L'ho pubblicato sul sito di Paolo. E poiché mi piaceva, lo pubblico pure qua.
Non c’è niente da fare.
Non so a che punto sono arrivato e non so perché faccio certe cose. Ma sollevare pesi in uno sgabuzzino che io chiamo “palestra” a casa, non è il massimo certe volte.
Eppure, quando, per motivi di lavoro o perché la moglie o la figlia (o entrambi) richiedono la mia presenza, non riesco ad entrarci, sento un vuoto. Qualcosa che manca.
Eppure, solido o stolido, in inverno ed in estate, lo squat, lo stacco e la panca non mancano mai: ne ho un bisogno quasi fisico, una necessità impellente: un vizio insomma.
Eppure, alla domanda “Sono grosso ?”, la risposta è invariabilmente no, ambivalente per la domanda “Sono forte ?”.
Eppure, alla mia età, i signori si avventurano a cambiare la marcia dell’autovettura e premere i pulsanti del telecomando, come massima espressione dell’iperattivismo.
Eppure, sto bene con me stesso. E non ho più agonistici pensieri su persone viste sui forum che alzano quintali e pesano altrettanto. Ma la domanda rimane, nell’intimo: è frustrante stare senza pesi, come anche farli, sudare, imprecare, da solo, sudato, nel silenzio e nel baccano della ghisa che tocca il reggibilancere.
In effetti, non sono da solo. Il mio cane, fugacemente, adocchia il linoleum per farci la pipì sopra. Lo fulmino con gli occhi, lui abbassa la coda e se ne va.
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