamo tenere separato.

    Viceversa, se vogliamo studiare cosa l'acido lattico fa, lo facciamo a parte.

    Ma in realtà avviene tutto insieme. Solo, è troppo complicato.

    Tutto questo come premessa a quello che tu vuoi sapere.

    In un DE il SNC è stimolato in maniera differente da un ME. Il SNC è un tutto globale e si devono tenere di conto tante cose.

    In un DE di stacco fai un 12x2, in un ME di stacco fai, che so... 2 singole.

    In un DE hai perciò 12 prime ripetizioni, 12 setup, e 12 seconde ripetizioni, 12 riposizionamenti e riprese di concentrazione. In un ME hai 2 singole. I pesi sono differenti.

    L'impatto sul SNC è globale, come quantificare delle azioni di coordinazione intermuscolare? Difficile dirlo, e il solo numero di motoneuroni non può essere la chiave discriminante, perchè sarebbe troppo facile

    Ancora, quale dei due allenamenti ti crea più stress o ansie? Dipende, no? Ma lo "stress" è un fenomeno che deve essere correlato a delle grandezze biologiche. E allora, come mai certe volte un 12x2 mi pesa più di un ME a 2 singole?

    Perciò alla tua domanda quello che ho scritto non ti dà risposta!

    x Corvette: tu hai sperimentato quello che si chiama stretch reflex, il riflesso da stiramento, cioè la capacità di un muscolo di generare più forza quando passa da un allungamento ad un accorciamento! E' un meccanismo potentissimo!

    x diesel: il punto è questo: per mettere in moto un oggetto quanto più velocemente possibile, è necessario generare molta forza. "Mettere in moto" non significa lanciarlo... significa farlo passare velocemente da zero a una certa velocità, che può essere bassa. Ma più il passaggio è veloce, più forza devi generare.

    Nota i vari grafici: la velocità è sempre costante a meno di un tratto iniziale dove cresce. E' chiaro che se il tempo totale diminuisce, quel tratto deve diventare più ripido. La "ripidezza" è quella che crea l'accelerazione. Più ripido, più accelerazione, più forza, più picco.

    Molta forza=forza massimale, anche se in un periodo limitato di tempo.

    Poi, chiedete!

  10. #10
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    Alla fine quelli del westside hanno ragione, organizzando 2 allenamenti per la velocità e 2 pesanti.
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  11. #11
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    Hai ragione, Paolo, quando parli di "mancata olistica" sulle considerazioni che noi effettuiamo (ma anche gli studiosi, per ragioni, immagino di chiarezza o di comodità, effettuano).

    In effetti, tutte le reazioni chimico fisiche espresse dal nostro corpo devono essere prese in toto, senza escludere alcunché.

    L'argomento è affascinante, come del resto gli studi di Zatsiorsky ed i successivi e più recenti (Bosco, ad esempio negli anni ottanta) sugli effetti dei jump pliometrici per diminuire gli effetti del "risparmio" tendinee per limitare i danni (cfr. Golgi).

    Quali sono gli studi che stai consultando ?

  12. #12
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    scusa paolo allora in teoria si potrebbero fare solo sedute dinamiche visto che in un certo senso si allena sempre la forza massimale?

  13. #13
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    Uno degli articoli più interessanti mai letti! Anch'io devo capire il perché delle cose, dato che non amo gli approcci di carattere puramente empirico..
    Il modello mi sembra ben fatto anche se forse (specie nel caso dello stacco) si sono dovuti per forza di cose trascurare dei paramentri (ad esempio la flessione del bilanciere con le relative oscilazioni elastiche, forse anche eventuali momenti d'inerzia da vincere per tenere il bilanciere parallelo al terreno per tutta la risalita..)
    Ciò che conta è però l'eccellente risultato finale: la teoria mi sembra solida e l'approccio è scientifico, autori più blasonati una capcità argomentativa del genere se la sognano nei loro libri divulgativi (mi fermo qui )
    Farti i complimenti mi sembra poco..articolo bellissimo

  14. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Corvette Visualizza Messaggio
    Sensazionale. Ti parlo di una mia esperienza che ha permesso di migliorare notevolmente lo squat: l' effetto balistico.

    Tempo fa mi apprestavo a sollevare 190 kg raw + 54.5 kg di elastici. Purtroppo ho mancato questo obiettivo ma questa è un' altra storia. Quello che mi ha permesso di prendere feeling con questi pesi è l' effetto balistico, ossia la capacità di sfruttare l' emergia dello squat in discesa per "recuperarla" quando devo iniziare la fase concentrica.
    Test con 150 kg + elastici (in basso 170.5 kg e al top 204.5 kg). Ho provato l' alzata in due tempi
    1) discesa lenta controllata (eccentrica) + concentrica esplosiva
    2) discesa dinamica (eccentrica) + concentrica eplosiva

    La 2) è durata 1s in discesa e 1s in risalita
    La 1) è durata 3/4 s in discesa e 4s in risalita e ancora un pò rimanevo schiacciato dal peso
    [quote=IronPaolo;257585]x Corvette: tu hai sperimentato quello che si chiama stretch reflex, il riflesso da stiramento, cioè la capacità di un muscolo di generare più forza quando passa da un allungamento ad un accorciamento! E' un meccanismo potentissimo!

    quote]

    Vorrei dare una rispolverata a questo 3d perchè:
    1)è interessante
    2)mi ha lasciato qualche dubbio (colpa le mie carenze in fisica)

    Ecco le domande:
    1)x Corvette:nel medio periodo hai ottenuto guadagni di forza nell'eseguire la fase eccentrica dinamica e quella concetrica esplosiva?
    2)potrei utilizzare con vantaggio questo sistema con la bench press?
    3)per IronPaolo: potresti darmi qualche info in più sullo stretch reflex?

    Grazie mille

  15. #15
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    io rimango senza parole tutte le volte che leggo i post di paolo... che dire se non bravo e grazie
    Una volta ci si faceva il culo per vivere, ora è la vita a esser presa per il culo! [Heerokeem]

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