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Discussione: Tirate al mento/sterno

  1. #1
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    Predefinito Tirate al mento/sterno

    Non so se esiste già un 3d simile, ma ho visto che le mie tanto amate tirate al mento possono creare danni alla cuffia dei rotatori in quanto non biomeccanicamente corrette... Contate inoltre che gioco a pallavolo, quindi i rischi di infortuni alla spalla sono alti... Se salissi fino allo sterno rischierei comunque di farmi male? qual'è l'esecuzione meno dannosa? grazie in anticipo

  2. #2
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    ciao, perchè vuoi fare tirate al mento?
    probabilmente per la pallavolo è + efficace un push press bilancere o lento\push press con manubrio singolo.

    immaginando tu voglia usarlo come esercizio accessorio al lento:
    - se l'esecuzione è allo sterno nn dovrebbero esserci problemi, visto che eventualmente questi sono legati all'impignment del sopraspinato (cuffia).
    per aumentare la sicurezza, riducendo eventuali intrappolamenti puoi eseguirle con scapole addotte.

    cmq dovrebbe esserci un bel thread al riguardo su ardus, nn so se sei iscritto

  3. #3
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    innanzitutto grazie claudio x il tuo intervento...
    ti dirò che le tirate le faccio con manubri e mi danno delle ottime sensazioni, oltre a farmi esplodere gli avambracci... naturalmente le uso come accessorio al lento. Vedrò di non salire + dello sterno e di addurre le scapole... Salendo di meno potrei caricare di +, giusto?
    Nessun uomo ha il diritto di essere un dilettante in materia di preparazione fisica. E' una vergogna per un uomo invecchiare senza vedere la bellezza e la forza di cui il suo corpo è capace.

  4. #4
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    Sì, è un bel Thread di Giovanni (TonyMusante) sul rafforzamento delle spalle.

    Se ricordo bene, si indicava che la posizione fra negativa e positiva e l'altezza dei capezzoli.

  5. #5
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    azz, nn sono iscritto
    Nessun uomo ha il diritto di essere un dilettante in materia di preparazione fisica. E' una vergogna per un uomo invecchiare senza vedere la bellezza e la forza di cui il suo corpo è capace.

  6. #6
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    Ecco lo scritto di Giovanni AKA TonyMusante su AOS:

    Citazione Originariamente Scritto da TonyMusante
    la tirata al mento è pure un esercizio classico, adottata soprattutto per l'allenamento del trapezio. I vecchi bodybuiders la prediligevano per preparare l'aspetto "terrific" nella posa del most muscolar.
    Normalmente la si vede eseguire ad impugnatura stretta perchè è l'esecuzione didattica dell'esercizio.
    Esiste, tuttavia, un'importante variante costituita dalle tirate ad impugnatura larga che il maestro Violanti inseriva tra gli esercizi propedeutici alla bench press.
    Praticamente si parte impugnando il bilanciere ad una distanza appena più larga delle spalle, in modo che al termine dell'escursione il braccio e l'avambraccio vadano quasi a formare un angolo retto con i gomiti più o meno in linea con le spalle.
    Simula, in qualche modo, la tirata con portata al petto del sollevamento olimpico, variando rispetto ad esso sia la partenza col busto eretto, sia l'impugnatura in ogni caso più stretta e senza necessità di portare il pollice all'interno delle 4 dita.
    Chiaramente la tirata diventa al petto - e non più al mento - poichè la diversa posizione delle mani consente un raggio limitato nella salita del bilanciere.
    La ritengo - per rispondere alla tua domanda - un complementare all'esercizio di bench press più attinente rispetto alla versione classica di tirata al mento con impugnatura stretta, per due ordini di motivi:
    1) perchè la posizione di mani e braccia è più simile a quella che si adotta sulla panca, andando a tracciare un percorso in trazione e sul piano verticale antagonisticamente analogo a quello che su panca effettuiamo in distensione;
    2) inoltre perchè questa versione della tirata, anzichè limitarsi ad allenare massicciamente il trapezio, coinvolge precipuamente la sezione mediana del deltoide (deltoide laterale), che supporta il tricipite nei lockout su panca soprattutto per quegli atleti che adottano un impugnatura larga. Peraltro tale lavoro sul deltoide laterale avviene con un movimento delle braccia ravvicinate al busto e, quindi, potenzialmente a minor rischio di infortuni, con carichi pesanti, rispetto al classico esercizio d'isolamento delle alzate laterali con i manubri che si effettua in abduzione.

  7. #7
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    Continua:
    Tra gli esercizi che possono ottimamente combinarsi con i movimenti di distensione verticale (lenta o push press), alzate, scrollate e tirate per l'allenamento delle spalle nei mesocicli di preparazione off season finalizzati agli eventi agonistici di bench press o di distensione, vorrei ricordarne uno molto in voga in anni passati e più recentemente trascurato nell'epoca della moda incalzante delle macchine isotoniche:
    mi riferisco alla distensione su panca con impugnatura in supinazione
    ( volgarmente detta " panca a presa inversa").

    Si tratta di un esercizio particolarmente rivolto all'allenamento del deltoide sez. anteriore, che può essere eseguito con diverse modalità.
    L'esecuzione classica prevede che l'atleta, disteso supino su panca orizzontale, impugni il bilanciere con i palmi delle mani rivolti verso il viso (supinazione della mano) ad una larghezza all'incirca pari a quella delle spalle; l'atleta porta poi il bilanciere verso lo sterno e lo distende verso l'alto. In questo movimento, oltre al deltoide anteriore che sopporta gran parte del carico, vengono ampiamente attivati i tricipiti (non tanto il capo lungo, come nella bench press del resto) ed i fasci interni del gran pettorale.
    E' l'esecuzione più diffusa dell'esercizio, quella che ancora talvolta si può vedere nelle palestre.
    Esiste, anche in questo caso, un'importante variante che veniva utilizzata un tempo dai vecchi marpioni del ferro: l'atleta, dopo aver impugnato il bilanciere come nel caso precedente, sceglie un angolo al gomito (tra braccio ed avambraccio) che rimane fisso per tutta la durata dell'alzata e scende verso l'ombelico disegnando un semicerchio e tracciando poi analoga traiettoria nella risalita.
    E' quella che io chiamo in gergo, per distinguerla dall'altra, panca inversa "a compasso" perchè, se immaginiamo un ideale baricentro nella zona sub ascellare, il movimento ricorda appunto il raggio limitato di un compasso o, se preferite, una curva tracciata lungo un goniometro.
    Questa variante diventa un vero e proprio lavoro di isolamento per il deltoide anteriore poichè il tricipite, senza accorciamento o allungamento delle leve brachiali, svolge esclusivamente lavoro isometrico ed il pettorale, pur ancora concentricamente attivo, riduce di gran lunga il suo apporto.
    E' un esercizio praticato raramente perchè scomodo e faticoso, tuttavia da tener presente per l'allenamento precipuo di quelle alzate dove il deltoide anteriore ha un ruolo determinante. E' in ogni caso da considerare che questa tipologia di esecuzione non consente carichi enormi, sia per il rom molto svantaggioso in abduzione dal busto, sia per lo scarso ausilio fornito al deltoide dal resto della catena cinetica e sia, infine, per la particolare scomodità dell'impugnatura che obbliga ad un'attenta assistenza dello spotter nel momento in cui il bilanciere giunge perpendicolare sul collo sotto il palmo della mano.
    Da notare, inoltre, che nella fase iniziale della risalita dallo stomaco, il braccio viene a trovarsi sotto il livello del busto e questo comporta di conseguenza un intervento sinergico del bicipite nel sollevamento.
    Tra le ulteriori varianti possibili, esiste anche l'esecuzione dell'esercizio di distensione a presa in supinazione su panca inclinata. Ovviamente in questo caso, quale che sia la modalità adottata (di distensione o di sollevamento in abduzione a compasso), sarà più marcato l'intervento del bicipite (e tanto più nel sollevamento in abduzione) causa la posizione del busto dovuta alll'inclinazione della panca, che muta la traiettoria del bilanciere sul piano spaziale rispetto al corpo.
    In ogni caso, qualora si voglia inserire in routine l'esercizio di "panca a presa inversa" in una delle modalità sopra descritte, ho due raccomandazioni da fare:
    1) svolgere l'esercizio solo con l'accertata presenza alle spalle di uno spotter esperto;
    2) non eseguire serie con numero di ripetizioni molto basso (tipo 2 o 3), onde evitare che un carico sub massimale comporti un'esecuzione scadente e conseguenti inevitabili infiammazioni tendinee nella delicata zona del cingolo scapolo omerale e cuffia dei rotatori. Trattandosi di esercizi complementari sinergici e non di esercitazioni speciali o movimenti parziali delle alzate di gara, ci si può tranquillamente assestare sulle 6/8 ripetizioni a serie per un max di 4 serie e....rigidamente off season.

  8. #8
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    Terza parte:

    Tutti conoscono le diverse varianti di alzate con busto piegato a 90°, rivolte all'isolamento della sezione posteriore del deltoide. Generalmente però, per qualche oscuro motivo, nelle palestre non viene data altrettanta importanza all'allenamento dell'intera zona posteriore di spalle e dorso, che comprende una serie di altri muscoli sinergicamente funzionali.
    Sicuramente, per gli agonisti della pesistica o del PL nonchè per gli atleti di forza in genere, questa fascia viene sufficientemente allenata con gli stacchi da terra ed il rematore mentre, per l'utenza comune, si preferisce sfruttare alcune macchine tutto sommato discrete, quali la "low row" (ottima quella della Hammer Strength) o la "vertical rowing" ad impugnatura alta orizzontale.

    Tuttavia, vorrei soffermarmi su di un esercizio poco noto e sfruttato che può, a mio parere, raggiungere in isolamento alcuni muscoli della parte alta del back, con proficua ripercussione su gli equilibri di postura e sull'allenamento tanto della capacità di trazione quanto dei muscoli antagonisti negli esercizi di distensione.
    Mi riferisco all'abduzione posteriore delle braccia con bilanciere, altrimenti dette "slanci dietro" (o, meno pregevolmente, "spinte dietro").

    Per eseguire questo movimento l'atleta si posiziona in piedi dando le spalle ad un rack (tipo quello della panca "Scott" o la rastrelliera bassa dei bicipiti o la stessa gabbia), dove è stato precedentemente caricato un bilanciere situato, all'incirca, all'altezza dei glutei dell'atleta (o poco al di sotto). L'atleta impugna il bilanciere con le mani pronate, cioè con il dorso delle stesse rivolto in avanti, e le braccia distese lungo i fianchi ad una larghezza appena maggiore di quella delle spalle.
    Staccato il bilanciere dagli appoggi, l'atleta dovrebbe trovarsi in una posizione eretta, leggermente piegato sulle ginocchia, con il bilanciere posto posteriormente ad un altezza corrispondente alla parte bassa dei glutei, in una posizione che ricorda vagamente quella di partenza dell'esercizio dell' Haeck Squat.
    A questo punto, facendo attenzione a non elevare le scapole, l'atleta spinge con forza il bilanciere indietro ed in alto, senza flettere gli avambracci (come invece nella più sfruttata tirata dietro), tracciando l'inizio di un arco che sarà, fatalmente, molto breve data la posizione di leva decisamente svantaggiosa.

    L'azione meccanica principale è la retroposizione del braccio, mentre gli impegni muscolari prevalenti risulteranno a carico non solo del deltoide acromiale ma anche del romboide, del sottospinato e del piccolo e grande rotondo mentre, a livello sinergico, interveranno comunque trapezio (zona posteriore) e gran dorsale.
    L'esercizio non consente ovviamente di spostare alti carichi, in quanto resta pur sempre un esercizio di isolamento, tuttavia colpisce una fascia posteriore delle spalle molto più vasta di quanto non avvenga con le più celebri alzate a 90° e con minor rischio di tendiniti, poichè il braccio non si allontana eccessivamente dal baricentro del corpo situato nel busto; analogo rischio inferiore di infortuni pùò essere considerato anche rispetto alla citata "tirata dietro" nella quale, in virtù del richiamo in alto del braccio, si verifica una retroposizione forzata della cuffia dei rotatori, assente viceversa nell'esercizio di abduzione delle braccia ora in esame.

    Tanti anni fa vidi eseguire questo esercizio nella prima palestra da me frequentata - la famigerata Budokan di Roma - da Franco Mormile, italiano figlio di emigrati in Australia. Mormile, uomo dal fisico poco elegante ma di grande forza, disputò anche diverse gare con l' allora giovane FIPL e poi, tornato in Australia, continuò con il powerlifting arrivando - già molti anni fa - a staccare 350 kg........ senza corpetto.

    Col tempo, come sono solito fare, sperimentai su di me la biomeccanica dell'esercizio e mi accorsi di una particolarità: se mantenevo il trapezio in tensione, come avevo visto fare a Mormile, l'esercizio si concentrava sulla zona posteriore delle spalle, come da accademia insomma.
    Se invece abbassavo le spalle sforzandomi di tenere rilasciato il trapezio, andavo anche a contrarre il capo più interno del tricipite, quello più difficile da isolare con gli esercizi ad hoc.
    In seguito, dopo essere stato io la cavia , ho adottato entrambe le varianti nelle routines di potenziamento off season dei malcapitati che allenavo: applicando l'una o l'altra modalità esecutiva dell'esercizio a seconda che il ragazzo/a fosse più interessato a svolgerlo come propedeutico all'adduzione scapolare nella bench press ( variante scapole in basso e tricipite coinvolto, per il panchista) o fosse invece interessato a prevederlo nell'ambito di un programma di potenziamento per il dorso o, specificamente, per gare di trazione (prima variante esaminata).

  9. #9
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    Quarto sulla cuffia !
    Ora, che gli impegni organizzativi e agonistici si sono rarefatti, vorrei approfittare per chiudere questo discorso sull'allenamento delle spalle con una chiosa che magari per alcuni è banale ma io considero di primaria importanza: la famigerata cuffia dei rotatori.
    Tutti sicuramente sapete quanto nevralgica sia questa zona, vuoi perchè possiamo considerarla un "nodo di scambio" articolare in alcuni movimenti fondamentali del nostro allenamento, vuoi soprattutto per la facilità con la quale è soggetta a infiammazioni ed infortuni che, se sottovalutati o trascurati, possono - aldilà del dolore puro e semplice - limitare anche definitivamente la carriera di un lifter agonista.
    Non intendo, tuttavia, annoiarvi con l'elenco dei classici esercizi per gli extrarotatori. Tutti conoscerete - e comunque vi è ormai un'ampia letteratura in merito - le famose rotazioni dal basso verso l'alto dei manubri o dello shoulder horn o le aperture a "L" da eseguire ai cavi appositi. Sono esercizi semplici, sicuramente noiosi ma di grande importanza che io personalmente eseguo ed inserisco nei programmi di chi alleno: vi sembrerò pedante ma se un ragazzo mi domanda cosa saltare in una giornata in cui ha il tempo contato, gli rispondo: "oggi magari non fare bicipiti ma non togliere gli extrarotatori".
    Hanno un notevole valore quale esercitazione propedeutica ( chiaramente da non effettuare quando si avvertono i problemi alle spalle) che darà i suoi benefici "in season", ovvero proprio quando durante il periodo agonistico saranno parzialmente accantonati ma avranno messo il cingolo scapolo omerale e, appunto, la cuffia nella condizione di difendersi al meglio dai carichi e dalle esercitazioni invasive cui saranno sottoposti.

    Riguardo a questo argomento, di cui pure si potrebbe a lungo parlare, esiste tuttavia un vasta casistica di studi, ricerche, descrizioni e consigli su molte riviste specializzate, così da far diventare del tutto superfluo il mio interrvento.
    Rimanendo invece nel campo del "particolare" riferito all'agonismo - di cui sicuramente si parla meno essendo posto ai margini se non aldifuori del mondo fitness - vorrei parteciparvi una mia proficua esperienza concernente lo stretching ed il rilassamento della cuffia dei rotatori.
    Si avete capito bene, stretching applicato alla cuffia per coloro che negli anni hanno sofferto o soffrono di periodiche manifestazioni infiammatorie del sovraspinoso, tendine del capo lungo del bicipite, ecc. ecc.
    Vi sembra strano che ve ne parli nel post intitolato "colpire duramente le spalle"? Io penso che non sia così strano. Se vogliamo colpire duramente un muscolo o, meglio, una zona corporea o un apparato, abbiamo la necessità che questa zona prosperi in ottima salute ( o, perlomeno, discreta).
    Siamo agonisti e pretendiamo di sfidare la natura, le leggi fisiche ed il nostro corpo sottoponendolo a sforzi via via crescenti, a stress, a carichi senza avere i pezzi di ricambio? Bene, per farlo dobbiamo inserire nelle routine allenanti anche i mezzi di scarico o recupero relativi alla zona stressata.
    Ho sofferto e soffro tuttora di problemi infiammatori alla cuffia dei rotatori dovuti ovviamente ai miei decenni di agonismo nella bench press. Ho imparato ad ascoltare le necessità del mio corpo, ad apprezzare l'utilità di esercizi poco affascinanti come le extrarotazioni a uno o due braccia; ho progressivamente inserito nelle mie routine di allenamento per le spalle, oltre agli esercizi di extrarotazione di cui sopra, alcuni pratici, defaticanti e - a mio avviso - importantissimi movimenti di decompressione, da effettuare preferibilmente a fine seduta o dopo l'allenamento delle zone in questione.

    Ve ne propongo 3.
    Il primo è noto in ambiente fisiatrico come "il movimento del pendolo". Prendete un disco da 5 kg (il peso deve essere leggero, non insignificante ma moderatamente leggero); vi piegate a 90°, come se doveste effettuare delle alzate per i deltoidi posteriori, ma poggiate un avambraccio su di un panchetto, un sedile, una macchina da allenamento (insomma quello avete e che si trovi ad un'altezza giusta per questa operazione) e contemporaneamente la vostra fronte sull'avambraccio in questione. Con la mano dell'altro arto tenete il disco con le dita, senza impugnarlo, con la presa a "pizzicotto"; il braccio con il peso deve essere disteso verso il basso ma decontratto, non rigido, in perfetta perpendicolare sul pavimento. In realtà, dovreste trovarvi piegati un po' più in alto dei 90°, altrimenti il disco tocca terra.
    A questo punto dovreste lasciar mulinare il braccio disteso in basso facendogli tracciare piccoli cerchi concentrici nello stesso senso rotario iniziale per diversi secondi; poi cambiate senso rotatorio e continuate a mulinare. In questo movimento dovete rilasciare la spalla verso il basso senza trattenerla o irrigidirla, lasciando che la rotazione avvenga quasi per l'inerzia di un corpo penzoloni e piegato senza appigli verso il basso. Poi vi rialzate, cambiate mano e ripetete l'operazione con l'altro braccio per altri 20/30" di entrambe le rotazioni.

    La seconda postura che vi propongo non so come venga chiamata in fisioterapia e l'ho ribattezzata "presentat arm".
    State dritti, schiena al muro, con le spalle perfettamente appiattite e aderenti alla parete da un deltoide acromiale all'altro. Alzate il braccio in avanti, fino a formare un angolo retto con il busto (altezza spalla), poi lo piegate verso l'interno formando un altro angolo retto tra braccio e avanbraccio con il palmo della mano rivolto all'interno; insomma come se steste facendo il saluto con la baionetta. Poi con l'altra mano attuate una leggera pressione nella zona posteriore del gomito cercando di spostare il più possibile il braccio piegato verso la spalla opposta, cercando però nel contempo di mantenere il contatto di tutta la zona posteriore delle spalle con il muro e di far si che l'avvicinamento avvenga solo da parte del braccio. Quindi, dopo i soliti 20/30", cambiate braccio per ripetere l'operazione.

    La terza postura che vi propongo è quella che, più di ogni altra, da la misura della vostra flessibilità articolare in quella zona. E'detta in gergo "posizione del dormiente".
    Vi stendete per terra su di un fianco, perfettamente in linea dalla testa ai piedi; lasciate che il braccio relativo al fianco su cui siete distesi formi un angolo retto con il busto, cioè sia anch'esso disteso ma in avanti perpendicolare al busto; piegate l'avambraccio verso l'alto in modo da formare un angolo retto con il braccio ed in maniera che il palmo della mano guardi i piedi ed il dorso sia rivolto verso la testa.
    Con l'altra mano applicate una leggera pressione sul dorso della mano relativa al braccio piegato, cercando dolcemente di abbassare l'avambraccio verso terra in linea con il braccio. Quasi sicuramente questo non riuscirà ma darà l'idea del grado di flessibilità che riuscite a raggiungere.
    Arrivati al punto morto, non forzate ulteriormente ma rimanete in tensione come per le posizioni esaminate precedentemente, sempre senza strattonare o molleggiare ma lasciando quasi che la forza di gravità, alla lunga, faccia scendere la mano di qualche millimetro.
    Se avete mantenuto la perfetta perpendicolare tra braccio e busto, se cioè il busto non è piegato all'altezza del bacino e non lasciate scivolare il gomito in basso verso i piedi, sentirete una netta tensione nella zona critica della cuffia che non dovrete comunque forzare con contrazioni muscolari.


    Ho tratto notevoli benefici dall'esecizione periodica di queste posture decontratturanti di fine allenamento e le ho conseguentemente inserite nelle routine dei ragazzi che mi sono, di volta in volta, trovato ad allenare.
    Perchè - domanderete voi - a quella età hanno già problemi infiammatori cronici? No, per fortuna, ma dobbiamo aspettare che arrivino? Questi appena descritti sono esercizi, non medicine, e pertanto perchè non inserirli a scopo propedeutico per una maggior efficacia futura?
    Magari venti anni qualcuno lo avesse fatto cone me!

    Mi auguro di esservi stato utile convinto come sono che al thread "colpire duramente le spalle" non ci possa esser miglior corollario che " guardarsi attentamente alle spalle"!

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da dArK86 Visualizza Messaggio
    azz, nn sono iscritto
    ...e che aspetti ?

  11. #11
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    grazie zione, domani lo leggo tutto, intanto rep a te e a giovanni
    Nessun uomo ha il diritto di essere un dilettante in materia di preparazione fisica. E' una vergogna per un uomo invecchiare senza vedere la bellezza e la forza di cui il suo corpo è capace.

  12. #12
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    azz, a te nn posso per ora... vabbè, non appena posso allora...
    Nessun uomo ha il diritto di essere un dilettante in materia di preparazione fisica. E' una vergogna per un uomo invecchiare senza vedere la bellezza e la forza di cui il suo corpo è capace.

  13. #13
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    post molto interessante. finalmente ho capito le tirate

  14. #14
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    A questo punto, visto che il cugIvo si è scatenato con le mie dissertazioni sull'allenamento delle spalle , tanto vale finire il copia/incolla di quel 3D "colpire duramente le spalle" con l'ultima parte che, prendendo spunto dall'esercizio del lento, si crogiolava nelle disquisizioni anatomiche.
    E pensare che avrei dovuto raccogliere tutto il materiale per un mega articolo sulle spalle da scrivere su BBhomepage: mi sono risparmiato una faticaccia!
    Saluti a tutti e resto naturalmente a disposizione per qualunque chiarimento

    - tratto da AOS -

    "...........omissis.......................
    In effetti, nella panoramica sull' allenamento per le spalle, mi ero volutamente soffermato su alcune esercitazioni particolari, per la sola ragione che altri esercizi erano stati già sinteticamente ma ottimamente descritti da altri (Ardus) .
    In questo senso non avevo trattato le varianti di distensione lenta o lento avanti o military press nè le push press, che peraltro credo siano ampiamente note alla maggioranza senz'altro più di altri esercizi da me descritti in precedenza.
    Non è certo mia intenzione sminuire l'importanza del lento avanti o dietro (quest'ultimo, tuttavia, molto più rischioso per le articolazioni) che, oltre ad essere tra gli esercizi più antichi e più conosciuti, rappresentano un fondamentale nella pianificazione di gran parte delle preparazioni atletiche e dei lavori di potenziamento muscolare.

    Quello che però mi permetto di far notare è che - a differenza di quanto comunemente creduto - ritengo il lento avanti un esercizio rivolto, più ancora che al deltoide (ovviamente interessato), soprattutto peculiare per il trapezio ed il gran dentato (serratus)!
    Cercherò di spiegarmi e di essere il meno noioso possibile:

    Nel movimento del lento avanti (per il lento dietro è praticamente la stessa cosa ma lo tralascio volutamente) si pone in essere la mobilità della scapola e quella dell'omero nella cavità della scapola cioè l'articolazione scapolo omerale.
    La scapola è unita allo scheletro sia tramite la clavicola (articolazione acromion clavicolare) che tramite i muscoli (quest'ultima unione è una pseudo articolazione). L'articolazione scapolo omerale è la più mobile di tutto il corpo; l'omero può oscillare avanti e dietro (in flessione 90°, in estensione 50°), può muoversi intorno all'asse sagittale in abduzione e adduzione (ca. 90°) ed intorno ad un'asse verticale in intrarotazione ed extrarotazione (ca. 130°).
    Chiaramente ho approssimato le percentuali, in quanto movimenti di maggior ampiezza derivano da genetiche individuali, flessibilità articolare più o meno esercitata e sviluppata: tuttavia, questa notevole capacità di mobilità articolare spiega la facilità di lussazioni della spalla.
    Rispetto al piano frontale, la scapola è aperta con un angolo di ca. 40°: effettua movimenti per l'azione dei muscoli che la uniscono al tronco (cioè trapezio, gran dentato, piccolo e grande romboide, elevatore della scapola), che possono essere di scorrimento in tutti i sensi e di rotazione di lato ed in alto di ca. 60°.
    In tutti i movimenti del braccio possiamo notare movimenti della scapola, anche minimi, se non altro per fissare il braccio stesso al tronco.
    L'omero, invece, si muove all'interno della scapola fino al piano orizzontale (90°); da quel punto in poi, l'elevazione del braccio è resa possibile tramite il movimento della scapola che, scorrendo e ruotando, permette al braccio di proseguire appunto verso l'alto.

    Dopo questa doverosa premessa anatomica, tornando all'esercizio di lento avanti possiamo dedurre che soltanto la prima parte del movimento è a carico dei muscoli che elevano l'omero, mentre la seconda fase è a carico dei rotatori della scapola oltre ovviamente agli estensori del braccio.
    Adesso analizziamo compiutamente l'esercizio del LENTO AVANTI.
    - I segmenti ossei coinvolti sono: avambraccio (radio e ulna), braccio propriamente detto (omero) e scapola;
    - le articolazioni sulle quali gravano i movimenti sono: gomito, scapolo omerale, acromio clavicolare e la pseudo articolazione scapola/tronco;

    - i movimenti osservabili nell'esercizio del lento avanti sono:
    a) anteposizione del braccio,
    b) estensione dell'avambraccio sul braccio,
    c) elevazione del braccio;

    all'estensione dell'avambraccio sul braccio sono deputati:
    - anconeo,
    - tricipite brachiale (direi essenzialmente capo mediale e capo laterale, poichè il capo lungo riduce il proprio intervento essendo contemporaneamente adduttore e retropositore del braccio);

    all'elevazione del braccio (ruotando il complesso omero scapola) sono interessati:
    - la parte superiore del trapezio,
    - il gran dentato;
    il trapezio solleva e porta verso l'interno la parte superiore della scapola, il dentato tira in avanti il margine inferiore della stessa, creando con ciò una coppia di forza che consente la rotazione di tutto il blocco scapola-omero, tenuto rigido dalla contrazione del deltoide e del sovraspinoso.

    all'anteposizione del braccio sono interssati:
    - grande pettorale,
    - coraco brachiale,
    - il capo lungo del bicipite brachiale,
    - il deltoide (sezioni anteriore e mediale),
    - il sovraspinoso.

    Da quanto detto sopra ne consegue che il deltoide anteriore, l'anconeo ed il sovraspinoso lavorano concentricamente solo all'inizio del movimento (anteposizione del braccio), mentre la sezione cosiddetta laterale o mediana del deltoide è più coinvolta, trovandosi l'articolazione del gomito già in partenza prossima ai 90°.
    Invece, nella fase più prolungata del movimento, che contempla l'elevazione del braccio e l'estensione dell'avambraccio sul braccio, il lavoro è maggiormente a carico del trapezio e del gran dentato che trae in avanti le scapole, mentre il deltoide svolge, a quel punto, soprattutto lavoro isometrico di sostegno.

    Diverso è il discorso a riguardo del tricipite che partecipa nella fase finale di estensione dell'avambraccio e potrebbe essere, quindi, precipuamente interessato nelle esecuzioni parziali di chiusure nelle varianti della distensione lenta (overhead lockout).


    Spero che questa ennesima puntata del mio "serial" sulle spalle porti a tutti voi, in questo 2008, chili di ghisa da far valere in pedana. "

  15. #15
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